introduzione alla lettura della bibbia
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7/27/2019 Introduzione Alla Lettura Della Bibbia
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Introduzione
alla lettura dellaBIBBIA
Giuseppe Guarino
dal sito internetwww.studibiblici.eu
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INDICE
Prefazione
Capitolo 1 - La Bibbia, la Parola di Dio
Capitolo 2 - Il canone della Sacra Scrittura
Parte I – L’ANTICO TESTAMENTO
Capitolo 3 - L’Antico Testamento
Capitolo 4 – Cenni sulla storia di Israele
Capitolo 5 - Il testo dell’Antico Testamento
Capitolo 6 - Le Traduzioni dell’Antico Testamento
Parte II - IL NUOVO TESTAMENTO
Capitolo 7 – Gesù di Nazaret: Il Messia
Capitolo 8 - Il Nuovo Testamento
Capitolo 9 – Altri scritti cristiani e vangeli apocrifi
Capitolo 10 – Il canone del Nuovo Testamento
Capitolo 11 - Il Vangelo ai Gentili
Capitolo 12 - Il testo del Nuovo Testamento
Capitolo 13 - Edizioni critiche del Nuovo TestamentoCapitolo 14 - Antiche traduzioni della Bibbia
Conclusione
Appendice I: Radici ebraiche del Nuovo Testamento.
Appendice II: L'origine della scrittura
Appendice III: Narrazione biblica della creazione e scienza.
Appendice IV: Cronologia delle epistole dell'apostolo Paolo.
Appendice V: La corrispondenza di Amarna e la New Chronology.
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Prefazione
Questo breve libro è stato scritto originariamente per essere utilizzato come manuale diriferimento su vari argomenti biblici durante delle discussioni di gruppo. In realtà non è mai
stato davvero utilizzato per questo scopo se non un paio di volte e non nella versione che
leggete adesso. Infatti, nel tempo si è andato arricchendo di nuovi dettagli, mentre io stesso
apprendevo nuove cose sulla Parola di Dio o sentivo il desiderio di metterle per iscritto.
Mi è piaciuto e mi piace scrivere della Bibbia in generale, soffermandomi anche su
argomenti che ho sempre ritenuto meritassero una più seria attenzione da parte del vasto
pubblico. Ho scritto di argomenti legati al campo della storia, critica testuale o dell’alta
critica, ma facendolo sempre sforzandomi di essere comprensibile.
La maniera in cui ho raccolto le informazioni in questo volumetto credo possa risultare utilesia a chi si avvicina per la prima volta alla Scrittura che a chi vuole iniziare a studiarla in
maniera diversa dalla semplice lettura del testo.
Inoltre credo che i singoli capitoli, sebbene legati uno all’altro da una certa logica, possano
comunque, utilizzarsi indipendentemente. Questo, però, porta con sé che certe
argomentazioni vengano ripetute più d’una volta qua e là nel mio lavoro.
Spero che i miei appunti risultino utili a molti.
Dio benedica coloro che si avvicinano alla Sua Parola con fede. Lui non li deluderà.
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Capitolo 1. La Bibbia: La Parola di Dio
La parola "Bibbia" deriva dal greco ta biblia, che significa "i libri". La Bibbia è infatti una
raccolta di 66 libri, divisa in due sezioni principali, chiamate Antico Testamento, la raccoltadei libri scritti prima della nascita di Gesù, e Nuovo Testamento, la raccolta degli scritti dei
discepoli di Gesù.
La Bibbia è la Parola di Dio, ispirata da Dio.
In II Timoteo 3:16-17, l’apostolo Paolo scrive: "Ogni scrittura è ispirata da Dio e utile ainsegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, affinché l’uomo di Dio siacompiuto, appieno fornito per ogni opera buona."
La Bibbia è, quindi, più che un semplice libro. E’ stata scritta da uomini, ovviamente; maquegli uomini non stavano scrivendo i loro propri pensieri o le loro idee, bensì quello che lo
Spirito Santo li spingeva a scrivere.
"...poiché non è dalla volontà dell’uomo che venne mai alcuna profezia, ma degli uominihanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo .", II Pietro 1:21.
Noi crediamo e spieghiamo l’ispirazione della Bibbia come: estesa a tutte le porzioni della
Bibbia ed alle stesse parole del testo. La Bibbia è allora interamente Parola di Dio.
Come Gesù, la Parola incarnata (Giovanni 1:1-14), la Bibbia, la Parola di Dio in forma
scritta, ha una natura umana ed una divina.
La natura umana è evidente nel fatto che sono stati degli uomini ad avere scritto i libri della
Bibbia; che questi hanno scritto in un linguaggio umano e che i libri dovevano essere
preservati attraverso vari processi di raccolta e copiatura, come qualsiasi altro libro.
La natura divina della Bibbia è evidente nel fatto che essa è la Parola di Dio, parlata
attraverso uomini, ma comunque Parola di Dio, con l'unicità ed autorità che consegue da
questo fatto.
Le complesse discussioni in essere sui limiti e le conseguenze di tale unicità della Bibbia
credo siano meno incisive della devastante semplicità ed immediatezza delle Sacre Scritture.Basta semplicemente leggere alcuni brani della Bibbia per capire cosa la stessa Bibbia
intenda per ispirazione.
Gesù parla: “ Davide stesso disse per lo Spirito Santo: “Il Signore ha detto al mio Signore:'Siedi alla mia destra, finché io abbia messo i tuoi nemici sotto i tuoi piedi.” Marco 12:36.
Era Davide a parlare nel Salmo citato. Ma Gesù ascrive allo Spirito Santo le parole del
grande re di Israele.
Ancora in altri brani leggiamo:
“Fratelli, era necessario che si adempisse la profezia della Scrittura pronunziata dalloSpirito Santo per bocca di Davide riguardo a Giuda, che fece da guida a quelli chearrestarono Gesù.” Atti 1:16.
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“ Ma ciò che Dio aveva preannunziato per bocca di tutti i profeti, cioè, che il suo Cristoavrebbe sofferto, egli lo ha adempiuto in questa maniera. Ravvedetevi dunque e
convertitevi, perché i vostri peccati siano cancellati” Atti 3:18-19.
“Essendo in discordia tra di loro, se ne andarono, mentre Paolo pronunciava quest'unicasentenza: "Ben parlò lo Spirito Santo quando per mezzo del profeta Isaia disse ai vostri
padri…” Atti 28:25.
In Ebrei 10:15-17 è detto apertamente che è lo Spirito Santo a parlare in un brano
dell’Antico Testamento: “ Anche lo Spirito Santo ce ne rende testimonianza. Infatti, dopoaver detto: "Questo è il patto che farò con loro dopo quei giorni, dice il Signore, metterò lemie leggi nei loro cuori e le scriverò nelle loro menti", egli aggiunge: "Non mi ricorderò
più dei loro peccati e delle loro iniquità.”Se da una parte ritengo sia inaccettabile immaginare l’ispirazione della Sacra Scrittura comeuna dettatura meccanica, dall’altra parte non possiamo trascurare quanto determinante deve
essere stata l’ispirazione nella composizione dei testi sacri. Tanto da potere dire, facendo
eco alle citazioni sopra riportate – alle quali se ne potrebbero aggiungere molte ancora – che
Dio stesso parla nella Bibbia.
E’ con questa consapevolezza che chi crede può avvicinarsi alla lettura della Sacra Scrittura,
sapendo che essa è veramente Parola di Dio. La Bibbia deve essere considerata come l’unica
attendibile testimonianza al vero evangelo predicato da Gesù e dagli apostoli, il vangelo cui
credere per la propria salvezza, ed è per i cristiani un insostituibile punto di riferimento per
la loro crescita spirituale.
Paolo scrisse alla chiesa di Colosse, destinatari di una sua lettera: "E quando questa epistolasarà stata letta fra voi, fate che sia letta anche nella chiesa dei Laodicesi, e che anche voileggiate quella che vi sarà mandata da Laodicea.", Colossesi 4:16.
E ancora scrisse alla chiesa di Tessalonica: " Io vi scongiuro per il Signore a far sì chequesta epistola sia letta a tutti i fratelli.", 2 Tessalonicesi 5:27.
Le parole trovate all’inizio del libro dell’Apocalisse, possono senz’altro applicarsi all’intera
Scrittura: " Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia eserbano le cose che sono scritte in essa, poiché il tempo è vicino!", Apocalisse 1:3.
La Bibbia è, quindi, divisa in 66 libri.
I libri dell’Antico Testamento sono 39; quelli del Nuovo 27.
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Capitolo 2. Il canone della Sacra Scrittura.
Sebbene non sia evidente dalla terminologia, discutere del "Canone" della Sacra Scrittura,
significa discutere di quali libri hanno il diritto di essere inclusi all’interno delle nostreBibbie ed essere considerati Parola di Dio ispirata.
Tratterò la questione in maniera semplice, forse anche troppo per il lettore animato da
spirito scientifico. Eppure credo che, da un’ottica squisitamente cristiana, la questione sia
veramente semplice.
Per quanto riguarda l’Antico Testamento, Gesù stesso sigillò con le sue parole il canone
ebraico, citando da esso continuamente ed adempiendo le profezie scritte in quei libri. Egli
riconobbe anche la classica divisione ebraica di quei libri in Legge, Profeti e Salmi, che
includevano gli stessi libri che oggi noi leggiamo nel nostro Antico Testamento. Luca
24:44: “Poi disse loro: Queste son le cose che io vi dicevo quand'ero ancora con voi: che
bisognava che tutte le cose scritte di me nella legge di Mosè, ne' profeti e nei Salmi, fosseroadempiute.”L'Antico Testamento è spessissimo citato nel Nuovo. La sua autorità era alla base della
dimostrabilità che Gesù fosse il Messia promesso. Gesù stesso cita e menziona apertamente
Mosè, Daniele, Davide, e cita continuamente le Scritture. Durante la tentazione nel deserto,
ad esempio. O nella sinagoga, leggendo il profeta Isaia, conferma che in lui si avverava
quanto lì scritto secoli prima.
Paolo scrisse ai Romani circa Israele, dicendo che “a loro furono affidati gli oracoli di Dio.”
Il canone ebraico venne incorporato ed accolto in quello cristiano.
Diversa è la problematica, per certi versi più complessa, per altri più semplice, quando
parliamo del Nuovo Testamento.Il rigido pensiero giudaico, infatti, ebbe a doversi confrontare con il pensiero del mondo
greco – molto più elastico – dove il cristianesimo conobbe la sua diffusione. Era un
problema sorto anche quando il giudaismo ortodosso di Israele ebbe a confrontarsi con
quello della diaspora ebraica.
Quello della chiesa dei primi secoli non fu un compito facile. Già era stato difficile il
distinguere ed accogliere l’autentica testimonianza apostolica a discapito di quella di alcuni
“falsi apostoli”. Leggiamo nell’Apocalisse 2:1-2: “ All'angelo della chiesa d'Efeso scrivi:Queste cose dice colui che tiene le sette stelle nella sua destra, e che cammina in mezzo aisette candelabri d'oro: Io conosco le tue opere e la tua fatica e la tua costanza e che non
puoi sopportare i malvagi e hai messo alla prova quelli che si chiamano apostoli e non losono, e li hai trovati mendaci.”
Visto il grande numero di vangeli e scritti apocrifi e i molti falsi attribuiti a questo o
quell’apostolo, il compito di raccogliere e stabilire quali fossero gli autentici scritti ispirati
del Nuovo Testamento non deve essere stata cosa da poco.
Luca stesso, nell’introduzione al suo vangelo, scrive: “Poiché molti hanno intrapreso ad ordinare una narrazione de' fatti che si son compiuti tra noi, secondo che ce li hannotramandati quelli che da principio ne furono testimoni oculari e che divennero ministridella Parola, è parso bene anche a me, dopo essermi accuratamente informato d'ogni cosadall'origine, di scrivertene per ordine, o eccellentissimo Teofilo, affinché tu riconosca lacertezza delle cose che ti sono state insegnate.”
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La preoccupazione di Luca di narrare con fedeltà storica gli eventi attingendo a fonti
attendibili ed autorevoli, rispecchia la sua mentalità greca ed è garanzia di attendibilità per il
suo lavoro.
Paolo stava molto attento e si curava di dare conferme uniche che garantissero l'autenticitàdei suoi scritti.
2 Tessalonicesi 3:17. " Il saluto è di mia propria mano, di me, Paolo; questo serve di segnoin ogni mia lettera; è così che scrivo."1 Corinzi 16:21: " Il saluto è di mia propria mano: di me, Paolo."Colossesi 4:18: " Il saluto è di mia propria mano, di me, Paolo."Le lettere dell'apostolo erano scambiate fra le chiese, come lo stesso Paolo chiedeva che
venisse fatto:
1Tessalonicesi 5:27: “ Io vi scongiuro per il Signore che si legga questa lettera a tutti i fratelli.”Nella sua seconda epistola a questa stessa chiesa, l'apostolo Pietro scrive degli scritti diPaolo: "...e considerate che la pazienza del nostro Signore è per la vostra salvezza, comeanche il nostro caro fratello Paolo vi ha scritto, secondo la sapienza che gli è stata data; equesto egli fa in tutte le sue lettere, in cui tratta di questi argomenti. In esse ci sono alcunecose difficili a capirsi, che gli uomini ignoranti e instabili travisano a loro perdizione comeanche le altre Scritture.", 2 Pietro 3:15-16.
Nella stessa epistola dell’apostolo Pietro sentiamo tutta la tensione della Chiesa del primo
secolo chiamata a distinguere fra veri e falsi testimoni degli eventi della nuova fede e la
coscienza dell'importanza del ruolo degli apostoli. Che il Signore non sarebbe tornato in
quel periodo, venne rivelato a Pietro da Gesù stesso. Ciò rese primaria la necessità di far si
che, una volta scomparsi i testimoni oculari, si sarebbe tramandata in modo certo edaffidabile la testimonianza della resurrezione di Gesù. Scrive Pietro: " Perciò avrò cura di
ricordarvi continuamente queste cose, benché le conosciate e siate saldi nella verità che è
presso di voi. E ritengo che sia giusto, finché sono in questa tenda, di tenervi desti con le
mie esortazioni. So che presto dovrò lasciare questa mia tenda, come il Signore nostro Gesù
Cristo mi ha fatto sapere. Ma mi impegnerò affinché dopo la mia partenza abbiate sempre
modo di ricordarvi di queste cose. Infatti vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta
del nostro Signore Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole abilmente inventate,
ma perché siamo stati testimoni oculari della sua maestà.", 2 Pietro 1:12-16.
Nella chiesa primitiva, quindi, vi era un gran fermento. Da una parte la consapevolezza
dell'autorità di quanto tramandato dagli apostoli e da loro sanzionato. Dall'altra la coscienzadi dovere conservare questo patrimonio contro un'opera di disturbo praticata in ogni modo:
storcendo il significato degli scritti apostolici o con la produzione di falsi (false epistole di
Paolo e falsi vangeli di sicuro) o, comunque, di narrazioni parallele non aventi autorità
apostolica (Luca 1).
Concludiamo che l’interesse e la cura della chiesa primitiva, posti i fondamenti e le direttive
apostoliche, devono essere confluiti in una singola direzione: la raccolta di genuine prove
apostoliche della fede, scartando quelle false.
Per quanto doloroso possa essere per la mentalità scientifica del nostro tempo, bisognaammetterlo: solo la chiesa primitiva, apostolica e post-apostolica, aveva a disposizione i
mezzi per potere portare a termine con successo questo compito! E l'unica soluzione è
affidarsi alle conclusioni che questa ha raggiunto.
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Decidere il Canone delle Scritture è un compito che non è stato affidato alla chiesa di oggi.
Sebbene eminenti studiosi producano brillanti ed interessanti teorie, io sostengo che oggi
non si hanno a disposizione elementi sufficienti per produrre conclusioni davvero
convincenti sia dal punto di vista storico che critico. Il comparire e scomparire di teorie esottoteorie credo mi dia ragione.
E' di recente scoperta il vangelo di Giuda. Una scoperta che ha fatto particolare clamore.
Dell'esistenza di questo scritto la Chiesa aveva conservato memoria negli scritti di Ireneo,
vescovo di Lione nel II secolo. La chiesa conosceva questo "vangelo" e l'aveva già scartato
2000 anni fa. Il suo valore storico è prossimo a zero e il suo interesse è motivato
semplicemente all'antichità del testo. Per i suoi contemporanei aveva lo stesso valore e
significato che avrebbe per l'uomo del ventunesimo secolo se questo fosse stato composto
oggi: nessuno. Nessun valore religioso, letterario o storico. Ci troviamo soltanto davanti ad
un inutile tentativo di perversione di eventi storici cari alla fede cristiana.
La semplice verità è che, ad un certo punto, non essendo più stati in vita i testimoni ocularidi Gesù i vangeli canonici, gli atti degli apostoli, le epistole e infine l’Apocalisse, vennero
ad essere la fonte ufficiale degli insegnamenti della nuova fede. Affiancandosi all'Antico
Testamento, il Nuovo Testamento completa la Rivelazione, consegnando all'uomo dell'era
post-apostolica le Sacre Scritture “ perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni buona opera”. II Timoteo 3:16.
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PARTE I
L'Antico Testamento
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Capitolo 3. La nascita dell'Antico Testamento
Torah in ebraico, Legge in italiano ovvero Pentateuco, sono i vari modi in cui vengono
chiamati i primi e più antichi libri della Bibbia: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri eDeuteronomio.
Dio comandò espressamente a Mosè di scrivere. Esodo 17:14: "E l’Eterno disse a Mosè:"Scrivi questo fatto in un libro, perché se ne conservi il ricordo."Gesù stesso afferma che Mosè è l’autore del Pentateuco, come leggiamo nel Vangelo di
Giovanni 5:46-47, "Perché se credeste a Mosè, credereste anche a me; poiché egli hascritto di me. Ma se non credete agli scritti di lui, come crederete alle mie parole?"
Alcuni studiosi del passato hanno gettato dei dubbi sulla mosaicità dei primi cinque libri
della Bibbia. Questi credevano che la scrittura con alfabeto fosse sconosciuta a Mosè e che
la tradizione orale fosse predominante nel periodo nel quale egli visse. Ma il tempo e le
scoperte archeologiche più recenti hanno dimostrato che entrambe conclusioni eranoinfondate. Intere biblioteche anche di molto più antiche dei tempi di Mosè, sono state
scoperte ad Ugarit, Mari, Ebla. Forse ci viene difficile crederlo, ma l'uso della scrittura era
diffusissimo nell’antichità e riguardava testi scolastici, narrativi, amministrativi. “Nei cento
anni che durò Ur III (siamo nel 2120 - 2000 a.C.), fu prodotta una enorme quantità di
documentazione scritta, dove persino le più insignificanti transazioni, come l’acquisto di
una sola pecora, venivano registrate”. Città perdute della Mesopotamia di Guendolyn
Leick, pag. 123.
Accanto alla tradizione mesopotamica, va anche considerata quella egiziana. Mosè rimase
per anni alla corte del faraone essendo istruito in quella cultura. Gli egiziani avevano due
maniere per scrivere. Quella più nota è la scrittura in geroglifici. Ma non è l’unica. Già dallametà del terzo millennio, fu in uso la
scrittura ieratica, molto più semplice,
utilizzata per documenti amministrativi,
contabili, giudiziari, archivi, ecc...
Qui di seguito delle bellissime immagini di
antichi reperti che attestano l’attività
letteraria in Egitto già in tempi remotissimi.
Il papiro qui
accanto,scritto in
ieratico,
risale a circa
il 1600 a.C.
E’ un accurato documento medico con dettagli di anatomia e
diagnosi e cura di varie patologie.
Ancora più antico il papiro matematico Rhind, riprodotto
nella figura sotto a destra.Mosè aveva a sua disposizione i mezzi per scrivere il
Pentateuco, per fermare in forma scritta il codice, la Legge
del popolo che stava per insediarsi nella terra promessa da Dio. Del resto i più antichi codici
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di leggi sono stati creati proprio in Mesopotamia, la terra dalla quale Abramo era uscito. Al
periodo Ur III va fatto risalire il più antico codice conosciuto, quello del re Ur-Nammu. Di
qualche secolo dopo è il più famoso codice del re babilonese Hammurabi. Sul mio sito
internet li cito entrambi traducendo in italiano parte del loro contenuto.Mosè era stato educato all’interno della corte egizia, apprendendo l’antica e nobile cultura
egiziana e la loro scrittura. Nei suoi anni di esilio, egli deve avere appreso da Ietro, suo
suocero, le radici della sua fede nel Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe. Avendo visto quanto
in comune hanno le narrazioni bibliche della creazione, di Noè e del diluvio, con le antiche
narrazioni delle epiche dell’antica Mesopotamia, è difficile pensare che Mosè non abbia
avuto accesso a documenti scritti o orali che riportavano le tradizioni del suo popolo su tali
eventi passati. A queste fonti può avere attinto, ispirato da Dio, per la composizione della
Genesi.
Dio aveva preparato Mosè, attraverso le incredibili vicende della sua vita, per essere il più
grande legislatore della storia dell’umanità.Sia la testimonianza delle Sacre Scritture che le evidenze storiche sono a favore della
mosaicità del Pentateuco.
La Legge è la prima divisione dell’Antico Testamento ebraico e comprende i primi cinque
libri, scritti da Mosè. Seguono i Profeti e gli Scritti. Come è stato già detto, è a questa
divisione che fa riferimento Gesù: "Poi disse loro: Queste son le cose che io vi dicevo
quand’ero ancora con voi: che bisognava che tutte le cose scritte di me nella legge di Mosè,
nei profeti e nei Salmi, fossero adempiute". Luca 24:44.
L’Antico Testamento viene chiamato in lingua ebraica Tanakh, parola composta dall’unione
delle iniziali, in ebraico, di Legge (Torah), profeti (Nev’im) e scritti (Ketuvim).La Bibbia, nelle versioni oggi diffuse, presenta i libri seguendo la divisione e l’ordine della
traduzione greca dell’Antico Testamento dei LXX (Settanta), molto popolare fra i cristiani
del primo secolo. Presenta i libri nel seguente modo: Pentateuco, Scritti (storici e poetici),
Profeti (Maggiori e Minori). Questa disposizione è più cronologica, al contrario di quella
ebraica che è tematica.
Seguiremo per comodità l’ordine dei libri più comune. Dopo il Pentateuco, troviamo nelle
nostre Bibbie gli scritti storici.
Giosuè, Giudici, Ruth, I e II Samuele, I e II Re, I e II Cronache, Esdra, Neemia, sono libri
che narrano la storia del popolo ebraico che, uscito fuori dall’Egitto, si insedia nella terra
promessa, fino all’esilio babilonese e poi il ritorno. Perdoni il lettore il mio spiritopartigiano, ma ci troviamo davanti a dei testi che per antichità ed autorità, non hanno
paralleli nella storia!
Dopo i libri storici troviamo Giobbe, Salmi, Proverbi, Ecclesiaste, Cantico dei Cantici.
Giobbe merita una menzione particolare tra gli altri. Alcuni suppongono che esso sia il più
antico libro della Bibbia. Tracce di un genere letterario come quello cui appartiene questo
libro le troviamo già fra gli scritti rinvenuti negli scavi ad Ugarit. Qui si sono inoltre
riportati alla luce testi appartenenti al filone cosiddetto "sapienziale" ed inni simili ai Salmi
biblici. Ciò ci fa capire che gli scritti biblici erano perfettamente in armonia con gli stililetterari del periodo in cui sono stati composti, e non poteva esservi nulla di più naturale di
questo. Ciò conferma l'antichità ed il valore di queste porzioni della Scrittura.
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Un tempo sembrava difficile potere confermare l'attribuzione del libro dell'Ecclesiaste o dei
Proverbi a Salomone. Ma se consideriamo che l'autore stesso di questi testi dice di avere
indagato, di avere cercato la conoscenza e teniamo presente che, secoli prima, scritti dello
stesso tenore erano già presenti e che addirittura possono averlo influenzato, l'attribuzioneclassica di questi testi al grande re di Israele è più che motivata. Anzi, una composizione più
tarda diventa persino difficile da ipotizzare.
I Salmi, poi, sono oltre che Parola di Dio, tra gli scritti poetici più belli della storia
dell’umanità.
I libri dei profetici sono: Isaia, Geremia, Lamentazioni, Ezechiele e Daniele. Sono libri di
straordinaria bellezza ed importanza storica e religiosa, scritti da uomini di Dio davvero
speciali, come ci si accorge indagandone il testo. I profeti citati vengono di solito definiti
"maggiori" ma ciò riguarda soltanto le dimensioni dei loro scritti. I profeti minori che
seguono, 12 di numero, sono altrettanto importanti e significativi.
Il libro di Daniele è stato oggetto di particolari attacchi. La sua autorità, antichità edautenticità, sono state messe in discussione in ogni modo. La sua inclusione nel canone
ebraico fra gli "scritti" e non fra i "profeti", sarebbe secondo alcuni motivo per supporre la
sua tarda inclusione nel canone. Ciò non può avere alcun peso, visto che l'inclusione del
libro di Isaia fra i "profeti", ad esempio, non lo mette al sicuro dai continui attacchi alla sua
autenticità e datazione!
I dettagli storici contenuti nel libro di Daniele sono troppo esatti per non essere questo il
prodotto di un contemporaneo degli eventi descritti.
Il primo capitolo ad esempio, è perfettamente inquadrato nel panorama storico della
rinascita babilonese operata da Nebucadnesar. La caduta di Babilonia (cap. 5) è descritta in
armonia con i dati storici che possediamo. L'identificazione del leone alato con Babilonia(cap. 7) è in armonia con i ritrovamenti archeologici in nostro possesso. Il fatto che Daniele
sia rimasto nella posizione di rilievo occupata nell'impero neo-babilonese anche quando
subentrò la dominazione persiana è perfettamente in armonia con i dati storici. Infatti i
persiani lasciarono intatta la macchina statale creata dai re babilonesi, per assumerne
semplicemente il controllo.
Rimando al mio sito internet, www.studibiblici.eu, chi volesse approfondire su Daniele al
quale ho dedicato un lungo scritto.
La rivelazione di Dio al suo popolo aveva preparato la strada per l'arrivo del Messia, al
quale tutto l'Antico Testamento rendeva testimonianza.
Un'ultima nota sul numero dei libri appartenenti al canone delle Scritture ebraiche.Secondo il canone ebraico i libri sono 22. Quello "protestante" conta 39 libri. In realtà, però,
si tratta degli stessi libri contati in maniera diversa e i due canoni sono identici, contengono
gli stessi libri. I libri I e II Cronache, I e II Samuele, I e II Re, nell'originale ebraico, non
sono divisi in due parti. La lingua ebraica viene scritta senza vocali. Questo permetteva al
testo di occupare meno spazio nei manoscritti. Quando l’Antico Testamento venne tradotto
in greco, con la comparsa delle vocali, alcuni libri divennero troppo lunghi per essere
trascritti in un unico manoscritto e fu necessario dividerli in due parti. Ad assottigliare il
conteggio il fatto che i profeti “minori” nel canone ebraico sono raggruppati e contati comeun solo libro.
Diversa è la questione per il Canone adottato dalla Chiesa Cattolica. Questo contempla libri
non compresi nel canone ebraico classico e protestante. L’incorporazione nel canone
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cattolico è motivata dalla presenza di questi scritti nella traduzione dei LXX (Settanta), la
Septuaginta. Per i non cattolici questi scritti sono Apocrifi, mentre i cattolici li considerano
e chiamano Deuterocanonici, termine che indica il loro ingresso nel canone delle Scritture
in un secondo tempo.I motivi contro l'inclusione di questi libri nella Sacra Scrittura sono troppi. Sono libri
composti dopo la chiusura del canone dell'Antico Testamento ebraico. Gesù riconobbe il
canone ebraico delle Scritture e questo non li includeva. Alcuni di questi libri non sono
nemmeno scritti in ebraico ma in greco. I loro contenuti sono ben lontani dagli standard dei
libri ispirati.
Sebbene interessanti dal punto di vista storico e letterario, che si chiamino Deuterocanonici
o Apocrifi, questi libri non hanno alcun motivo valido per trovare un posto nelle nostre
Bibbie come Parola di Dio.
Nella pagina seguente schematizzo i vari canoni.
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CANONE EBRAICO
Legge o Pentateuco Genesi – Esodo – Levitico - Numeri – Deuteronomio
Profeti
Giosuè – Giudici – Samuele – Re – Isaia – Geremia
Ezechiele - 12 profeti minori (che sono: Osea – Gioele –
Amos – Abdia – Giona – Michea Naum - Abacuc – Sofonia
- Aggeo – Zaccaria - Malachia)
Scritti
Salmi – Proverbi – Giobbe - Cantico dei Cantici – Rut –
Lamentazioni – Ecclesiaste – Ester – Daniele - Esdra e
Neemia – Cronache
Gli stessi libri del canone ebraico palestinese, sebbene in ordine diverso li troviamo nel
canone delle chiese protestanti.
CANONE PROTESTANTE
Legge o Pentateuco Genesi – Esodo – Levitico - Numeri – Deuteronomio
Scritti
Giosuè – Giudici – Rut - I Samuele - II Samuele - I Re - II
Re - I Cronache - II Cronache
Esdra – Neemia – Ester – Giobbe – Salmi – Proverbi –
Ecclesiaste - Cantico dei Cantici
Profeti
Isaia – Geremia – Lamentazioni – Ezechiele – Daniele -
Osea – Gioele – Amos – Abdia – Giona – Michea - Naum -Abacuc – Sofonia – Aggeo – Zaccaria - Malachia
Nel capitolo che segue darò dei cenni sulla storia di Israele con delle date ed inquadrandoall’interno di esse i libri dell’Antico Testamento.
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Presento qui di seguito alcune pagine di un’edizione della Legge – Torah – edita nel 1872. Il
testo ebraico è ovviamente quello masoretico e la traduzione a fronte quella di Diodati.
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Capitolo 4. Cenni storici su Israele e collocazione temporale dei libridell’Antico Testamento.
E’ impossibile scindere la comprensione dell’Antico Testamento dallo studio dalla storia del
popolo di Dio, Israele.
I libri che aprono il canone veterotestamentario sono distanti oltre mille anni da quelli che lo
chiudono.
La Bibbia comincia narrando la creazione del mondo, le vicende dei primi uomini, la storia
del diluvio. Ma sono solo un prologo. E’ con Abramo che comincia la storia del popolo di
Dio.
Abramo, seguendo la voce di Dio, abbandona la sua terra, la città di Ur in Mesopotamia,
culla della civiltà del tempo, e comincia un viaggio di fede che lo porterà ad incontrare Dioed a ricevere da lui delle promesse così grandi da arrivare fino ai nostri giorni ed alla
Chiesa.
Abramo avrà un figlio, Isacco, che a sua volta avrà come primogenito Giacobbe che verrà
poi anche chiamato Israele.
I suoi dodici figli saranno i padri delle dodici tribù di Israele.
Il libro della Genesi termina con la storia di Giuseppe, appunto uno dei figli minori di
Israele, venduto dai fratelli in Egitto e, dopo tante rocambolesche avventure, da schiavo
diverrà una personalità molto importante secondo solo al faraone. Seguendo lui, a causa di
una carestia, Israele si stabilirà in Egitto, dove godrà del favore del re, proprio grazie a
Giuseppe.Molti anni dopo, probabilmente a causa di un cambio dinastico sul trono egiziano, il popolo
di Dio versa in tutt’altre condizioni rispetto a quelle di favore delle quali godeva ai tempi di
Giuseppe. E’ così che comincia il libro dell’Esodo, che segue quello della Genesi.
Sarà Mosè, grande condottiero scelto da Dio, che libererà il popolo dalla schiavitù egiziana
e che consegnerà al popolo la Legge che Dio stesso gli ha dato negli lunghi anni che
trascorreranno nel deserto, prima di entrare nella terra promessa da Dio.
Secondo David Rohl, archeologo di fama mondiale, confermando le datazioni bibliche,
l’esodo del popolo di Israele è avvenuto nel 1447 a.C. Vale la pena menzionare che questa
datazione non è di solito accettata da buona parte degli studiosi. Troppo complicato qui
spiegare in dettaglio i motivi di questa scelta. Basterà dire che la datazione biblica e quelladi Rohl è coerente con il resto dei riferimenti storici nell’Antico Testamento. Facciamo un
semplice solo riferimento. In I Re 6:1 leggiamo: “ Il quattrocentottantesimo anno dopol'uscita dei figli d'Israele dal paese d'Egitto, nel quarto anno del suo regno sopra Israele,nel mese di Ziv, che è il secondo mese, Salomone cominciò a costruire la casa per ilSIGNORE.”La data dell’inizio della costruzione del tempio salomonico è il 968 a.C. La precisazione
biblica è davvero troppo esatta. Certo alcuni sostengono che si tratti un numero di anni
arrotondato visto che corrisponde a 12x4x10. Ma quadra anche con i 400 anni calcolati peril periodo dei Giudici. E Rohl sostiene che questa datazione coincide perfettamente con i
ritrovamenti archeologici che gli studiosi che non accettano questa datazione non riescono
coerentemente a spiegare.
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Per altri dettagli devo rimandare il lettore alla sezione storica del mio sito
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Mosè fu un uomo straordinario, come straordinarie furono le circostanze che gli diedero lamigliore istruzione possibile nel mondo di allora. Fu istruito nella cultura degli egiziani
durante i primi 40 anni della sua vita, trascorsi alla corte egizia. Apprese la fede dei suoi
padri durante i secondi 40 anni della sua vita, trascorsi nel deserto con i Medianiti, anche
loro discendenti di Abrahamo. In capo ai suoi 80 anni Mosè fu pronto per essere l’uomo che
Dio avrebbe usato non solo per far uscire il popolo dall’Egitto, ma anche per diventare il più
grande legislatore della storia di Israele.
Grazie alla cultura appresa dagli egizi e alle tradizioni del suo popolo, ispirato da Dio, egli
diede al popolo la Torah, la Legge: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio.
Sebbene alcuni attribuiscano a Mosè anche la composizione del libro di Giobbe. Ma l’unica
cosa certa, per via del contesto e dell’ambientazione della storia, è l’estrema antichità diquesto libro; da alcuni ritenuto il più antico della Bibbia.
Dopo i lunghi anni trascorsi nel deserto,
il libro di Giosuè narra dell’ingresso del
popolo nella terra promessa.
Un lungo periodo vedrà Israele vivere in
Palestina senza una reale unificazione
politica, secondo i modelli già allora
comuni in oriente. Il libro dei Giudici
narra di questa parentesi prima dellacomparsa del primo re, Saul. Il libro di
Rut era originariamente a quello dei
Giudici. In un secondo tempo venne
separato per la lettura pubblica. Più
avanti ne parlo in dettaglio.
Siamo già nei libri di I e II Samuele, I e
II Re, I e II Cronache, dove sono
narrati gli eventi dalla nascita di Saul
fino alla prigionia in Babilonia.
A Saul succedette al trono Davide. Saràlui ad unificare lo stato d’Israele e a
farne di Gerusalemme la capitale. Lo
splendore del suo regno e quello di suo
figlio Salomone, che gli succederà al
trono, non saranno mai più eguagliati.
I Salmi furono completati in un periodo
di tempo compreso fra il 1400 ed il 400
a.C. Sono componimenti poeticiaccompagnati anche da musica. Alcuni
sono stati scritti dallo stesso re Davide,
come il famoso Salmo 23.
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A Salomone vengono attribuiti i libri dell’Ecclesiaste, dei Proverbi e il Cantico dei
Cantici.Alla morte di Salomone, il regno si scinderà in due, fra tribù fedeli alla discendenza di
Davide e non. Al nord nascerà il regno di Israele, al sud il regno di Giuda. Siamo nell’anno922 a.C. circa.
Comincia adesso il periodo dei grandi profeti, nel momento di massima espansione
dell’impero assiro, che domina con grande forza su quasi tutto il medio oriente.
Abdia è forse il più antico libro profetico. E’ anche il più breve. Gioele, nominato in II
Cronache 22-24, fu contemporaneo di Eliseo ed è il libro più antico a contenere profezie che
riguardano il regno di Giuda.
Osea ed Amos furono entrambi inviati al regno di Israele, ma non ottennero grandi risultati.
Il regno di Israele, infatti, impenitente, farà le spese della terribile forza della potenza assira
e della tragica metodologia della sua politica di espansione. Nel 722 a.C., Sargon II pose
fine per sempre al regno di Israele, deportando il popolo in massa e ripopolando, secondo latradizione tipicamente assira, le zone conquistate con il proprio popolo. Ciò spiega la
conflittualità esistente ai tempi di Gesù fra gli abitanti del sud, della Giudea e quelli del
nord, i samaritani, discendenti dei superstiti della furia assira e delle popolazioni che si
insediarono dopo la distruzione.
Il profeta Giona nacque a nord, a Gath-Hepher, vicino Nazaret, come apprendiamo da II Re
14:25. Come è narrato nel libro omonimo, venne mandato da Dio a predicare il
ravvedimento agli abitanti di Ninive, capitale dell’impero assiro. Il suo atteggiamento di
rifiuto è quindi da vedersi alla luce di ciò che questo terribile impero rappresentava ai suoi
giorni.
Naum profetizzò la caduta di Ninive – e dell’Assiria - che ebbe luogo alla fine del VIIsecolo a.C. per mano della coalizione Medo-Babilonese.
Il profeta Abacuc, nel suo libro, vede l’arrivo della potenza babilonese.
Dopo la caduta di Israele, il regno di Giuda al sud riuscì a resistere per ancora oltre un
secolo.
Il profeta Sofonia fu attivo nel regno di Giuda durante il periodo del grande re Giosia.
Isaia e Michea furono contemporanei e profetizzarono per il popolo di Giuda. Poco più
tardi ma sempre indirizzando il suo ministero per invitare a ravvedimento il regno di Giuda,
comparve Geremia. Il libro delle Lamentazioni di Geremia era una volta incorporato al
libro del profeta. Fu isolato per motivi liturgici, in quanto letto pubblicamente durante una
delle festività ebraiche. Con altri 4 libri veniva incorporato in una raccolta conservata in ununico rotolo. Ognuno di questi 5 libri veniva letto durante altrettante festività ebraiche. Da
qui la scelta di raccoglierli insieme. Gli altri 4 libri sono: Ester, Cantico dei Cantici, Rut
ed Ecclesiaste.
Caduta la potenza assira, sarà il secondo re dell’impero neobabilonese, Nebucadnesar II, a
meritare un posto di rilievo nelle narrazioni della Bibbia.
E’ l’anno 607 a.C. quando accade quanto narrato nel libro di Daniele.
Daniele 1:1-2, “Il terzo anno del regno di Ioiachim re di Giuda, Nabucodonosor, re di
Babilonia, marciò contro Gerusalemme e l'assediò.
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Dan 1:2 Il Signore gli diede nelle mani Ioiachim, re di Giuda, e una parte degli arredi della
casa di Dio. Nabucodonosor portò gli arredi nel paese di Scinear1, nella casa del suo dio, e li
mise nella casa del tesoro del suo dio.” Fu durante questa prima discesa a Gerusalemme che
Daniele, con altri nobili e principi, furono deportati in Babilonia.Negli anni a seguire cominciò un braccio di ferro fra i sovrani di Giuda ed il re di Babilonia
che culminò nella distruzione di Gerusalemme e la deportazione del popolo, con il termine
anche del regno di Giuda, nell’anno 586 a.C.
Nei libri storici troviamo gli eventi descritti in dettaglio. Ma è nei libri dei profeti che
troviamo la chiave di lettura spirituale delle vicende del popolo di Dio. Sono Scritti di
straordinaria bellezza, di poesia. Rivelano grande coraggio, amore, a volte profonda
sofferenza per il gravoso compito datogli da Dio.
Essi ammonirono il popolo di Dio prima che la sventura li avesse colpiti. E poi lo
rassicurano anche della liberazione che Dio comunque provvederà alla loro conversione e le
benedizioni che sarebbero seguite.
Fu Geremia a profetizzare che Giuda sarebbe caduto in mano alla potenza babilonese; ma
anche che questo flagello non sarebbe stato un disastro definitivo per il popolo di Giuda.
Leggiamo in Geremia 25:11-12: “Tutto questo paese sarà ridotto in una solitudine e in unadesolazione, e queste nazioni serviranno il re di Babilonia per settant'anni. Ma quandosaranno compiuti i settant'anni, io punirò il re di Babilonia e quella nazione", dice ilSIGNORE, "a causa della loro iniquità; punirò il paese dei Caldei2 e lo ridurrò in unadesolazione perenne.”Il profeta Ezechiele fu condotto anche lui prigioniero in Babilonia.
Al regno dei babilonesi, ormai in declino, sarebbe succeduto nel controllo del medio orientela potenza persiana. Dapprima una semplice provincia dell’impero dei Medi, ben presto
elemento prevalente, i Persiani crearono un impero ben più vasto ed illuminato dei loro
predecessori, Assiri e babilonesi, riuscendo persino nell’impresa di entrare nel territorio
egiziano.
Il grande re Ciro, nell’anno 536 a.C., adempiendo alla lettera la profezia di Geremia, 70 anni
dopo la prima deportazione in Babilonia, consente al popolo di Dio di tornare nella sua terra
e riedificare il tempio e la città. Ne leggiamo nei libri di Esdra e Neemia.
Il canone dell’Antico Testamento si conclude con i libri dei profeti Aggeo, Zaccaria(nominati nei libri di Esdra e Neemia) e Malachia.
Prima del finire del primo secolo dopo Cristo, lo storico giudeo Giuseppe Flavio (ControApione 1.8) attesta che questo era il numero dei libri considerati Sacre Scritture ormai da
tempo immemorabile.
Questa la sua autorevolte testimonianza: “Perché noi abbiamo una innumerevole
moltitudine di libri fra noi, che non concordano e si contraddicono a vicenda (come i Greci),
ma solo 22 libri, i quali contengono le narrazioni dei tempi trascorsi…e quanto fermamente
noi diamo importanza a quei libri della nostra propria nazione, è evidente dal nostro
comportamento, visto che durante così tanto tempo trascorso, nessuno ha osato aggiungere
ad essi, togliere ad essi, o modificarne il testo. Anzi diviene naturale a tutti i giudei,
1Scinear è il nome con il quale è chiamata la Mesopotamia nella Bibbia.
2I Caldei sono i Babilonesi.
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immediatamente e dalla loro stessa nascita, stimare che quei libri contengano insegnamenti
divini…” Tradotto dall’inglese da The Works of Josephus, Hendrikson Publisher, January
1991.
Dopo Malachia comincia il gran silenzio di circa 400 anni, dove non comparirà nessunprofeta in Israele, fino alla comparsa di Gesù.
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Capitolo 5. Il testo dell’Antico Testamento
La domanda che sorge spontanea dopo avere considerato l’antichità dell’Antico Testamento
è: Come sono giunti fino a noi questi scritti?
E non è una domanda alla quale si può rispondere con semplicità, visto che la prima
edizione stampata dell’Antico Testamento è stata prodotta solo nel 1488 d.C. a Soncino, in
Italia: 3000 anni dopo la composizione del Pentateuco.
Prima di quel periodo, l’Antico Testamento venne trasmesso da una generazione all’altra
copiandolo in manoscritti.
Non è difficile immaginare che subito dopo che i libri sacri furono composti, si
cominciarono a fare delle copie, così che questi fossero diffusi. Quando le copie più vecchie
sono state rovinate dall’uso, furono rimpiazzate da delle nuove.Il testo che abbiamo oggi è ottenuto dall’attenta comparazione dei manoscritti esistenti. Il
processo di raccolta, comparazione ed edizione del testo è compito della cosiddetta critica
testuale.
Ma quanto è affidabile il processo di copiatura per poter sostenere che il testo che è oggi in
nostro possesso è virtualmente uguale a quello originale?
Abbiamo già letto quello che diceva lo storico giudeo Giuseppe Flavio sulla considerazione
di cui gli scritti sacri godevano nella nazione ebraica. Ebbene, le prove manoscritte a nostra
disposizione sembrano proprio dargli ragione.
Nessun altro libro mostra come l’Antico Testamento una tale accuratezza nella maniera in
cui vengono riportati i nomi degli antichi re."Vi sono ventinove re antichi i cui nomi menzionati non solo nella Bibbia ma anche in
monumenti del loro tempo; molti di loro prodotti sotto la loro supervisione. Vi sono 195
consonanti in questi 19 nomi propri. Ancora, troviamo che nei documenti dell’Antico
Testamento ebraico vi sono solo due o tre fra le 195 delle quali vi può essere dubbio circa il
loro essere la riproduzione fedele di quello che era iscritto sui monumenti. Alcuni di questi
vanno indietro fino a 2000 anni fa, altri 400; e sono scritti in tal modo che ogni lettera sia
chiara e corretta. Questo è certamente sorprendente.". “Which Bible”, edito da David O.
Fuller, pag.45
Ciò a dimostrazione di due cose:
Primo: gli autori dei libri erano contemporanei dei tempi nei quali mostrano di averescritto, mostrando il loro estremo sforzo per una maggiore accuratezza.
Secondo: la attenta copiatura di tali dettagli minori come i nomi propri di antichi re,
ci permette di supporre la più estrema cura durante il processo di copiatura in genere,
divenendo un chiaro indizio dal quale possiamo dedurne l’affidabilità.
"Che i nomi ci siano stati trasmessi attraverso così tante copiature e così tanti secoli in uno
stato di così completa preservazione è un fenomeno senza uguali nella storia della
letteratura", Which Bible, pag.55.
Dio stava prendendosi cura affinché il testo della Bibbia giungesse fino a noi nella manierapiù affidabile e lo faceva attraverso la fedeltà del suo popolo nell’attendere al compito di
custodi della Parola di Dio. Scriveva Paolo: “Qual è dunque il vantaggio del Giudeo? O qual
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è la utilità della circoncisione? Grande per ogni maniera; prima di tutto, perché a loro furono
affidati gli oracoli di Dio.” Romani 3:1-2.
Per quanto riguarda le testimonianze dirette al testo dell’Antico Testamento giunteci dal
passato, dobbiamo dire che per molti anni sono stati disponibili pochissimi manoscritti e didata relativamente recente.
Per citare i più importanti:
Nome e categoria Data Contenuto
Codice Aleppo 925 d.C. Antico Testamento escluso il Pentateuco
Codice di Leningrado – L 1008 d.C. Tutto l’Antico Testamento
British Museum 4445 – B 925 d.C. Quasi tutto il Pentateuco
Codice del Cairo – C 986 d.C. I libri dei profeti
Questi manoscritti rappresentano il testo cosiddetto Masoretico, quello utilizzato già dai
traduttori della Bibbia del diciassettesimo secolo: della King James Version inglese del
1611 e della Diodati, 1607-1649. E ancora oggi gode di fiducia fra i critici.L’alfabeto ebraico, come per altre lingue, non contemplava le vocali. Ciò con il trascorrere
degli anni, divenuti persino secoli, comprometteva la corretta pronuncia di certi vocaboli.
Su tutti valga l’esempio del cosiddetto tetragramma, YHWH, contenente il nome rivelato da
Mosè a Dio. Ma in senso di rispetto, molto presto al posto d’esso, chi leggeva al suo posto
pronunciava invece la parola Adonai, Signore in ebraico. Per questo ad oggi non si è certi
della pronuncia di questo vocabolo. La pronuncia ritenuta originale è Yahweh.
I masoreti furono degli studiosi ebrei che fissarono le vocali del testo dell’AnticoTestamento in forma scritta.
Essi sul Tetragramma inserirono le vocali della parola Adonai che si leggeva di solito.
Dall’unione di queste due parole YHWH e ADONAI venne fuori l’inglese Jehovah, che
nella King James Version troviamo per la prima volta in Genesi 22:14.
Dalla sublimazione di questa cattiva pronuncia e dell’importanza del nome di Dio (a
discapito pure del semplice fatto che non sappiamo nemmeno come si pronunciasse
davvero!) nasce il famoso movimento dei Testimoni di Geova. L’italiano Geova è solo la
traslitterazione dell’errata pronuncia inglese!
I Masoreti annotarono anche gli accenti e svilupparono un sistema di note e si curarono che
copie fedeli venissero prodotte.A causa della datazione relativamente recente dei testimoni del testo Masoretico, questo
veniva sottovalutato dagli studiosi di certe scuole. Ma lascoperta nel 1947 dei cosiddetti Rotoli del Mar Morto
aprì nuove porte per una migliore comprensione della
storia della trasmissione dell’Antico Testamento.
Nelle grotte di Qumram, furono ritrovati dei manoscrittidella Bibbia ebraica datati fra il II a.C. al I secolo d.C.,
portando così indietro la testimonianza al testo
dell’Antico Testamento di quasi 1000 anni.
In particolare, fu ritrovata una stupenda copia completadel libro del profeta Isaia, risalente al II sec. a.C., qui
7/27/2019 Introduzione Alla Lettura Della Bibbia
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riprodotta in foto. Di una tale incredibile scoperta uno studioso ebbe a dire:
"Le cospicue differenze nell’ortografia e nelle forme grammaticali fra il manoscritto di S.
Marco e il testo Masoretico rende il loro accordo
sostanziale nelle parole del testo ancora piùrimarchevole...E’ da meravigliarsi che dopo qualcosa
come 1000 anni il testo è andato soggetto a così poche
alterazioni", Ellis R. Brotzman, Old Testament Textual
Criticism, pag.95.
Le piccole differenze nell’ortografia dimostrano che i
documenti provengono da fonti diverse ed indipendenti
e ciò rende il loro accordo più significativo e la loro testimonianza più affidabile.
Il testo dell’Antico Testamento è stato confermato, almeno per quanto concerne le ricerche
storiche.Con gli occhi della fede, non c’è mai stato alcun dubbio che la mano di Dio sapesse come
prendersi cura della Parola di Dio, perchè è chiaro che non avrebbe avuto alcun senso
ispirare un testo che poi sarebbe andato perduto durante il suo tragitto nella storia. Dio
stesso ha preservato ciò che ha ispirato.
Per dirlo con le parole di Gesù: "poiché io vi dico in verità che finché non siano passati il
cielo e la terra, neppure un iota o un apice della legge passerà, che tutto non sia adempiuto.",
Matteo 5:18.
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Capitolo 6. Le traduzioni dell’Antico Testamento
Non può sottovalutarsi il significato della testimonianza delle traduzioni al testo originale,
perchè ne dimostrano l’esistenza, la diffusione e lo stato nel periodo nel quale la traduzioneè stata eseguita.
Varie traduzioni dell’Antico Testamento sono state approntate durante il suo lungo tragitto
nella storia. Non così tante, comunque, come per il Nuovo Testamento, a causa della
distinzione nazionale della religione ebraica, e molte sono state motivate dall’uso cristiano
delle Scritture ebraiche.
La traduzione più conosciuta dell’Antico Testamento è quella greca chiamata Septuaginta
o dei Settanta (abbreviata LXX), che risale al III secolo a.C.
Fu Tolomeo Filadelfo (285-246 a.C.) che invitò 72 studiosi ebrei in Egitto per eseguire la
traduzione del Pentateuco dall’ebraico al greco. Dal loro numero, arrotondato a settanta,
deriva il nome di questa traduzione.Giuseppe Flavio, nel suo dodicesimo libro delle “ Antichità Giudaiche” propone un
resoconto dettagliato delle circostanze, purtroppo troppo lungo per poterlo riportare qui.
Più tardi anche il rimanente dei libri furono tradotti e disponibili agli ebrei, e poi ai cristiani,
di lingua greca.
L’importanza della LXX è rilevante visto che divenne l’Antico Testamento utilizzato dai
primi cristiani, quando la maggioranza di loro non erano ebrei e non potevano leggere
l’ebraico e il greco era la lingua più diffusa nell’impero romano. La Settanta è stata persino
citata direttamente nel Nuovo Testamento.
Le prime traduzioni cristiane dell’Antico Testamento furono fatte sulla Settanta e non
dall’originale ebraico.Altre traduzioni in greco dell’Antico Testamento sono quella di Aquila (ca. 150), un
proselito ebreo, di Teodozione, che divenne molto popolare fra i cristiani e quella
approntata da Simmaco, la cui traduzione influenzò il lavoro di Girolamo, autore della più
famosa traduzione della Bibbia, la Vulgata.
La Settanta include i libri chiamati Apocrifi dai Protestanti e Deuterocanonici dai Cattolici.
Questi libri o porzioni di libri non entrarono mai a far parte del testo ebraico palestinese.
Furono scritti durante il periodo di lungo silenzio fra Malachia e Matteo, non avendo quindi
l’autorità delle altre Scritture.
Girolamo, che tradusse dall’ebraico al latino l’Antico Testamento, segnalò di non aver
trovato questi libri nel canone ebraico delle Scritture.La Chiesa Cattolica li accetta come Scritture. La presa di posizione definitiva in questo
senso, che segnò un ulteriore punto di divisione con le chiese protestanti, avvenne col
decreto del Concilio di Trento del 1546.
Le chiese non cattoliche in generale rifiutano i libri non presenti nel canone ebraico
dell’Antico Testamento.
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PARTE II
Il Nuovo Testamento
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Capitolo 7. Gesù di Nazaret: il Messia.
Erano trascorsi circa quattrocento anni dalla chiusura del canone dell’Antico Testamento ed
in Israele ormai da tempi immemorabili non vi era stato più nessun profeta. Ma le SacreScritture ebraiche avevano promesso in tanti punti l’arrivo di un profeta e re, di un Messia,
che sarebbe venuto a liberare il popolo e regnare restituendo ad Israele la gloria che
possedeva ai tempi del re Davide.
Innumerevoli profezie sparse in tutto l’Antico Testamento parlano di lui. Nessuno nella
storia dell’umanità le ha avverate tutte se non un individuo soltanto, Gesù.
Il primo sermone cristiano fu predicato dall’apostolo Pietro, il giorno della discesa dello
Spirito Santo sui discepoli, a Pentecoste. Egli cita il Salmo 16 per annunciare che Gesù è
resuscitato come la Scrittura aveva profetizzato per bocca di Davide proprio in quel Salmo.
Cita poi il Salmo 110 per dimostrare ancora che, come lì previsto, Gesù sedeva adesso alla
destra del Padre. Poi conclude così il suo ragionamento: “Sappia dunque sicuramente tuttala casa di Israele che Iddio ha fatto e Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso”,
Atti 2:36.
L’argomentazione di Pietro è semplice: possiamo dimostrare che Gesù è il Messia
promesso, perché in lui si avverano le profezie messianiche dell’Antico patto.
Più avanti lo stesso apostolo ribadirà: “ Ma quello che Dio aveva preannunciato per bocca ditutti i profeti, cioè che il suo Cristo avrebbe sofferto, Egli l’ha adempiuto in questamaniera”, Atti 3:18.
Con grande coraggio e franchezza Pietro dichiarò qualche tempo dopo davanti al Sommo
Sacerdote che la stessa incredulità dei capi di Israele era stata prevista nel Salmo 118:22
“Egli (Gesù) è la pietra che è stata da voi edificatori sprezzata ed è divenuta la pietraangolare”, Atti 4:11.
L’apostolo Matteo scrisse il suo Vangelo con una particolare cura nel dimostrare che Gesù
era il Messia citando durante la sua narrazione l’avverarsi dei brani dell’Antico Testamento.
Matteo 1:23 cita Isaia 7:14, che preannunciava la nascita del Messia da una vergine. Matteo
2:6 cita Michea 5:2 perché la sua nascita era stata prevista in Betlemme. La fuga in Egitto,
Matteo 2:15, avverava Osea 11:1. La cosiddetta “strage degli innocenti” perpretrata da
Erode, Matteo 2:18, era stata antevista in Geremia 31:15.
L’arrivo di Giovanni Battista come precursore del Messia, Matteo 3:3, era stato previsto in
Isaia 40:3. Il ministerio di Gesù, Matteo 4:15, avverava Isaia 8:23, 9:1.Quando l’autore del primo vangelo racconta di come Gesù guarisce prima la suocera di
Pietro e poi gli altri ammalati che gli vengono portati, Matteo 8:14-17, egli si cura di
aggiungere che ciò avveniva “affinchè si adempiesse quel che fu detto per bocca del profeta Isaia (53:4): “egli stesso ha preso le nostre infermità, ed ha portato le nostre malattie.”L’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme, Matteo 21:1-11, avvera Zaccaria 9:9 e il
Salmo 118:26.
Gesù in Matteo si attribuisce il titolo messianico di “Figlio dell’uomo”, lasciando intendere
che in lui si avverano e si avvereranno tutte le profezie del libro di Daniele sul Messia. Nelsermone profetico (Matteo 24) Gesù ci insegna che le parole della profezia di Daniele 7:13-
14 si compiranno al suo ritorno!
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Dopo l’ultima cena e prima di essere arrestato, Gesù dice apertamente che la profezia di
Zaccaria 13:7 avverandosi.
Le profezie messianiche dell’Antico Testamento provano che Gesù è il Messia. Mai innessuno prima di lui, né in alcuno dopo di lui, tutte quelle previsioni profetiche divinamente
ispirate si sono compiute in maniera così perfetta.
Alcuni hanno calcolato matematicamente quante siano le probabilità che vi sia un altro
uomo che avveri le previsioni veterotestamentarie: ebbene, i risultati sono stupefacenti. Al
confronto le probabilità che un meteorite mi colpisca adesso che sto scrivendo questo mio
libro, rendono quest’ultimo un evento meno remoto. Ecco, quel momento è passato. Posso
continuare a scrivere. (Il lettore mi perdoni un lampo di umorismo!).
Gesù disse: “Perché se credeste a Mosè, credereste anche a me; poiché egli ha parlato di
me.”, Giovanni 5:46.Per i cristiani la lettura dell’Antico Testamento, già dalle sue prime pagine, testimonia della
persona di Gesù. Ed è meraviglioso vedere il piano di Dio schiudersi davanti ai propri occhi
e gioire del grande amore di Dio che non lascia le sue creature ignoranti sul suo piano di
redenzione per l’umanità.
Genesi 3:15 è il primo brano profetico della Bibbia.
“ Io porrò inimicizia fra te e la donna, e fra la tua progenie e la progenie di lei; questa progenie ti schiaccerà il capo e tu le ferirai il calcagno”.
La progenie della donna è Gesù.
Sempre in questo brano della Genesi, vediamo che Dio, per riparare alla nudità dei nostri
progenitori, quindi, simbolicamente, per porre un rimedio allo stato di nudità della qualequesti si vergognavano dopo avere disubbidito a Dio, il Signore li veste con delle pelli. Ciò
presuppone che, a causa del loro peccato, per riparare in un certo senso al loro danno
commesso, degli animali sono dovuti morire per procurare le pelli per coprirli. Ciò è figura
dell’offerta perfetta che millenni dopo, con la morte di Gesù, avrebbe definitivamente posto
rimedio al peccato dell’uomo.
La stessa morte espiatoria del Figlio di Dio è stata predetta per bocca di Abramo quando
disse a suo figlio Isacco. “ figlio mio, Dio provvederà l’agnello per l’olocausto”, Genesi
22:8. Quel brano della Scrittura narra come Dio fermò la mano di Abramo, al quale in un
primo momento aveva comandato di offrire il suo figlio Isacco, dimostrandoci l’eterno
consiglio di Dio Padre, che un giorno avrebbe offerto il suo stesso Figlio unigenito per lanostra perfetta redenzione. Nell’obbedienza di Abramo, il Signore potè rivelare la sua
gloria! E noi abbiamo la certezza che nulla accade per caso.
Gesù potè dire ai giudei increduli: “Voi investigate le Scritture, perché pensate d'aver per mezzo di esse vita eterna, ed esse son quelle che rendono testimonianza di me.” Giovanni
5:39.
Quando i discepoli di Giovanni Battista andarono da Gesù e gli chiesero: “Giovanni, avendonella prigione udito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoidiscepoli: "Sei tu colui che deve venire, o dobbiamo aspettare un altro?" Gesù rispose loro:"Andate a riferire a Giovanni quello che udite e vedete: i ciechi ricuperano la vista e gli
zoppi camminano; i lebbrosi sono purificati e i sordi odono; i morti risuscitano e il vangeloè annunciato ai poveri. Beato colui che non si sarà scandalizzato di me!” Matteo 11:2-6.
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Giovanni Battista avrebbe capito quello che intendeva il Signore perché così si avveravano
Isaia 35:5-6 “ Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e saranno sturati gli orecchi dei sordi;allora lo zoppo salterà come un cervo e la lingua del muto canterà di gioia”.
E Isaia 61:1, “ Lo spirito del Signore, di DIO, è su di me, perché il SIGNORE mi ha unto per recare una buona notizia agli umili; mi ha inviato per fasciare quelli che hanno il cuorespezzato, per proclamare la libertà a quelli che sono schiavi, l'apertura del carcere ai
prigionieri”Visto il profondo significato messianico dei miracoli compiuti da Gesù, l’apostolo Giovanni
li definisce “segni”. Vedi Giovanni 2:18, 4:54, 6:30, 12:18. La Nuova Riveduta traduce
“segno miracoloso”, ma non è la traduzione letterale. L’originale, infatti, è semplicemente
“segno”. Questa terminologia era tipicamente giudaica; infatti Matteo (12:38) ci racconta
che i giudei gli chiedevano: "Maestro, noi vorremmo vederti fare un segno”.
Oggi come 2000 anni fa, dal perfetto adempiersi delle profezie ebraiche, la voce di tutta laChiesa fa eco alle parole dell’apostolo Filippo: “ Abbiamo trovato colui del quale hannoscritto Mosè nella legge e i profeti: Gesù da Nazaret, figlio di Giuseppe”
Giovanni 1:45.
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Capitolo 8. Il Nuovo Testamento.
Il Nuovo Testamento, seconda maggiore divisione delle nostre bibbie, raccoglie 27 libri.I primi tre sono vangeli sono quelli di (o secondo): Matteo, Marco e Luca. Questi tre
vengono definiti “Sinottici”, per la loro affinità nei contenuti. La parola deriva dal greco syne opsis perchè i tre sono così simili che li si può mettere su tre colonne parallele
confrontandoli con un solo sguardo.
Il quarto vangelo, tradizionalmente considerato di composizione più tarda rispetto ai primi
tre, ha per autore l’apostolo Giovanni.
Nelle nostre Bibbie il primo dei vangeli è Matteo. Per quanto questo, in un primo momento
possa sembrare paradossale, l’attribuzione di questa narrazione all’apostolo Matteo è un
chiaro segno della sua autenticità. Perchè è ovvio che è stato solo dopo attento esame circala sua autenticità che l’intera chiesa ha considerato questo libro divinamente ispirato, visto
che proveniva dal meno conosciuto degli apostoli.
Matteo deve aver scritto il suo libro molto presto. Lo scrisse indirizzandolo ai giudei. Gesù
è infatti presentato dal suo Vangelo come il Re, "Il figlio di Davide e il figlio di Abrahamo",
1:1, colui che è venuto per adempiere le profezie date ad Israele. Questo libro è quindi
caratterizzato da citazioni dell’Antico Testamento per dimostrare che Gesù è il Messia che il
popolo ebraico aveva per tanto tempo atteso.
Marco è l’autore del secondo vangelo. Egli non è un apostolo. La credenza comune della
quale ci informa Eusebio di Cesarea nella sua storia ecclesiastica composta nel quartosecolo, dice che egli scrisse le memorie dell’apostolo Pietro; ma non è per nulla certo. La
chiave di lettura di questo vangelo, secondo alcuni commentatori, è: "Poiché anche il
Figliuol dell’uomo non è venuto per esser servito, ma per servire, e per dar la vita sua come
prezzo di riscatto per molti.", Marco 10:45
Il secondo vangelo è il “vangelo del Servo”.
Luca, "il medico diletto", Colossesi 4:14, compagno di viaggio di Paolo, è l’autore del terzo
vangelo. Egli presenta Gesù come il Figlio dell’uomo; il verso chiave è infatti: " poiché ilFigliuol dell’uomo è venuto per cercare e salvare ciò che era perito", Luca 19:10.
Questo vangelo si rivolge ai Gentili, i non ebrei, e nessuno meglio di Luca poteva scriverlo.La sua premessa mostra l’accuratezza con cui ha proceduto nel suo lavoro: "Poiché moltihanno intrapreso ad ordinare una narrazione de’ fatti che si son compiuti tra noi, secondoche ce li hanno tramandati quelli che da principio ne furono testimoni oculari e chedivennero ministri della Parola, è parso bene anche, a me dopo essermi accuratamenteinformato d’ogni cosa dall’origine, di scrivertene per ordine, o eccellentissimo Teofilo,affinché tu riconosca la certezza delle cose che ti sono state insegnate.", Luca 1:1-4.
Egli non era un testimone oculare, ma rassicura il lettore che ha diligentemente raccolto
informazioni per narrare fedelmente la storia di Gesù per confermare coloro che hannocreduto.
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L’ultimo vangelo è quello di Giovanni. Nel quarto vangelo Gesù è il Figlio di Dio. Lo
scopo di questo scritto è spiegato in Giovanni 20:31: "...ma queste cose sono scritte,affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figliuol di Dio, e affinché, credendo, abbiate vita
nel suo nome."Sebbene non sappiamo quale sia l’esatto ordine cronologico dei primi tre vangeli, di sicuro
il quarto è stato l’ultimo dei vangeli ad essere scritto, completando meravigliosamente la
quadruplice immagine della persona di Gesù data dai Vangeli del Nuovo Testamento: Re,
Servo, Figlio d’uomo, Figlio di Dio.
Segue gli Atti degli Apostoli. Anche questo libro è attribuito a Luca, autore del terzo
vangelo. Qui gli indizi interni (il passaggio della narrazione dalla terza alla prima persona in
alcuni punti), l’inizio del libro degli atti che ricollega lo scritto al vangelo di Luca, ci
confermano l’identità dell’evangelista e dell’autore di questo scritto.
In 2 Corinzi 8:18 Paolo scrive: “E noi abbiamo mandato con lui (Tito) il fratello la cui lodeè per l’evangelo in tutte le chiese3
”. La traduzione è mia. E’ una traduzione letterale del
brano che non ho rintracciato purtroppo nelle versioni italiane.
Il fratello menzionato da Paolo ed associato a Tito è Luca. E’ dimostrabile anche dalla parte
finale della narrazione del libro degli Atti dove il racconto in prima persona fa intendere che
l’autore degli Atti si sia associato a Paolo nei suoi spostamenti.
Quando Paolo scriveva la sua epistola ai Corinzi, Luca era già conosciuto in tutte le chiese a
motivo del suo Vangelo.
Gli Atti degli Apostoli raccontano, dall’ascensione di Gesù, i primi passi della chiesa e la
svolta della chiamata dei Gentili alla salvezza, concentrandosi sull’opera missionaria
dell’apostolo Paolo. Il libro termina, con la traduzione a Roma di Paolo per essereprocessato dal tribunale di Cesare, cui si era appellato.
Seguono le epistole dell’apostolo Paolo, che portano il nome delle chiese alle quali erano
indirizzate: Romani, 1 e 2 Corinzi, Galati, Efesini, Filippesi, Colossesi, 1 e 2Tessalonicesi, 1 e 2 Timoteo, Tito e Filemone.
3 Il testo greco originale di questo brano legge: “συνεπέµψαµεν δὲ µετ᾿ αυ ʆτου τὸν
α ʆδελφὸν οὗ ο ʇ ἔπαινος ε ʆν τω ʸ ευ ʆαγγελίω ʸ διὰ πασω ν τω ν ε ʆκκλησιω ν”.La Riveduta Luzzi traduce: “E assieme a lui abbiam mandato questo fratello, la cui lode
nella predicazione dell'Evangelo è sparsa per tutte le chiese”. Il testo originale non dice
“questo” fratello, bensì “il” fratello. La frase “nella predicazione” non c’è nell’originale.
La Nuova Riveduta traduce: “Insieme a lui abbiamo mandato il fratello il cui servizio nel
vangelo è apprezzato in tutte le chiese”. La parola “servizio” traduce male la parola che
nell’originale invece è “lode”. La parola “apprezzato” non è nel testo greco. Il tentativo, lo
capisco, è quello di dare un significato alla frase di Paolo.
Per questo, in via generale, preferisco sempre le traduzioni letterali!
Se dovessi proporre una traduzione meno letterale, io proporrei: “E insieme a lui abbiamomandato il fratello che ha fama in tutte le chiese per via del Vangelo”, il vangelo che lui
aveva scritto.
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Queste epistole non sono proposte in ordine cronologico, ma sistemate più o meno in base
alla loro lunghezza. In un’appendice alla fine di questo libro propongo un loro possibile
ordine cronologico, inquadrandole all’interno dell’opera missionaria dell’apostolo.
Nei suoi scritti Paolo ribadisce con forza la natura del mandato che ha ricevuto da Dio:“Poiché v'è un solo Dio ed anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo,
il quale diede se stesso qual prezzo di riscatto per tutti; fatto che doveva essere attestato a
suo tempo, e per attestare il quale io fui costituito banditore ed apostolo (io dico il vero, non
mentisco), dottore dei Gentili in fede e in verità.” 1 Timoteo 2:5-7.
In maniera forte ed inequivocabile egli afferma l’autorità del suo apostolato nella premessa
dell’epistola ai Galati: “Paolo, apostolo (non dagli uomini né per mezzo d'alcun uomo, ma
per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre che l'ha risuscitato dai morti)” Galati 1:1.
Le epistole di Paolo sono fondamentali per la dottrina cristiana: la loro importanza non si
può sottovalutare in nessun modo, né sottolineare abbastanza. Il loro studio è fondamentale
per una corretta comprensione della dottrina della Chiesa.
Alcuni sostengono che anche l’epistola agli Ebrei sia stata scritta da Paolo; è opinione
ormai diffusa, comunque, che ciò non risponda a verità. Visto che nessun nome compare
nell’intestazione di questa epistola, non si può essere dogmatici in nessun senso, sebbene
l’autore di questo studio ritenga che Paolo sia anche l’autore di quella epistola.
Seguono le epistole generali, dette anche cattoliche. Questo prendono il nome dell’autore
anziché dei destinatari: Giacomo, 1 e 2 Pietro, 1, 2 e 3 Giovanni e Giuda.
Giacomo, fratello del Signore, fu il primo vescovo di Gerusalemme e sembra che fossetenuto in grande stima, anche al di fuori della cerchia dei credenti. Il suo scritto è molto
bello e mostra un cristianesimo vero, che guarda alle sue radici ebraiche, ma che si proietta
con sicurezza nel nuovo patto in Cristo Gesù.
Questa la testimonianza di Flavio Giuseppe su Giacomo. “Essendo Festo morto, Albino ne
prese il posto; quindi convocò il Sinedrio dei Giudei e porà innanzi a loro il fratello di Gesù,
che era chiamato Cristo, il cui nome era Giacomo, e alcuni altri; e quando egli ebbe
formulato contro di loro l’accusa di avere infranto la legge, egli li consegnò perché fossero
lapidati”. Antichità Giudaiche, Libro 20, Capitolo 9.
Le due epistole di Pietro sono davvero stupende. Ci presentano l’apostolo irruento evulnerabile dei vangeli, maturo e fermo nella sua fede, pienamente cosciente del significato
del suo ruolo di testimone oculare della resurrezione di Cristo. Che cambiamento
meraviglioso!
La prima epistola si conclude così: “La chiesa che è in Babilonia eletta come voi, vi saluta;
e così fa Marco, il mio figliuolo.” 1 Pietro 5:13. Sebbene molti vedano in Babilonia una
maniera in codice per indicare Roma, non vi è nessun motivo valido per ritenere che
l’apostolo non si trovasse realmente nella città mesopotamica, dove era residente una nutrita
colonia ebraica. Ciò sarebbe in perfetta armonia con la natura del suo mandato, cioèl’apostolato ai giudei. Scrisse Paolo in proposito: “…a me era stata affidata la
evangelizzazione degli incirconcisi, come a Pietro quella dei circoncisi.”
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E’ credenza diffusa che Pietro sia stato il primo papa della storia. Leggendo la sua epistola
ci si rende conto che, come tante altre credenze di alcuni che non conoscono la
testimonianza della Parola di Dio, questa ipotesi non ha alcun fondamento biblico.
Le tre epistole di Giovanni vengono attribuite all’autore del quarto vangelo.
L’identificazione è naturale leggendo la prima epistola che così tanti punti ha in comune con
il vangelo. Meno certa è l’attribuzione della seconda e terza lettera, da alcuni ritenute opera
di un omonimo dell’apostolo.
L’Apocalisse è l’ultimo libro della Bibbia e l’unico prettamente profetico del Nuovo
Testamento.
Già anticamente venne messa in discussione che Giovanni fosse l’autore di questo scritto,
davvero unico nel suo genere all’interno del Nuovo Testamento. Ma, nonostante la
differenza nel greco originale notata dagli specialisti, e una certa comprensibile diffidenzaper la complessità dei contenuti, credo non vi siano elementi validi per contestarne
l’autenticità. Ireneo nel secondo secolo la attribuisce all’apostolo autore del vangelo. E se
vogliamo prestare fede al fatto che deve avere avuto la notizia di prima mano, da un
discepolo di Giovanni stesso, la sua testimonianza già da sola potrebbe essere conclusiva.
E’ naturale la divisione del Nuovo Testamento in: Vangeli, Atti, Epistole e Apocalisse.
Come per l’Antico Testamento, così anche per il Nuovo, non c’è accordo fra gli studiosi e la
tradizione cristiana circa la data esatta di composizione dei libri e, conseguentemente, circa
la loro autorità.
Come è naturale, i critici di una certa scuola meno conservatrice sono per una datazione dei
Vangeli relativamente più recente: è un limite della scuola di pensiero tedesca e l’incapacitàdi questa ad adattare la propria visione delle problematiche alle circostanze dei tempi di
Gesù. Ma è una questione complessa che non credo nemmeno sia utile trattare in questa
sede. Basterà dire che alcuni recenti scoperte, come il manoscritto 7Q5 a Qumran
identificato come un frammento del Vangelo di Marco, la ridatazione di diversi manoscritti
del Nuovo Testamento da parte di un numero crescente di studiosi, stanno scuotendo le
fondamenta di certe teorie di una critica avversa all’autenticità, quindi origine apostolica e
conseguente autorità, delle Scritture cristiane.
La data di composizione del quarto vangelo è da sempre argomento di dibattito. Uno
studioso tedesco del secolo scorso, Ferdinand Christian Baur credeva che il vangelo di
Giovanni non fosse stato composto prima del 160 d.C. fondando una scuola di pensiero. Main seguito, un manoscritto fu ritrovato (chiamato P52) in Egitto e datato nel 125 d.C., o
persino prima, secondo alcuni studiosi. Baur aveva torto e la concezione tradizionale era
giusta. Del resto vi erano testimonianze di rilievo sul vangelo di Giovanni. Come, ad
esempio, quella di Ireneo, vescovo di Lione nel secondo secolo, che era stato istruito nella
fede da Policarpo, il quale aveva personalmente conosciuto l’apostolo Giovanni. Nella sua
monumentale opera “Contro le Eresie” Ireneo attribuisce a Giovanni anche il libro
dell’Apocalisse.
Una datazione tarda è, comunque, da molti ancora assegnata agli altri vangeli.Il libro di J.A.T. Robinson, Redating the New Testament , 1976, propone invece una
datazione antecedente al 70 d.C.
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Carsten P. Theide, nel suo libro, The Earliest Gospel Manuscript?, e Testimone Oculare diGesù, identifica e data dei frammenti del Vangelo di Marco (chiamato 7Q5) verso il 50 d.C.
circa e ridata altri manoscritti anteriormente a quanto ritenuto, sostenendo che le date più
recenti sono state assegnate a dei manoscritti solo per adattarsi alle teorie degli studiosi circala composizione dei vangeli e afferma tenacemente che è necessario procedere in maniera
opposta: cioè datare indipendentemente i manoscritti per poi risalire alla data di
composizione dei testi. Così facendo le teorie di alcuni vengono a cadere e la visione
tradizionale sulla composizione dei vangeli ne esce rafforzata.
E’ di nuovo mia opinione che alcuni studiosi dimenticano l’ovvio: i vangeli non possono
non essere stati scritti. E’ impossibile che la prima cristianità che usciva fuori dalla religione
del libro, il giudaismo, non sentisse il bisogno di scrivere la storia di Gesù per confermarla
definitivamente da un punto di vista autorevole -apostolico-, per evitare false
rappresentazioni da parte degli eretici -che esistevano già nel periodo apostolico.
Luca dice: "molti hanno intrapreso ad ordinare una narrazione dei fatti che si son compiutitra noi ", Luca 1:1
E la riprova di questa affermazione la danno i tanti vangeli apocrifi, gnostici in particolare,
che tanto di moda è divenuto oggi vantare in virtù di un inesistente valore storico, essendo
certi personaggi più motivati, credo, da interesse economico che d’amore di ricerca di verità
storica o religiosa.
Un’altra cosa persino più ovvia e trascurata è che la chiesa aveva sufficiente senso critico
("provate gli spiriti", scriveva Giovanni nella sua prima epistola) e una organizzazione tale
da potere scartare i falsi vangeli e ritenere gli autentici. E’ chiaro che le parole riferite alla
chiesa di Efeso fossero indirizzate alla chiesa del primo secolo: “Io conosco le tue opere, la
tua fatica, la tua costanza; so che non puoi sopportare i malvagi e hai messo alla prova quelliche si chiamano apostoli ma non lo sono e che li hai trovati bugiardi.”, Apocalisse 2:2.
E’ naturale che persino gli apostoli o chi li ha immediatamente seguiti, abbiano contribuito
alla raccolta ed all’uso della lettura degli autentici scritti apostolici.
Abbiamo già citato Paolo e Giovanni che incoraggiavano i cristiani a legare e diffondere i
loro scritti.
Pietro scrisse: "...perché so che presto dovrò lasciare questa mia tenda, come il Signor nostro Gesù Cristo me lo ha dichiarato. Ma mi studierò di far sì che dopo la mia dipartenzaabbiate sempre modo di ricordarvi di queste cose. Poiché non è coll’andar dietro a favoleartificiosamente composte che vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del nostro
Signor Gesù Cristo, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua maestà. ", 2 Pietro1:14-16.
Più avanti nella stessa epistola Pietro riconosce il lavoro di Paolo e l’uso (che conferma
essere naturale) dei suoi scritti come brani della Sacra Scrittura:
"...e ritenete che la pazienza del Signor nostro è per la vostra salvezza, come anche il nostrocaro fratello Paolo ve l’ha scritto, secondo la sapienza che gli è stata data; e questo egli fain tutte le sue epistole, parlando in esse di questi argomenti; nelle quali epistole sonoalcune cose difficili a capire, che gli uomini ignoranti e instabili torcono, come anche lealtre Scritture, a loro propria perdizione.", 2 Pietro 3:15-16.Discuterò più avanti del canone del Nuovo Testamento.
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SCRITTI DEL NUOVO TESTAMENTO
Vangeli Sinottici Matteo – Marco – Luca
Giovanni
Libri storici Atti degli Apostoli
Epistole di Paolo Romani – 1 e 2 Corinzi – Galati – Efesini
Filippesi – Colossesi – 1 e 2 Tessalonicesi 1 e
2 Timoteo – Tito – Filemone
Ebrei
Generali Giacomo – 1 e 2 Pietro – 1, 2 e 3 Giovanni
Giuda
Libri profetici Apocalisse
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Capitolo 9. Altri scritti cristiani e i vangeli apocrifi.
Come ho già accennato, i libri del Nuovo Testamento non sono stati gli unici scritti su Gesùe la dottrina cristiana nel periodo apostolico e post-apostolico.
Oggi è particolarmente importante parlarne in chiesa. E’ infatti necessario che il cristiano
sia informato perché riconosca l’infondatezza delle affermazioni oggi diffuse con ogni
mezzo mediatico sull’esistenza di “altri” Vangeli, che riportano alla luce eventi che si
accusa quasi la Chiesa ufficiale di avere tenuto nascosti per secoli.
Lo dico subito, ci troviamo davanti ad astute operazioni commerciali, che, però, non
possono lasciarci in silenzio e vanno ad ogni costo smascherate per quello che sono. Per
amore della scienza, per l’affermazione della realtà storica dei fatti della fede cristiana, per
amore di Verità!
Dall’antichità ci sono arrivati un buon numero di scritti cristiani che, sebbene non sianoriconosciuti come ispirati, sono stati tenuti in alta stima sia per il loro valore intrinseco, che
come testimonianza agli scritti canonici ed alla Verità.
La cosiddetta prima epistola di Clemente, è una accorata e bella lettera scritta dalla chiesa
di Roma a quella di Corinto sul finire del primo secolo, verso il 95-96 d.C. Quindi
addirittura prima della morte dell’apostolo Giovanni e forse della composizione
dell’Apocalisse. Contiene citazioni di brani del Nuovo Testamento.
Accanto a questo sono arrivati fino ai nostri giorni altri scritti ortodossi, l’epistola diDiogneto, davvero molto bella, le lettere di Ignazio di Antiochia scritte a delle chiese
mentre veniva condotto al martirio. I Didachè che, come dice lo stesso titolo che in greco
significa “insegnamenti”, contengono degli insegnamenti cristiani di base. L’epistola diBarnaba, scritta fra il 70 ed il 135 d.C. è davvero molto bella. Significativa è l’epistola diPolicarpo, vescovo di Smirne.
Questi scritti, vista la loro antichità, vengono di solito raccolti con il nome di Padri
Apostolici.Ne trovo la lettura interessante ed anche, in un certo senso, importante per la sincera e
semplice testimonianza che ci lasciano dei primi fra coloro che ci hanno preceduti nella fede
in Cristo.
Nel secondo secolo la dottrina cristiana e i primi passi della Chiesa sono testimoniati dagli
scritti di diversi apologeti, difensori della fede dagli attacchi ideologici dei pagani, degli
eretici che erano molti e con molte sfaccettature, dalle false accuse rivolte ai cristiani.Ireneo, vescovo di Lione nel secondo secolo, ha scritto un’opera monumentale contro le
eresie. Poi vi sono Giustino, Tertulliano, Atenagora, Ippolito e molti altri.
Questi scrittori vengono chiamati padri della Chiesa e la materia che li studia è la patristica.Nella chiesa cattolica sono oggetto di una venerazione a mio avviso eccessiva. Mentre
d’altro canto, in ambiente protestante non sono tenuti in particolare considerazione.
Personalmente credo che una sana via di mezzo sia quella più giusta da percorrere e leggo
questi scritti dando loro l’importanza che oggettivamente meritano.
I testi che ho citato sono facilmente rintracciabili. Se si conosce la lingua inglese, si trovanosu internet senza troppa difficoltà. In italiano si possono rintracciare in librerie specializzate.
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Detto quanto sopra, ci rendiamo conto di come i primi passi del cristianesimo furono
accompagnati da un grande fermento culturale ed intellettuale.
Quando Paolo scriveva l’epistola ai Colossesi non ci può sfuggire il tono polemico verso
quelle correnti di pensiero che se gnostiche proprio non erano, certamente preludevano adesse. Nell’epistola ai Galati i toni sono forti contro chi predicava addirittura “un altro
Evangelo”. Dice poi apertamente di alcuni: “Quei tali sono falsi apostoli, operai fraudolenti,
che si travestono da apostoli di Cristo.” 2 Corinzi 11:13.
Giovanni, nella sua prima epistola, chiarisce l’autentica fede contro chi sosteneva
l’eradicazionismo , insegnamento secondo il quale nel cristiano il peccato era eradicato,
quindi estirpato nel senso che chi si era convertito a Cristo non avrebbe più peccato.
L’apostolo scrive apertamente anche contro i docetisti, cioè coloro che non riconoscevano
che il Signore si era realmente incarnato, divenendo veramente uomo, sostenendo che quella
di Gesù fosse soltanto un’apparenza di corporeità.
Sarebbe assurdo non pensare che i “falsi apostoli”, di cui anche l’Apocalisse parla, questieretici, non abbiamo lasciato come gli autori “ortodossi” i loro scritti. Lo stesso Paolo si
curava di firmare personalmente le proprie epistole e fa chiaro riferimento a tentativi di
plagio.
Marcione, Valentino, Basilide sono solo alcuni dei nomi di questi antichi eretici giunti fino
a noi e lo gnosticismo era il modo in cui veniva chiamata la loro eresia, assurda per dottrine
e prassi, ma allora in grado di minacciare seriamente la Chiesa nascente.
Visto il contesto culturale davvero infuocato in cui muoveva i primi passi il cristianesimo,
perché ci stupiamo se vengono scoperti oggi altri scritti, non canonici, ma soprattutto eretici
composti in quel periodo?
Già se ne conoscono moltissimi. Molti che la Chiesa primitiva conosceva, composti sottofalso nome, spacciati per opere apostoliche, allora, come lo sarebbero oggi, riconosciuti
come dei miseri falsi, condannati al silenzio ed all’oblio per la totale assenza di alcun vero
significato storico e religioso e composti con l’unico scopo di sostenere l’eresia di questa o
quella setta.
L’eccessiva attenzione riservata ad esempio al cosiddetto Vangelo di Giuda, riportato alla
luce recentemente è del tutto ingiustificata. Mi è addirittura parso che, da parte di alcuni si
sostenesse la riscoperta della verità dell’Evangelo, dimenticata o, peggio, tenuta nascosta da
chissà quale congiura per circa duemila anni. L’ho detto e lo confermo: siamo davanti ad
operazioni commerciali e nulla più.
Lo stesso dicasi del Codice Da Vinci di Dan Brown. E’ un buon libro, una bella storia ed unfilm interessante. Tutto il resto, che sembra quasi inneggiare ad una riscoperta verità storica
su Gesù, è costruito sul nulla, è solo servito a vendere un libro ed a promuoverne il film.
Per gli studiosi dell’antichità cristiana, però, il significato della riscoperta di antichi
documenti assume connotati meno sensazionalistici, ma, paradossalmente, più rilevanti per i
loro studi, in quanto permette di gettare ulteriore luce sul pensiero gnostico dei primi secoli.
Oltre agli scritti ortodossi che abbiamo citato ed ovviamente al Nuovo Testamento,
ritrovamenti archeologici, anche relativamente recenti, hanno portato alla luce altri scritti. Il
vangelo di Giuda, infatti, che tanto clamore ha suscitato, è solo l’ultimo dei Vangeli o ScrittiApocrifi per secoli considerati ormai irrimediabilmente perduti e poi ritrovati.
Questo testo godeva del consenso della setta gnostica dei caininiti, che, attraverso
complicati ragionamenti, rivedevano il ruolo di Caino ed altri empi del passato, con infine
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Giuda che, da traditore, veniva elevato al rango di unico depositario di dottrine ed
insegnamenti segreti del Cristo. Le dottrine gnostiche erano irrimediabilmente lontane dalla
Verità dell’Evangelo. Sono tanto complesse quanto assurde e non possono in nessun modo
rintracciarsi negli scritti ufficiali della Chiesa. Da qui il bisogno di opere spacciate perapostoliche. Ireneo, vescovo di Lione nel secondo secolo, scrisse un trattato sistematico
contro l’eresia gnostica. Ireneo conosceva il Vangelo di Giuda. Quindi questo deve essere
stato composto prima del 170 a.C. Nel paragrafo trentunesimo del libro primo di questa
monumentale opera Ireneo scrive: “Essi affermano che Giuda il traditore era perfettamente
al corrente di queste cose, e che solo lui, conoscendo la Verità come nessun altro, portò a
compimento il mistero del Tradimento; per mezzo di lui tutte le cose, terrene e celesti,
furono gettate nella confusione. Essi hanno prodotto una storia inventata di questo tipo, che
essi chiamano il Vangelo di Giuda”.
Altri scritti gnostici riportati alla luce nel secolo scorso sono il cosiddetto Vangelo di
Tommaso, il Vangelo di Filippo, il Vangelo dei Nazareni, il Vangelo agli Ebrei, il Vangelodi Pietro e diversi altri.
Nonostante l’entusiasmo di qualche commentatore dei testi apocrifi, che, ovviamente, non
può non tirare l’acqua al proprio mulino, l’interesse storico e religioso di questi scritti è
legato esclusivamente alla loro antichità. Se non fossero così antichi, il loro valore
intrinseco – sono quasi tutti dei clamorosi falsi - non li avrebbe resi più degni di attenzione
di un opuscoletto lasciato nella nostra posta che ci dice che gli alieni che ci hanno creato
hanno anche costruito le piramidi.
Nonostante la loro antichità, questi documenti non possono intaccare, se non agli occhi dei
poco informati, l’attendibilità delle narrazioni dei testi canonici su Gesù e sulla dottrina
apostolica: sono solo voci dal passato, isolate e contrastanti tra loro.Facciamo un esempio concreto che spieghi la forte ostilità della chiesa primitiva verso le
eresie e i testi che le sostenevano e anche il disagio, il visibile fastidio della Chiesa odierna
quando vengono gratuitamente – anzi, al contrario, proprio e soprattutto per guadagno -
attaccate le nostre Verità più care.
Immaginiamo che fra 2000 anni degli archeologi rinvengono i libri e le testimonianze
sull’olocausto e lo ritengano un evento storico sufficientemente attestato. Ma poi, per caso,
un archeologo rinviene un altro documento che nega la realtà dell’olocausto e, sostiene in
base a quel singolo documento, che l’olocausto non è mai avvenuto.
Sulla scorta di poco attendibili documenti – sebbene antichi - o delle fantasiose teorie di
alcuni, non si può negare l’essenza della fede trasmessa dai testimoni oculari di Gesù nelNuovo Testamento!
Ovviamente ho letto anche i Vangeli Apocrifi. Li trovo interessanti: attestano le varie eresie
dei primi secoli. In particolare quella gnostica, che fioriva in Egitto. E, visto che il clima
egiziano, secco e caldo, facilita la conservazione dei manoscritti antichi, alcuni documenti
che ne confermano l’esistenza sono tornati alla luce.
Se da una parte alcuni sostengono che Gesù fosse sposato alla Maddalena perché lo attesta
un Vangelo scritto da un anonimo che si spaccia per l’apostolo Filippo (è quindi già un
clamoroso falso) non possiamo tacere sulle incredibili assurdità che troviamo in altri puntidi questo racconto.
Nel paragrafo 17 di questo evangelo leggiamo: “Taluni hanno detto che Maria concepì dallo
Spirito Santo. Essi sono in errore. Essi non sanno quello che dicono. Quando mai una donna
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ha concepito da una donna”, dal Vangelo di Filippo nell’edizione contenuta nella raccolta “I
Vangeli Apocrifi”, Einaudi Tascabili, 1990, pag.513.
Secondo alcune assurde credenze gnostiche lo Spirito Santo era donna e questo spiega
l’affermazione.Nella stessa edizione, a pag. 521, paragrafo 55, leggiamo un fatto che tanto scalpore ha
suscitato: “La Sofia, che è chiamata sterile, è la madre degli angeli. La consorte di (Cristo è
Maria) Maddalena. (Il Signore amava Maria) più di tutti i discepoli e la baciava spesso sulla
(bocca).”
Un’assurdità dietro l’altra. Che peso possiamo dare ad un’affermazione inserita in un
contesto del genere? Anche il bacio in bocca, nell’incredibile ricerca di complessità
filosofica, non è inteso in questo contesto come invece potremmo intenderlo noi oggi. Infatti
lo stesso scritto, in un altro passo ci spiega cosa sia veramente questo bacio.
“(Colui che si nutre) dalla bocca, se di lì è uscito il Logos, dovrà essere nutrito dalla bocca,
e diventare “perfetto”. Perché il perfetto diventa fecondo per mezzo di un bacio, e genera.Per questo motivo anche noi ci baciamo l’un l’altro, e concepiamo l’uno dall’altro, per
opera della grazia che è in noi.”
La dottrina gnostica è complicatissima. Questi due paragrafi, insieme a quanto detto sul
vangelo di Giuda, credo ne abbiano dato, seppure in breve, un’idea.
I tentativi di discreditare la fede che così meravigliosamente ci è stata tramandata nelle
pagine del Nuovo Testamento non hanno alcun concreto fondamento storico o religioso e la
Chiesa deve ribadirlo forte e chiaro. Ma forse, mi permetto di dire, alla fine certe
argomentazioni convincono soltanto chi va a caccia di scuse per non credere o per volere
credere a modo proprio.
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Capitolo 10. Il Canone del Nuovo Testamento.
L’individuazione dei libri ispirati che sarebbero stati, affiancando l’Antico Testamento, le
Sacre Scritture della fede cristiana, e oggi raccolte in quello che chiamiamo il NuovoTestamento, è avvenuta molto presto.
Ho già detto che, in certi ambienti, viene troppo poco stimato il senso critico e
l’organizzazione della Chiesa primitiva. Ma non c’è motivo per ritenere che i libri d’origine
apostolica del Nuovo Testamento non abbiano goduto subito di un riconoscimento
universale fra le chiese cristiane. Abbiamo letto in 2 Corinzi 18 come Luca fosse già
conosciuto nelle chiese a causa del suo Vangelo. Se è vera l’identificazione dei frammenti in
greco rinvenuti nella grotta numero sette di Qumran con altrettante porzioni di libri del
Nuovo Testamento, avremmo un’ulteriore supporto alla datazione “tradizionale” di quegli
scritti.
E’ stato grazie alla collaborazione ed armonia fra le comunità locali dei primi secoli, chedobbiamo l’unanimità conservata fino ad oggi nella scelta degli scritti neotestamentari. A
mio avviso quest’ultimo fattore è il sigillo definitivo dello Spirito Santo sull’autenticità e
conseguente autorità di questi libri.
Visto anche il numero di testi rivali che abbiamo appena considerato, alcuni davvero molto
antichi, il lavoro della Chiesa non è stato certamente semplice.
La maggior parte dei libri del Nuovo Testamento furono indirizzati a comunità specifiche.
Le epistole sono il caso più evidente. Per l’Apocalisse dovremmo immaginare, dal
contenuto, che almeno sette copie vennero inviate alle sette chiese destinatarie delle lettere
citate nella parte iniziale del libro.
Come, però, intuiamo dalle parole di Paolo nelle chiuse delle epistole ai Tessalonicesi, chesono le sue lettere più antiche, le chiese copiavano e si scambiavano i manoscritti che
custodivano: erano, infatti, a mio avviso, perfettamente coscienti del valore di quegli scritti.
Lo dimostra il fatto che girassero dei falsi - tanto che Paolo fu costretto a firmare le proprie
lettere o mandarle con messi di sua fiducia nominati nelle stesse epistole. Lo dimostra
ancora che venissero da subito utilizzate da chi attaccava la vera fede interpretandone i
contenuti in maniera errata. Lo leggiamo nella seconda epistola di Pietro: “…come anche ilnostro caro fratello Paolo vi ha scritto, secondo la sapienza che gli è stata data; e questoegli fa in tutte le sue lettere, in cui tratta di questi argomenti. In esse ci sono alcune cosedifficili a capirsi, che gli uomini ignoranti e instabili travisano a loro perdizione come
anche le altre Scritture.” 2 Pietro 3:15-16.Gli apostoli avevano piena coscienza, per loro stesso detto, che la loro testimonianza alla
vera fede non poteva concludersi con la loro morte ma che si sarebbe tramandata nei loro
scritti e negli scritti dei loro “discepoli”.
Originariamente, in armonia con l’uso diffuso del periodo, i libri del Nuovo Testamento
sono stati scritti in forma di “rotolo” di papiro. Il rotolo veniva scritto solamente nel suo
interno. Se anche non concordiamo con chi dice che il codice sia un’invenzione cristiana,
certamente la sua adozione deve essere avvenuta molto presto.
Il codice è simile al nostro libro. Permette la raccolta di più testi rispetto al rotolo ed è, in uncerto senso più maneggevole.
Il codice Vaticano del IV secolo, chiamato anche B, è arrivato quasi integro ai giorni nostri
ed originariamente aveva tutta la Bibbia o quasi. Il codice Sinaitico, di poco più antico, è
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sopravvissuto pressoché intatto fino ai giorni nostri. Quest’ultimo manoscritto è stato di
recente reso disponibile su internet.
Certo i materiali utilizzati non erano la carta, ma prevalentemente papiro o pergamena. E
menomale, perché la carta non sarebbe mai riuscita ad arrivare ai giorni nostri, essendo unmateriale di relativamente breve durata.
Un ostacolo non indifferente all’opera delle chiese fedeli al vangelo, era l’attività degli
eretici che, per sostenere le loro dottrine, si prodigavano a diffondere falsi vangeli o a
corrompere quelli esistenti. L’abbiamo già visto nel paragrafo precedente.
In questo fermento culturale, la Chiesa ha dimostrato grande capacità organizzativa.
E’ difficile dirlo all’uomo del ventesimo e ventunesimo secolo e alla sua naturale tendenza
ad avvicinarsi alle problematiche con spirito scientifico, d’indagine, e con lo spiccato senso
critico dell’uomo moderno, ma è così: il compito di individuare gli scritti apostolici ed
autentici non è nostro. Riguardava la chiesa primitiva e non noi: semplicemente oggi non
abbiamo sufficienti elementi in mano per potere giudicare.E quando leggiamo di teorie, opinioni, di più o meno accreditati studiosi sull’autenticità di
questo o quello scritto, siamo davanti a semplici teorie, speculazioni quasi filosofiche, cui
non si può dare reale credito in assenza di prove oggettive che di sicuro i primi divulgatori
degli scritti apostolici avevano e che noi sconosciamo o conosciamo solo in parte.
Per noi cristiani il sigillo dello Spirito Santo su questi scritti è visibilissimo, nella loro
armonia, nel loro essere, sebbene opera di diversi scrittori, un solo libro.
La testimonianza che ci arriva dall’antichità sul canone del Nuovo Testamento è indiretta,
quando troviamo negli scritti cristiani che ho menzionato nel capitolo precedente, che il
Nuovo Testamento viene ampiamente citato come Sacra Scrittura e viene fatto con un testo
che conferma quello in nostro possesso. E gli scrittori cristiani dei primi secoli, nonostantedi luoghi ed epoche diverse, danno un’ottima testimonianza al Nuovo Testamento.
Vi sono poi delle testimonianza dirette, come il cosiddetto canone Muratori (circa 170 d.C.)
o - e io preferisco quest’ultima - con la testimonianza resa da Eusebio, vescovo di Cesarea
nella prima metà del quarto secolo. Eusebio compose una storia ecclesiastica, opera
monumentale e molto importante. Nel venticinquesimo capitolo di questo lavoro, egli si
sofferma proprio sulla questione del canone e, con grande lucidità, mette al primo posto i
quattro vangeli, poi gli atti degli apostoli; quindi le epistole di Paolo, poi la prima di
Giovanni e la prima di Pietro, chiudendo con l’Apocalisse.
Con grande precisione storica riporta poi che, fino ai suoi giorni il dibattito era ancora
aperto per la canonicità dell’epistola di Giacomo e quella di Giuda, per la seconda epistoladi Pietro e la seconda e terza di Giovanni. Per amore di esattezza precisa anche che alcuni
mettono in dubbio la genuinità del libro dell’Apocalisse.
Cita poi altri scritti, come ad esempio un vangelo agli Ebrei (andato perduto) che, precisa,
era tenuto in alta considerazione negli ambienti dei credenti venuti dall’ebraismo. Altri libri
li indica semplicemente come non autentici.Poi, invece, con tono brusco, parla di certi
scritti, aggiungendo di suo che, silenzio della Chiesa a parte, “il loro stile è molto diverso da
quello degli apostoli, e i sentimenti e lo scopo delle cose che vengono riportate in essi,
deviando il più possibile dalla sana ortodossia, dimostrano che essi sono l’operaimmaginaria di uomini eretici.”
E’ da capire il sentimento di Eusebio, che riflette quello della Chiesa, non solo del suo
tempo, di fronte a delle frodi, degli psuedo-vangeli falsamente attribuiti a Giuda, a Filippo, a
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Tommaso, Giovanni, Pietro, ecc., che altro non rappresentano se non un meschino attacco
alle Verità più care della nostra Fede.
Per amore di completezza sulla questione, devo dire che i tentativi di aggiungere alla pura
Parola di Dio non sono stati un fenomeno con il quale si è dovuta confrontare soltanto dellaChiesa primitiva.
Il libro di Mormon è anch’esso un testo che senza alcun diritto viene affiancato al Nuovo
Testamento ed utilizzato come fosse Parola di Dio. Esso fu dato al profeta Joseph Smith
perché egli era confuso dalle tante divisioni che esistevano all’interno delle chiese cristiane.
Ma credo che i cosiddetti Santi degli Ultimi Giorni o Mormoni anziché unità hanno portato
solo un’ulteriore eresia al mondo. E mentre nelle nostre chiese evangeliche riconosciamo
pari dignità alle varie denominazioni che esistono fra noi, la stessa cosa non possiamo dire
dei Mormoni o dei Testimoni di Geova che praticamente, con l’imposizione dello studio e
dell’accettazione completa dell’insegnamento delle loro pubblicazioni, le elevano al rango
di appendice della Parola di Dio.Quanto dobbiamo sapere per la nostra salvezza e quanto occorre per la dottrina della Chiesa,
la chiesa apostolica si è curata di farlo arrivare sino a noi dandoci il Nuovo Testamento.
Di certo è da estendere a tutta la Parola di Dio, alla collezione dei 66 libri che la
compongono, il monito che troviamo, non credo per caso, nelle sue ultime pagine:
“ Io lo dichiaro a chiunque ode le parole della profezia di questo libro: se qualcuno viaggiunge qualcosa, Dio aggiungerà ai suoi mali i flagelli descritti in questo libro; sequalcuno toglie qualcosa dalle parole del libro di questa profezia, Dio gli toglierà la sua
parte dell'albero della vita e della santa città che sono descritti in questo libro.”Apocalisse 22:18-19.
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Capitolo 11. Il vangelo ai Gentili
La fede cristiana, pur nascendo da quella ebraica, porta con sé il seme di un grandecambiamento, quasi una “rivoluzione”: la chiamata dei “Gentili”, gli “stranieri”, coloro che
non appartengono alla discendenza di Abramo, a far parte del popolo di Dio adesso non più
identificato con Israele, ma con l’assemblea dei chiamati, la Chiesa.
Paolo scrive alla chiesa di Efeso, formata ovviamente da gentili o stranieri, come traduce la
Nuova Riveduta: “Perciò, ricordatevi che un tempo voi, stranieri di nascita, chiamatiincirconcisi da quelli che si dicono circoncisi, perché tali sono nella carne per manod'uomo, voi, dico, ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dallacittadinanza d'Israele ed estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nelmondo. Ma ora, in Cristo Gesù, voi che allora eravate lontani siete stati avvicinati
mediante il sangue di Cristo.” Efesini 2:11-13.Gesù stesso pose subito le basi di questo grande cambiamento con il suo mandato: “Ogni
potere mi è stato dato in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo,”, Matteo 28:18-
19.
Ciò era stato profetizzato nell’Antico Testamento. Scrive infatti Isaia in un famoso brano
che parla del Messia: “Io, il SIGNORE, ti ho chiamato secondo giustizia e ti prenderò per la
mano; ti custodirò e farò di te l'alleanza del popolo, la luce delle nazioni, per aprire gli
occhi dei ciechi, per far uscire dal carcere i prigionieri e dalle prigioni quelli che abitano
nelle tenebre.” Isaia 42:6-7.
Molti altri brani biblici potrebbero citarsi. E lo stesso Gesù resto ha altrove confermato: "Or io vi dico che molti verranno di Levante e di Ponente e sederanno a tavola con Abramo e
Isacco e Giacobbe, nel regno dei cieli... " , Matteo 8:11.
Nel libro degli Atti degli Apostoli, leggiamo: “ Il sabato seguente quasi tutta la città(Antiochia di Pisidia) si radunò per udire la Parola di Dio. Ma i Giudei, vedendo la folla,
furono pieni di invidia e, bestemmiando, contraddicevano le cose dette da Paolo. Ma Paoloe Barnaba dissero con franchezza: "Era necessario che a voi per primi si annunziasse laParola di Dio; ma poiché la respingete e non vi ritenete degni della vita eterna, ecco, cirivolgiamo agli stranieri (ai Gentili). Così infatti ci ha ordinato il Signore, dicendo: "Io tiho posto come luce dei popoli, perché tu porti la salvezza fino all'estremità della terra". Gli
stranieri, udendo queste cose, si rallegravano e glorificavano la Parola di Dio; e tutti quelliche erano ordinati a vita eterna, credettero.” Atti 13:44-48.
Paolo scrisse nella sua epistola ai Romani, in un passaggio stupendo dove parla in maniera
molto sentita del destino della nazione di Israele: “ Ma a causa della loro caduta la salvezzaè giunta agli stranieri per provocare la loro gelosia. Ora, se la loro caduta è una ricchezza
per il mondo e la loro diminuzione è una ricchezza per gli stranieri, quanto più lo sarà laloro piena partecipazione! Parlo a voi, stranieri; in quanto sono apostolo degli stranieri
faccio onore al mio ministero, sperando in qualche maniera di provocare la gelosia diquelli del mio sangue, e di salvarne alcuni.” Romani 11:11b-14.L’apostolo ebbe ancora a dire in un’altra sua epistola: “...io sono stato fatto ministro,secondo l’ufficio datomi da Dio per voi di annunziare nella sua pienezza la parola di Dio,cioè, il mistero, che è stato occulto da tutti i secoli e da tutte le generazioni, ma che ora è
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stato manifestato ai santi di lui; ai quali Iddio ha voluto far conoscere qual sia la ricchezzadella gloria di questo mistero fra i Gentili, che è Cristo in voi, speranza della gloria...” ,
Colossesi 1:25-27.
Fu Pietro in realtà a predicare per primo ai non ebrei, come è narrato nel libro degli Attidegli Apostoli, al capitolo 10. Fu lui inoltre, insieme a Giacomo, a difendere la loro causa
quando i fratelli furono riuniti per discutere di cosa “imporre” ai Gentili convertitisi a
Cristo. Ma fu Paolo ad essere specificamente chiamato ad essere apostolo dei Gentili, Atti
9:5, Galati 1:8.
La chiamata dei Gentili e l’ampia diffusione della fede cristiana all’inizio della nostra era
sono da motivarsi e da comprendersi come il risultato del lavoro di Dio fatto nelle
generazioni precedenti, per creare le circostanze che potessero permettere al vangelo di
essere predicato in tutto l’impero romano.
Nel IV secolo a.C. aveva avuto luogo un evento storico senza precedenti. Un re venne
dall’Occidente, dalla Macedonia, per vendicare l’orgoglio greco contro la potenza persiana.Con una avanzata inarrestabile, Alessandro Magno conquistò quasi tutto il mondo allora
conosciuto, dalla Macedonia all’Egitto, dall’Egitto fino a quasi arrivare in India. Alessandro
morì a 33 anni, in Babilonia. Non lasciò eredi al trono ed il suo impero venne diviso fra i
suoi generali.
L’avanzata dei greco-macedoni portava con sé qualcosa di più importante della stessa
conquista politica. Un’altrettanto inarrestabile avanzata culturale conquistò il mondo di
allora: la cultura, il pensiero e la lingua greca, invasero conquistando tutto il mondo allora
conosciuto.
Negli anni in cui vissero gli apostoli, oltre 300 anni dopo Alessandro, Roma era la più
grande potenza del mondo. L’impero romano si estendeva in tutto il bacino mediterraneo:Italia, Nord Europa, Nord Africa, Medio Oriente erano tutte dominio dell’imperatore
romano. Anche Israele era romana. Ma l’influenza di Roma era più politica che culturale. Il
mondo era ancora nelle mani dell’ellenismo e la lingua più diffusa era il greco. Anche le
iscrizioni delle monete dell’imperatore romano erano in greco e il termine "tou soteros toukosmou", “il salvatore del mondo” utilizzato da Giovanni nel suo vangelo (Giovanni 4:42)
riferito al Signore, era un titolo utilizzato dall’imperatore romano.
La diffusione della cultura ellenica permise che il vangelo venisse predicato a tutte le
nazioni, secondo il mandato dato da Gesù agli apostoli: Matteo 28:19. La mano di Dio
aveva operato nella storia in maniera da creare le giuste condizioni così che il vangelo
potesse essere veramente predicato ad ogni creatura.La lingua greca era conosciuta in tutto l’impero. Gli apostoli pur essendo dei semplici
pescatori ebrei, parlavano e sapevano scrivere in greco. Tutto il Nuovo Testamento è stato
scritto in questa stupenda lingua, di certo una delle forme più evolute di linguaggio mai
prodotta dall’uomo.
Se le condizioni storiche non erano state un prodotto del caso, nemmeno la persona
chiamata all’apostolato ai Gentili era stato scelto a caso: “... Ma quando Iddio, che m’avevaappartato fin dal seno di mia madre e m’ha chiamato mediante la sua grazia, si compiacquedi rivelare in me il suo Figliuolo perch’io lo annunziassi fra i Gentili...”, Galati 1:15.Le epistole scritte da Paolo soddisfacevano perfettamente i bisogni dei neoconvertiti dal
paganesimo. Egli era capace di affrontare la filosofia greca e lo gnosticismo sul loro stesso
campo. La terminologia greca che egli usa ad esempio nell’epistola ai Colossesi, è così
7/27/2019 Introduzione Alla Lettura Della Bibbia
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accurata fino al minimo dettaglio, che la lettura dell’originale è una avvincente avventura
nel terreno delle affermazioni teologiche più profonde.
La lettera ai Galati poteva essere scritta da Paolo soltanto, che poteva vantare la più vasta
cultura dei costumi ebraici per affrontare i giudaizzanti, un’altra minaccia dei primi cristianigentili e una conoscenza tale del mondo greco da potere spiegare le sue motivazioni, con
sorprendente sottigliezza, a dei gentili convertiti.
Gli scritti di Paolo alle chiese del I secolo, riuscivano a soddisfare i bisogni delle chiese di
allora, ma anche quelli delle chiese di oggi e sono la fonte più accurata e dettagliata della
dottrina cristiana che Dio poteva provvedere per la Chiesa.
La mano di Dio operò veramente affinché si venissero a creare le condizioni perché la
nuova fede fosse diffusa con efficacia in tutto il mondo ed arrivasse fino ai giorni nostri.
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Capitolo 12. Il Testo del Nuovo Testamento
Così come per l’Antico Testamento, la prima edizione stampata del testo greco del NuovoTestamento è relativamente recente e risale al 1516 d.C. Fino a quel momento, la sua
trasmissione e diffusione era dipesa da delle copie manoscritte.
Il Nuovo Testamento che leggiamo oggi è la traduzione di un testo originale greco ottenuto
dopo un’attenta raccolta e stima dei manoscritti antichi giunti fino ai giorni nostri. La
ricostruzione così ottenuta viene chiamata testo critico.
Troviamo dei dati sorprendenti circa il numero e la qualità delle evidenze manoscritte che ci
attestano l’esistenza e la diffusione delle Scritture cristiane.
Ma prima, per meglio comprendere di cosa stiamo parlando, dobbiamo fare una piccola
premessa.
Bruce Metzger, nel suo libro, The Text of The New Testament, pag.34, riporta che l’Iliadedi Omero è preservata in poco più di 600 manoscritti.
Euripide in meno di 400. Gli Annali dello storico Tacito,
sono preservati in un unico manoscritto del IX secolo d.C.
Molti scritti di autori antichi sopravvivono grazie ad isolati
manoscritti medievali.
Invece, le prove manoscritte per il Nuovo Testamento sono,
per numero e datazione (molto prossima all’originale), di
gran lunga superiori a quelle disponibili per altri libri
antichi.
Sopravvivono più di 6000 manoscritti contenenti in tutto oin parte il Nuovo Testamento greco. A questi dovremmo
aggiungere i manoscritti delle varie traduzioni (oltre 8.000
solo per la Vulgata) e dei lezionari, quest’ultimi usati per la
lettura in chiesa (in numero di 2135 per il N.T.).
Non deve quindi stupire se le problematiche della
ricostruzione del testo del Nuovo Testamento nascono
paradossalmente, al contrario di quanto accade per il
recupero di altri testi antichi, dal fatto che si hanno troppe
prove da raccogliere e comparare.
La seguente è solo una breve lista dei manoscritti piùimportanti. I manoscritti su papiro sono convenzionalmente indicati con una P seguita da un
numero progressivo, attribuito al momento della scoperta. I Codici Onciali, chiamati così
per scritti interamente in lettere maiuscole e in un formato simile al nostro libro (codice),
sono indicati con lettere maiuscole dell’alfabeto. Qui sopra a destra una immagine del
papiro P75.
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Nome e categoria Data Contenuto
P46 – papiro 200 d.C. Le epistole di Paolo
P52 – papiro 125 d.C. Giovanni 18:31-33, 37-38
P66 – papiro 200 d.C. Parti di Giovanni
P75 – papiro 175-225 d.C. Parti di Luca e Giovanni
Alef o Sinaitico – codice IV secolo L’intera Bibbia
B o Vaticano – codice IV secolo Quasi l’intera Bibbia
A o Alessandrino – codice V secolo Quasi l’intera Bibbia
P52, immagine a sinistra, è stato considerato il frammento più antico
del Nuovo Testamento. Questo fino alla controversa identificazione
del frammento 7Q5 (qui a destra), trovato a Qumran, comeframmento di una copia del vangelo di
Marco. Non sfuggirà al lettore quanto
sia sorprendente la presenza di un
vangelo nella biblioteca di Qumran,
visto che se il tempo dimostrerà che
realmente si tratta del vangelo di Marco,
si dovrà seriamente pensare alla
possibilità di dover rivedere le teorie che
vogliono una composizione
relativamente tarda dei vangeli a favore di una posizione piùprossima a quella tradizionale.
A parte l’enorme numero di manoscritti, la fedeltà della
trasmissione del testo del Nuovo Testamento è certa.
Ciò ci mostra la mano di Dio nella preservazione della sua Parola.
Nel considerare le antiche prove manoscritte al testo orginale greco del Nuovo Testamento,
Westcott e Hort concludono: “...l’ammontare di ciò che può considerarsi in ogni senso una
variazione sostanziale è solo una piccola frazione delle variazioni residue, e può a malapena
formare più di un millesimo dell’intero testo”. Westcott e Hort, The New Testament in theOriginal Greek , pag.2
Se compariamo le Bibbie dei vari periodi storici nelle loro diverse traduzioni, ci renderemo
conto come il testo della Bibbia sia stato molto accuratamente preservato e l’affermazione
qui sopra riportata potrebbe persino essere troppo pessimistica, se teniamo presente chequello che i critici possono considerare significante è del tutto irrilevante per il lettore medio
della Bibbia.
Questo deve tenersi ben in mente quando si valutano le differenze fra le varie edizioni
critiche del Nuovo Testamento che stiamo per considerare nel capitolo seguente.
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Capitolo 13. Edizioni critiche del Nuovo Testamento
Ricostruire il testo del Nuovo Testamento (così come per il Vecchio) è necessario perchè le
diverse varianti, i punti di divergenza fra i monoscritti, debbono valutarsi attentamente per
portare alla scelta della lettura considerata originale.
Il primo testo greco del Nuovo Testamento stampato è l’edizione del 1516 di Desiderio
Erasmo da Rotterdam, in seguito chiamato Textus Receptus, con un certo riferimento al
consenso generale del quale godeva. Esso è alla base delle traduzioni della Bibbia di quegli
anni, quali l’inglese King James Version del 1611, le traduzioni in italiano e francese di
Giovanni Diodati, nonché la traduzione in tedesco di Martin Lutero.
Nessuna edizione critica del Nuovo Testamento era stata capace di rimpiazzare il Textus
Receptus fino al 1881. In quell’anno, Broke Foss Westcott e Fenton John Hort,pubblicarono The New Testament in the Original Greek , una revisione del Textus Receptus
alla luce dei manoscritti, allora di recente scoperta, Sinaitico e Vaticano, entrambi
rappresentanti in quel tempo le prove più antiche (IV secolo) e complete a disposizione.
Da allora tutte le nuove edizioni del testo greco del Nuovo Testamento e le nuove traduzioni
basate su di loro, seguono fondamentalmente il testo di Vaticano e Sinaitico, ancora
considerato il migliore.
Recenti edizioni del Nuovo Testamento greco riproducono il cosiddetto Testo Standard , che
si crede essere il più vicino possibile agli originali, il testo più accurato che può prodursi
con le prove manoscritte in nostro possesso. Questo il testo difeso dall’eminente studioso
Kurt Aland e dal suo team.Dopo circa 100 anni di sforzi della critica testuale in questa direzione, il Testo Standard èdivenuto oggi il nuovo "Textus Receptus".
Personalmente per i miei studi sul Testo Standard utilizzo la ventisettesima edizione del
Nestle-Aland, Greek English New Testament che ritengo davvero un ottimo strumento per
chi voglia consultare un elenco abbastanza soddisfacente di varianti testuali. Virtualmente
uguale il testo delle United Bible Societies. Quest’ultimo è accompagnato dalla valutazione
delle varianti principali nel volume A Textual Commentary on the Greek Text a cura di
Bruce Metzger. Anche questo testo è molto importante per una migliore conoscenza dei
problemi testuali del Nuovo Testamento. Ovviamente non sono quasi mai d’accordo con le
conclusioni della UBS qui riportate, vista la mia preferenza, di cui parlerò più avanti, per ilcosiddetto Testo Maggioritario. Purtroppo per consultare con profitto i libri che ho appena
citato, è indispensabile una conoscenza almeno di base della lingua greca del Nuovo
Testamento e dell’inglese. Un’esposizione molto valida delle teorie alla base del TestoStandard e disponibile in italiano, è “ Il Testo del Nuovo Testamento” edito dalla Casa
Editrice Marietti e scritto da Kurt e Barbara Aland.
Il Textus Receptus è stato, però, recentemente tradotto in lingua moderna dall’americana
New King James Version e dall’italiana Nuova Diodati. Ciò forse in risposta al consenso
che riscuote una certa scuola tradizionalista, soprattutto americana, ma anche inglese, che siostina a difendere a tutti i costi la prestigiosa traduzione inglese King James Version. In
questa direzione il lavoro dello studioso Edward F. Hills. Certo va detto che la difesa ad
oltranza del Textus Receptus a priori e ad ogni costo è una battaglia persa in partenza.
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Più moderata e attenta dal punto di vista scientifico la scuola che contrappone al Testo
Standard la sua preferenza per il Testo Maggioritario, cioè per le varianti testuali che sono
supportate dal maggior numero di manoscritti in greco del Nuovo Testamento.
Alcuni studiosi hanno raccolto l’eredità delle posizioni anti Westcott e Hort della vecchiascuola inglese tradizionalista del XIX secolo. Studiosi del calibro di Scrivener, Burgon,
Miller, infatti, avevano provato a contestare l’effettiva attendibilità delle varianti testuali
cosiddette “alessandrine” attestate principalmente dai manoscritti Vaticano e Sinaitico per
difendere, invece, il valore del testo contenuto nella stragrande maggioranza dei manoscritti
del Nuovo Testamento.
Il testo Maggioritario veniva chiamato da Westcott e Hort Bizantino, non senza un certo
tono quasi di disprezzo, in quanto come questo nome voleva già lasciare intendere, si
considerava una revisione operata ed imposta alla Chiesa durante il periodo appunto
Bizantino. Questa teoria, però, riportata anche nel libro di critica testuale degli Aland, per
quanto proposta quasi come un postulato, non è per nulla dimostrabile.Dall’altra parte i sostenitori di questo tipo di testo, Burgon in testa, lo chiamavano Testo
Tradizionale, immaginandolo come il frutto della fedele opera di copiatura della Chiesa che
ha così conservato il Nuovo Testamento nella forma più fedele a quella uscita dalla penna
degli autori sacri.
Oggi, negli apparati delle edizioni critiche, come è giusto che sia non si parla più di testo
Bizantino bensì di testo Maggioritario, abbreviato con una emme maiuscola:
Di recente, visti i nuovi studi specifici che hanno ottenuto diversi consensi, hanno visto la
luce diverse pubblicazioni.
Thomas Nelson ha pubblicato una traduzione interlineare greco-inglese del testomaggioritario edita da Zane Hodges e Farstad. E’ reperibile presso Christian Book
Distributors, che online si trovano al seguente indirizzo: www.christianbook.com. Questo è
il testo greco originale che leggo.
Wilbur Pickering ha scritto un libro molto bello in difesa del testo Maggioritario. Con il suo
permesso l’ho reso disponibile nella sezione Library del mio sito internet. Una stima
personale mi lega a questo caro fratello e grande studioso. Il suo testo critico è disponibile
sul sito www.walkinhiscommandments.com dal quale ho tradotto in italiano l’epistola ai
Colossesi, dispobile sul mio sito www.studibiblici.eu Nel mio piccolo ho scritto una difesa
del testo maggioritario, disponibile sul mio sito, ma solo in lingua inglese, e il dott.
Pickering mi ha onorato scrivendone l’introduzione.Molto valido è il lavoro di due altri studiosi editori di un altro testo Maggioritario: Robinson
e Perpont. Il loro lavoro, che è disponibile per intero online, è un esempio di grande lucidità
e sobrietà.
E’ disponibile in rete l’intera traduzione in inglese del testo maggioritario, che è stata anche
inserita fra le Bibbie disponibili per il validissimo software e-Sword, è gratuitamentescaricabile all’indirizzo www.e-sword.net.
Qui di seguito un esempio di come usare l’apparato critico dell’edizione del testo Standard e
poi il fronte e retro della copertina del testo maggioritario interlineare edito da Thomas
Nelson.
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Questa la pagina della 27ma edizione del Nestle Aland che riguarda il capitolo 1 delVangelo di Giovanni dove compare l’importante variante al testo tradizionale diGiovanni 1:18. Come avrà notato il lettore attento della Bibbia, la Diodati e la Luzzi
al v.18 leggevano “L’Unigenito Figlio”, mentre la Nuova Riveduta, seguendo il testoStandard legge “l’Unigenito Dio”.Una scelta che non posso condividere. Ma il pregio dell’edizione critica N-A è che tipermette di valutare le prove manoscritte ed, in un certo senso, potere veramentevalutare le varianti.
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Ecco come vanno intese le note sulle variante dei manoscritti.
Il testo standard è:
Le varianti nella nota sono così descritte:
¦¦¦¦µονογενÐςµονογενÐςµονογενÐςµονογενÐςΘεÔςΘεÔςΘεÔςΘεÔς–ilDioUnigenitool’UnigenitoDio
è la lettura dei manoscritti P75, del manoscritto Sinaitico (corretto) e dal minuscolo33. E le sigle che seguono sono i “padri” della chiesa a favore di questa lettura.
¦¦¦¦µονογενÐςµονογενÐςµονογενÐςµονογενÐςυÔς υÔς υÔς υÔς–ilFiglioUnigenitool’UnigenitoFiglio
Questo testo si trova nei manoscritti A (Codice Alessandrino), in C, ecc… e nelTesto Maggioritario, cioè in tutti gli altri manoscritti di Giovanni! E nella versionelatina e siriaca.
µονογενÐςµονογενÐςµονογενÐςµονογενÐςΘεÔςΘεÔςΘεÔςΘεÔς–l’UnigenitoDio,masenzal’articolodeterminativo.
La variante ritenuta autentica e incorporata nel testo critico - txt – si trova in P66,B (Vaticano), in Sinaitico, C, L e due versioni antiche.
E’ incredibile che venga preferita una lettura supportata soltanto da 1 papiro e 4codici, 5 testimoni soltanto contro tutto il resto delle evidenze manoscritte! Unavariante che mostra i suoi sostenitori (Dio anziché Figlio) in contraddizione fra lorocirca la presenza o meno dell’articolo determinativo.La superiorità del testo maggioritario non è nemmeno scalfita dalla presenza di unamanciata di testimoni contrastanti persino fra di loro.
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Capitolo 14. Antiche e nuove traduzioni della Bibbia
Sebbene il greco, come abbiamo detto la lingua nella quale tutto il Nuovo Testamento è
stato scritto, era molto diffuso, il bisogno di traduzioni fu comunque avvertito già ai primipassi del cristianesimo al di fuori dei confini classici del giudaismo.
La traduzione in latino fu approntata molto presto e in molti luoghi dove questa lingua era
parlata. Così Agostino, il famoso “padre della chiesa”, poteva lamentare: “non appena
chiunque si trovasse in possesso di un manoscritto in greco, e si considerava capace di avere
una qualche dimestichezza con entrambe le lingue, (per quanto poca potesse essere), si
azzardava a farne una traduzione”, citato da Bruce Metzger, The Text of the New Testament ,pag. 67.
La Versione latina antica è quindi in realtà una serie di traduzioni che circolavano in Europa
e in Nord Africa già nel II secolo.
A causa della conseguente confusione, nell’anno 382 d.C. circa, fu commissionata aGirolamo, uomo molto erudito, una revisione dell’antica versione latina. Egli tradusse
l’Antico Testamento per primo direttamente ed interamente dalla lingua ebraica.
La sua è forse la più importante fra le antiche traduzioni della Bibbia, la cosiddetta Vulgata.
Di questa traduzione soltanto sono giunti sino a noi oltre 8.000 manoscritti antichi.
Per molti anni la Vulgata è stata la Bibbia della Chiesa Cattolica e l’unica da potersi
leggere, quando la chiesa di Roma vietò le traduzioni non autorizzate della Bibbia, in
qualsiasi altra lingua che non fosse il latino.
La traduzione Siriaca è anch’essa molto antica: II-III secolo. All’inizio del V secolo, prima
del 431 d.C., la traduzione siriaca fu rivista e divenne la cosiddetta Pescitta o Vulgata
Siriaca che fu in uso generale fra le chiese di lingua siriaca. Oltre 350 manoscritti sonogiunti ai nostri giorni, e alcuni datano fino al V e VI secolo d.C.
Altre antiche traduzioni sono: la Copta, l’Armena, la Georgiana, l’Etiopica.
Oggi, la Bibbia in tutto o in parti, è stata tradotta in quasi tutte le lingue e dialetti del mondo.
La storia delle moderne traduzioni della Bibbia, comincia con i movimenti della Riforma e
poi con il Protestantesimo. La traduzione e diffusione della Scrittura venne promossa dalla
dottrina protestante del libero esame, che riconosceva ad ogni cristiano il diritto e la capacità
di potere leggere e comprendere la Parola di Dio.
Un ruolo fondamentale l’ebbe subito la King James Version del 1611, che riprendeva i vari
tentativi di traduzione precedenti e, in una lingua molto elegante e con grande rispetto per il
testo originale che si traduceva, presentò un’opera ai cristiani di lingua inglese che ad ogginon ha trovato una vera rivale in nessuna versione.
Nel 1881, con la pubblicazione del nuovo testo critico per il Nuovo Testamento di Westcott
e Hort, si approntò una Revised Version (versione riveduta) della King James che ne
aggiornava testo e linguaggio. Seguirono molti altri tentativi, ma come ho detto, nessuna
traduzione in inglese riesce ad ottenere consensi tanto unanimi.
Molto utilizzata è la New International Version, che non capisco perché si definisce
“internazionale” se è una traduzione solo in inglese. Thomas Nelson ha pubblicato la New
(nuova) King James Version, una traduzione del Textus Receptus in inglese moderno.Leggo la Bibbia più in inglese che in italiano, visto che la chiesa che frequento è americana
e non riesco ad utilizzare altra traduzione se non la King James Version. Capisco il
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problema linguistico avanzato anche da diversi miei amici, ma per me la superiorità di
questa versione è ancora a tutt’oggi un fatto.
In italiano Giovanni Diodati pubblicò la sua traduzione nel 1607. La sua fu la Bibbia dei
protestanti italiani. All’inizio del secolo scorso un comitato presieduto da Giovanni Luzziapprontò una sua revisione linguistica e testuale, in base alle nuove edizioni critiche del
Nuovo Testamento Greco resesi disponibili, come abbiamo detto, proprio in quel periodo.
Recentemente, nello stesso spirito, è stata presentata al pubblico evangelico italiano la
Nuova Riveduta.
A questa personalmente preferisco la Nuova Diodati, che mi sembra segua maggiormente la
logica di quella antica stupenda traduzione. In italiano, avrà notato il lettore dei miei studi,
utilizzo indifferentemente tutte le traduzioni italiane. Stando attento però, dove queste
differiscono in maniera sostanziale, a proporre quella più aderente al significato o alla
letteralità, a seconda del caso, del testo originale.
La Chiesa Cattolica ha pubblicato diverse traduzioni in lingua italiana. Per qualche tempoho utilizzato la Nuovissima Versione dai Testi Originali. Quelle cattoliche sono Bibbie
annotate, è questo il loro limite: il cattolico ha si libertà di leggere la Bibbia (oggi!) ma non
di interpretarla perché questo compito è esclusivo del Magistero della Chiesa Cattolica. E’
un concetto che purtroppo non riesco ad accettare. Il problema di fondo è che, con il libero
esame, l’esame sincero della Parola di Dio con la guida dello Spirito Santo mostrano quanti
errori si porti dietro dal passato il cattolicesimo. Ma questa è tutt’altra problematica.
Cattolici e Protestanti insieme hanno dato vita ad una traduzione in italiano la “Parola del
Signore, la Bibbia in lingua corrente”. Un esperimento da dimenticare: nobile nell’idea,
penoso il risultato finale.
Per finire mi sento di dovere aggiungere che l’unica Bibbia della quale mi sento disconsigliare a chiunque la lettura è la cosidetta Traduzione del Nuovo Mondo dei Testimoni
di Geova. Ne ho esaminato il testo italiano in due edizioni e quello greco-inglese
interlineare e credo di sapere quello che dico. Nel mio scritto sulla Trinità riservo una
sezione dove discuto ampiamente di alcuni brani specifici di questa “traduzione”.
Dopo l’età dei manoscritti e quella della stampa a caratteri mobili, oggi siamo decisamente
proiettati nella realtà dei documenti elettronici. La Bibbia è disponibile su internet in molte
versioni e su varie piattaforme software. Il mio programma biblico preferito è e-Sword, che
offre gratuitamente il testo della Luzzi e della Nuova Riveduta.
Di recente ho scaricato la Bibbia, nella versione Luzzi, letta e proposta in files mp3. L’ho
rinvenuta sul sito www.geova.info Con i tanti mezzi che abbiamo a disposizione oggi, davvero l’uomo moderno ha poche
scuse da addurre per la sua ignoranza della Verità, se non la pigrizia.
7/27/2019 Introduzione Alla Lettura Della Bibbia
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Conclusione
La Bibbia è più che un libro. Chi ha creduto sa che può cambiare le vite.Da persone dedite all’ uso di droghe, all’alcol, al furto, a persone che avvertivano un vuoto
interiore incolmabile, la Bibbia ha cambiato le esistenze di milioni nel mondo e durante la
storia.
Coloro che si dedicano allo studio di queste pagine sacre con cuore sincero, sanno che Dio
parla attraverso le sue righe: è solo una questione d’essere disposti ad ascoltare. L’uomo
deve soltanto raccogliere la sfida, la sfida di Dio: " ...mettetemi alla prova in questo, dicel’Eterno degli eserciti; e vedrete s’io non v’apro le cateratte del cielo e non riverso su voitanta benedizione che non vi sia più dove riporla ", Malachia 3:10
Spero che il mio lavoro abbia dato un contributo a stimolare nel lettore l’interesse nella
Parola di Dio. Sono consapevole che molti argomenti non sono stati trattati con sufficienteapprofondimento, ma sto ancora lavorando.
Per eventuali ricerche, oggi Internet offre, sebbene usandolo con attenzione e verificando
l’attendibilità delle fonti consultate, un’ottima risorsa.
Il mio sito internet www.studibiblici.eu presenta diversi miei altri studi, in lingua italiana
ed in inglese. Il mio indirizzo di posta elettronica è guarinous@yahoo.com e sono sempre
disponibile per fornire, nei limiti delle mie possibilità, informazioni. In generale è sempre
un piacere per me ricevere impressioni e suggerimenti da parte dei miei lettori, così come
critiche costruttive che mi permettano di migliorare il mio lavoro.
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APPENDICE I
Radici Ebraiche della Fede Cristiana
Introduzione
1. La lingua originale del Nuovo Testamento
2. Cultura ebraica e Nuovo Testamento
3. Parole ebraiche nel Nuovo Testamento
4. Parole ebraiche nelle nostre lingue
Conclusione
Introduzione
Il Nuovo Testamento, l’abbiamo detto, fu scritto in Greco Koinè. Era la lingua più diffusa al
mondo ed era un greco semplice, colloquiale. Lo potremmo rapportare benissimo all’inglese
di oggi.
Con il mandato di evangelizzare tutti i popoli e l’opera missionaria di Paolo, quella lingua
era la più giusta per la diffusione del Nuovo Testamento.
Ma nonostante l’evangelo e le Sacre Scritture siano ormai diffuse in tutto il mondo e
tradotte in tutte le lingue, non possiamo disconoscere le origini, le radici addirittura, della
nostra fede. Gli apostoli e Gesù vissero in un ambiente culturale ebraico. L’ebraico e
l’aramaico erano le lingue dei primi apostoli e discepoli. Ebraico il loro modo di pensare.Sebbene il loro insegnamento sia stato trasmesso fino a noi in lingua greca (e poi tradotto
nelle nostre lingue) era impossibile che la mentalità e persino le parole della fede giudaica
scomparissero del tutto.
L’autentica essenza della nostra Fede, la sua origine ebraica, è oggi viva e vegeta nelle
nostre Bibbie, vive nel nostro linguaggio, nelle abitudini delle nostre chiese.
Terminiamo le nostre preghiere in tutto il mondo, in tutte le confessioni cristiani, con la
parola ebraica Amen. Nell’adorazione gridiamo al Signore Alleluia. Chiamiamo Gesù
“Messia”, parola che viene direttamente ad entrare nel nostro linguaggio dall’ambientereligioso giudaico: “Cristo” è solo la traduzione greca dell’ebraico “Messia”. E sia in greco
che nelle nostre lingue, il significato è totalmente dipendente dalla cultura ebraica.
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Nelle pagine che seguono approfondisco questo argomento, a mio avviso molto
interessante, ma anche rilevante per una migliore conoscenza della nostra identità di
cristiani.
.
1. La lingua originale del Nuovo Testamento
Fino al 1947 una domanda del genere era impensabile. Si credeva, infatti, che la lingua
parlata in Israele ai tempi di Gesù fosse l’aramaico. Le scoperte di Qumran hanno riaperto il
caso a favore dell’ebraico.
L’aramaico era una lingua internazionale con la quale Israele entrò in contatto
principalmente a causa della deportazione in Babilonia e la seguente dominazione persiana,
fra il 605 ed il 536 a.C.Alcune porzioni dell’Antico Testamento furono scritte in aramaico. Parte del libro di
Daniele, Esdra, un verso di Geremia. Il chiaro intento di queste porzioni era renderle
comprensibili anche ai non ebrei.
Nel libro di Daniele è impossibile non percepire l’intento dell’autore del libro. Egli stesso
infatti introduce il passaggio, nell’originale, dalla lingua Ebraica del primo capitolo a quella
aramaica, che verrà utilizzata per i capitoli da 2 a 6. Daniele 2:4: “ Allora i Caldei risposeroal re in aramaico:…”.
A volte sentiamo parlare di un vangelo di Matteo in originale aramaico, specie all’interno
degli ambienti cattolici. Rimane però la testimonianza di Eusebio di Cesarea, che, nel quarto
secolo, nella sua Storia Ecclesiastica scrive: “Matteo avendo inoltre per primo proclamato ilvangelo in ebraico, quando stava per andare ad altre nazioni, lo affidò alla forma scritta
nella sua lingua d’origine, in maniera da poter supplire alla mancanza della sua presenza fra
loro, con il suo scritto”. Libro I, capitolo 24.
Non sappiamo quanto affidabile sia la testimonianza di questo storico. Ma di sicuro, tutto
nel Vangelo di Matteo è ebraico, tranne la lingua delle evidenze manoscritte giunte fino noi.
Se mai vi è stato un originale di Matteo in ebraico, questo è probabilmente andato
definitivamente perduto. Fino a nessuna nuova scoperta sensazionale in tal senso, è bene
non fantasticare troppo e continuare a pensare che anche Matteo sia stato originariamente
composto in greco.
Recentemente è stata sostenuta la teoria di un Marco ebraico. Ma nessuna tradizione storicaviene in aiuto di una tale supposizione. Anche Marco ci è arrivato solo in greco. E, se
l’identificazione del frammento 7Q5, rinvenuto con altri manoscritti in greco in una delle
grotte di Qumran, si dovesse rivelare fondata, la possibilità di un Marco ebraico
diminuirebbe ulteriormente.
Si ritiene che Luca non fosse ebreo. Quindi, nessun dubbio dovrebbe sussistere sul fatto che
il suo vangelo, così come gli atti degli apostoli, siano stati originariamente scritti in greco.
Eppure proprio il Vangelo secondo Luca ha più semitismi, è più marcatamente dipendente
dal pensiero e dalla lingua ebraica, degli altri due sinottici.Quando Giovanni compose il prologo al suo vangelo, utilizzò è vero il termine Greco logos,
tradotto di solito Parola o Verbo, ma era solo la fedele traduzione della Memra ebraica e del
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significato che i commentatori rabbinici vi attribuivano, ripresi anche da Filone
Alessandrino.
Alcuni commentatori ritengono che l’epistola agli Ebrei sia stata originariamente scritta in
ebraico e che Luca ne abbia effettuato la traduzione in greco. Ma sono solo speculazioniimpossibili da dimostrare allo stato attuale della documentazione in nostro possesso.
Sebbene credo che vadano apprezzati gli sforzi di chi cerca di approfondire sul sostrato
ebraico dei libri neotestamentari, in particolare dei vangeli, credo sia impossibile, basandoci
sulle prove oggettive in nostro possesso, parlare di originali in ebraico. Si può teorizzare
sull’esistenza di originali in ebraico andati perduti. Ma con così poche prove in mano, si
può teorizzare qualsiasi cosa.
E, credetemi, c’è chi lo fa.
Personalmente, preferisco affidarmi alle prove piuttosto che alla capacità deduttiva degli
studiosi.
Quindi possiamo affermare che, all’alba del ventunesimo secolo, gli originali del NuovoTestamento – fino a prova contraria – sono stati composti nell’unica lingua in cui ci sono
giunti, quella greca.
Come dirò nelle pagine a venire, ciò non rende la nostra fede meno indebitata con la cultura
e la lingua ebraiche.
2 . Cultura ebraica e Nuovo Testamento
Come ho già detto, la lingua del Nuovo Testamento sarà pure il Greco, ma i pensieri chestanno dietro, la cultura, i luoghi, l’intera ambientazione, è ebraica.
Gesù disse apertamente che lui era venuto a confermare la Legge mosaica e non ad abolirla.
“ Non pensate che io sia venuto per abolire la legge o i profeti; io sono venuto non per abolire ma per portare a compimento”. Matteo 5:17
Durante i suoi discordi Gesù certamente parlava in aramaico ed ebraico. E’ naturale che gli
evangelisti, nel tradurre le sue parole in greco, devono avere incontrato delle difficoltà. E
certamente non era nemmeno fra i loro scopi tradire l’origine della loro fede. L’atmosfera è
ebraica; ben visibile anche dopo la traduzione in greco e dal greco, nella nostra lingua.
Oggi i predicatori e i commentatori biblici provano letteralmente a tradurre le parole della
Bibbia adattandole alle nostre realtà quotidiane. Visto che la maggior parte del mondooccidentale abita in grandi città, non potremmo essere più lontani dal mondo agricolo e
pastorale di Israele all’inizio del primo secolo d.C.
Consideriamo qualche esempio specifico.
Luca 1:34“Maria disse all'angelo: "Come avverrà questo, dal momento che non conosco uomo?”
La parola che viene di solito tradotta con il verbo “conoscere”, traduce letteralmente il greco
originale. Ma nella nostra lingua, le parole di Maria, prese per quello che sono, non hanno
molto significato.
7/27/2019 Introduzione Alla Lettura Della Bibbia
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Siamo davanti ad un chiaro esempio di un pensiero ebraico espresso con parole greche. Se si
traduce non solo la parola, ma anche l’idea che sta dietro, dovremmo far dire a Maria:
“…visto che io non ho avuto rapporti sessuali con alcun uomo”.
Ma l’espressione biblica è ormai divenuta così comune per i lettori cristiani, e anche al difuori della cerchia dei lettori biblici soltanto, che, a dimostrazione di quanto dico in diverse
parti del mio studio, possiamo sostenere che l’influenza della mentalità semitica è stata tanto
forte nella nostra cultura da arricchire il significato delle nostre parole, estendendolo fino
alla terminologia delle Scritture.
Giovanni 2:1“ Tre giorni dopo, ci fu una festa nuziale in Cana di Galilea, e c'era la madre di Gesù.”
L’apostolo ci informa dicendoci che il matrimonio ebbe luogo di Martedì, giorno comune
per la celebrazione dei matrimoni in Israele. Questa tradizione era collegata alle due volteche Dio definì buona la sua creazione in Genesi 1:10-12, dove le due cose vengono intese
allegoricamente come l’uomo per la donna e la donna per l’uomo.
La Domenica è il primo giorno della settimana. In Italia, purtroppo, mi sono accorto che la
maggior parte della gente ti dirà che il primo giorno della settimana è il Lunedì. Così non è.
Siamo noi ad avere adottato dal mondo ebraico la settimana. Fu l’imperatore Costantino
che, nel suo desiderio di uniformare l’uso dell’impero romano con le abitudini dei molti
cristiani che lo popolavano, la introdusse in occidente. E il Sabato è il settimo ed ultimo
giorno della settimana. La Domenica il primo.
Infatti, in Marco 16:9 leggiamo: “Or Gesù, essendo risuscitato la mattina del primo giorno
della settimana…”Se la Domenica è il primo giorno, ne consegue che il Lunedì sia il secondo e Martedì il
terzo. Le nozze di Cana ebbero luogo di Martedì, in perfetto accordo con l’uso ebraico.
Luca 9:51“Poi, mentre si avvicinava il tempo in cui sarebbe stato tolto dal mondo, Gesù si miserisolutamente in cammino per andare a Gerusalemme”
La traduzione Nuova Riveduta abbandona la traduzione letterale e ne preferisce una che
spieghi il loro senso.
In una traduzione più letterale comprendiamo dal contesto cosa volesse dire il brano, ma è
ovvio che l’espressione idiomatica in grassetto appartiene alla mentalità semitica e non allanostra occidentale.
Luca certamente attinse a fonti ebraiche per le sue narrazioni. Egli traduce dalle sue fonti
(che fossero scritte o orali) in maniera letterale.
Personalmente lo ritengo un pregio del suo lavoro. Preferisco, infatti, anche in campo
lavorativo, leggere una traduzione letterale, piuttosto che una che si limiti a darmi il
significato che il traduttore comprende del testo originale.
Nel caso di Luca 9:51 la scelta della Nuova Riveduta è ininfluente. Si perde però la bellezza
della costruzione originale.
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Luca 11:50-51“…affinché del sangue di tutti i profeti sparso fin dall'inizio del mondo sia chiesto conto aquesta generazione; dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccaria che fu ucciso tra
l'altare e il tempio; sì, vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione.”La contraddizione che salta agli occhi del lettore attento della Bibbia è evidente: Abele fu
davvero il primo uomo ucciso nella Bibbia, ma Zaccaria non fu di sicuro l’ultimo.
Come può avere commesso Gesù un errore così grossolano?
Ebbene, l’apparente contraddizione la spiega benissimo il sostrato ebraico e il contesto nel
quale Gesù pronunciò il suo monito. Egli infatti parlava a persone che avevano ben chiaro in
mente il canone giudaico delle Sacre Scritture. Lì l’omicidio di Zaccaria era narrato
nell’ultimo dei libri sacri, quello delle Cronache. Quindi l’affermazione di Gesù
equivarrebbe a quando oggi noi diciamo: “Dalla Genesi all’Apocalisse”, intendendo dire
“dall’inizio alla fine”; sebbene con molta probabilità l’Apocalisse non è stato l’ultimo libro
del Nuovo Testamento ad essere scritto.Esempi di questo tipo ci mettono in guardia verso chi troppo frettolosamente parla di errori
nella Bibbia.
Marco 4:41“Ed essi furono presi da gran timore e si dicevano gli uni gli altri: "Chi è dunque costui, alquale persino il vento e il mare ubbidiscono”“temettero di grande timore” è la traduzione letterale del Greco di questo brano, ovviamente
dipendente dalla costruzione ebraica della frase. La Nuova Riveduta, lasciando la letteralità
del testo e volendo trasmetterne il significato, traduce: “Ed essi furono presi da gran
timore…”Una costruzione simile la rinveniamo in Matteo 2:10 che legge, traducendo letteralmente:
“veduta la stella gioirono di grande gioia”. La Nuova Riveduta è in questo caso un po’ più
letterale: “Quando videro la stella, si rallegrarono di grandissima gioia.” Evita, però, la
ripetizione che invece esiste anche nell’originale della parola “gioia” come nella mia
traduzione.
Matteo 5:13-16“Voi siete il sale della terra; ma, se il sale diventa insipido, con che lo si salerà? Non è piùbuono a nulla se non a essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del
mondo. Una città posta sopra un monte non può rimanere nascosta, e non si accende unalampada per metterla sotto un recipiente; anzi la si mette sul candeliere ed essa fa luce atutti quelli che sono in casa.”
Il primo ebraismo non visibile perché ancora una volta la Nuova Riveduta non traduce
letteralmente è nella frase che in greco dice così: “non si accende una lampada e la si mettesotto un recipiente”. Il significato della costruzione semitica è ben reso dalla NR.
C’è da notare inoltre quanto sia importante tenere conto del contesto storico e culturale delle
frasi di Gesù, che molto probabilmente fanno perdere all’uomo d’oggi tutto il significatoche avevano allora.
Il sale, infatti, era preziosissimo in tempi antichi. Tanto prezioso che veniva utilizzato
addirittura come moneta – da qui la nostra parola italiana salario, come sinonimo di paga!
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Oggi possediamo frigoriferi e congelatori e, se sudiamo troppo abbiamo degli integratori.
Ma così non era ai tempi di Gesù e queste vitali funzioni erano svolte grazie al sale.
Anche la luce oggi non viene apprezzata come di sicuro lo era allora. Immaginate quanto
sarebbe difficile fare qualsiasi cosa di notte se non avessimo la luce elettrica. Uscire,lavorare, leggere, oggi è tutto più facile grazie all’energia elettrica. Immaginiamo quanto
preziosa doveva essere la luce del giorno, perché permetteva di potere attendere a tutti i
propri affari. La notte era senz’altro molto più insidiosa e piena di pericoli.
3. Parole ebraiche nel Nuovo Testamento
Sarà chiaro ormai al lettore che l’unica vera cosa che riguarda il mondo greco che
rinveniamo nel Nuovo Testamento è la lingua. Pensiero, terminologia, idee, contesto, tutto
appartiene al mondo giudaico.Alcune parole ebraiche sono state addirittura soltanto scritte con alfabeto greco, o nel
nostro, cioè, usando un termine più tecnico, vengono traslitterate e rimangono individuabili
nell’originale o nelle nostre traduzioni.
Vediamone qualche esempio.
Matteo 1:23 è uno dei più famosi.
“ La vergine sarà incinta e partorirà un figlio, al quale sarà posto nome Emmanuele", chetradotto vuol dire: "Dio con noi”.
Come succede in questi brani, l’ebraico è mantenuto e traslitterato in greco e ne viene data
la traduzione. A mio avviso questo rafforza le prove a favore di una composizione originaledei vangeli in greco.
Alcuni dicono che Matteo stava citando qui la traduzione dei Settanta.
Marco 3:17“Giacomo, figlio di Zebedeo e Giovanni, fratello di Giacomo, ai quali pose nome
Boanerges , che vuol dire figli del tuono”.
Marco 5:41“E, presala per mano, le disse: " Talità cum!" che tradotto vuol dire: "Ragazza, ti dico:
àlzati!”
Marco 7:11“Voi, invece, se uno dice a suo padre o a sua madre: "Quello con cui potrei assisterti èCorbàn (vale a dire, un'offerta a Dio)”.
Marco 7:34“ poi, alzando gli occhi al cielo, sospirò e gli disse: “ Effatà!” che vuol dire: “Apriti!”
Giovanni 1:41“Egli per primo trovò suo fratello Simone e gli disse: "Abbiamo trovato il Messia" (che,tradotto, vuol dire Cristo).”
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Messia è la parola ormai entrata nel vocabolario dei paesi di tradizione cristiana ed è
chiaramente presa in prestito dall’ebraico. Cristo è l’adattamento nelle nostre lingue della
sua traduzione in greco.L’ebraico Messias e il greco Cristo significano in realtà “unto”. Ma trovo molto appropriato
l’uso comune di entrambi i termini, visto il senso esclusivo dell’uso di questi per Gesù.
Giovani 1:49“ Natanaele gli rispose: “ Rabbì , tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele”.
La parola Rabbi, cioè Maestro, è di uso così comune anche oggi. Rabbino è una sua
derivazione.
Giovanni 19:13“Pilato dunque, udite queste parole, condusse fuori Gesù, e si mise a sedere in tribunale nelluogo detto Lastrico, e in ebraico Gabbatà.”
Giovanni 19:17“ Presero dunque Gesù; ed egli, portando la sua croce, giunse al luogo detto del Teschio,che in ebraico si chiama Golgota”.
Negli ultimi due esempi, la traduzione precede la parola ebraica.
In Giovanni 19:19-20, troviamo un’informazione molto importante:“Pilato fece pure un'iscrizione e la pose sulla croce. V'era scritto: GESÙ IL NAZARENO,
IL RE DEI GIUDEI. Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fucrocifisso era vicino alla città; e l'iscrizione era in ebraico, in latino e in greco.”Il latino era ovviamente la lingua ufficiale dell’impero romano. L’ebraico era la lingua
parlata in Israele. E il greco, come si vede, era tanto importante nell’impero da affiancarlo
alla lingua ufficiale e del luogo.
Matteo 21:9“ Le folle che precedevano e quelle che seguivano, gridavano: " Osanna al Figlio di Davide!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nei luoghi altissimi!”La parola Osanna è la traslitterazione dell’ebraico Hoshia’na. Come succede spesso, è
difficile esprimere il pieno significato di certe parole o espressioni nel tradurle da una
lingua all’altra. Io traduco spesso dall’inglese (americano) all’italiano e viceversa; quindi
credetemi, so cosa dico. Ad esempio, un vocabolo molto comune nell’americano parlato di
oggi è cool. Nei film lo traducono a volte in un modo, a volte in un altro; ma è perché in
realtà non vi è un corrispondente esatto nella nostra lingua. Tanto che, in certi ambienti, ho
visto che il vocabolo inglese sta entrando anche nel nostro uso; più o meno come la parola
okay, di solito abbreviata ok oggi è stata totalmente incorporata nel nostro vocabolario. Lostesso dicasi per la parola computer . In campo commerciale poi, che è il mio campo
lavorativo l’uso eccessivo della lingua inglese ha portato all’utilizzo di vocaboli (che
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rarissimamente vengono ben pronunciati) dei quali nemmeno si ormai considera
l’equivalente nella nostra lingua: reverse charge, spread , ecc…
Ma tornando al nostro brano biblico in questione, la parola originale Osanna, può essere
tradotta: Salva Ora! Ma è molto più di questa semplice traduzione, come rivela la citazionedel brano messianico dal quale è tratta. Essa rappresenta il grido del popolo al Messia
promesso venuto per salvarli. Ovviamente, il popolo non aveva idea della meravigliosa e
perfetta salvezza che Dio stava per portare a compimento per mezzo di Gesù!
Matteo 27:46“E, verso l'ora nona, Gesù gridò a gran voce: " Elì, Elì, lamà sabactàni?" cioè: "Dio mio,
Dio mio, perché mi hai abbandonato?”
L’evangelista vuole conservare l’originale straziante grido di Gesù sulla croce. Ci riesce
donando ulteriore drammaticità alla forte narrazione della crocefissione.
Lo stesso incidente è narrato in Marco 15:34: “ All'ora nona, Gesù gridò a gran voce: "Eloì,Eloì lamà sabactàni?" che, tradotto, vuol dire: "Dio mio, Dio mio, perché mi haiabbandonato?"
Voglio invitare il lettore a notare una piccolissima differenza fra il resoconto di Matteo e
quello di Marco. Matteo scrive prima di spiegare il significato della frase ebraica un
semplice “cioè”, mentre Marco specifica “che tradotto vuol dire”.
Come ho già detto, ho scoperto il vangelo di Marco dopo averlo letto nell’originale Greco.
In italiano mi sembrava soltanto una versione breve di Matteo. Ma in greco è pieno di
tantissime stupende sfumature che lo rendono insostituibile e di sicuro non soltanto una
versione breve di Matteo.
Per chiudere questo paragrafo presento una serie di parole originali rimaste invariate nel
testo del cosiddetto Sermone della Montagna di Gesù che troviamo nel vangelo di Matteo.
Matteo 5:18“Poiché in verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, neppure un iota o un
apice della legge passerà senza che tutto sia adempiuto.” La parola che troviamo tradotta nelle nostre Bibbie con “in verità”, altro non è nell’originale
greco che la parola Amen, traslitterata in quella lingua dall’ebraico. Sulla parola Amen mi
soffermerò più avanti in dettaglio.
La “iota” ed “apice” fanno riferimento alle parti più piccole della scrittura ebraica.
Il fatto che le nostre Bibbie traducano la parola Amen originale con “in verità”, non ci fa
vedere che questa parola ebraica è rimasta invariata nel greco originale.
Controllando con il software biblico e-sword , ho visto che la frase Amen Amen compare 25
volte nella Bibbia ed è tipica del vangelo di Giovanni. Ma nelle nostre versioni non si vede
perché queste, quasi invariabilmente, traducono “in verità in verità”. La ripetizione due
volte consecutive di una parola è tipica della lingua ebraica. Grazie a Dio anche della nostra
e ciò ci rende più semplice capire il concetto. Ho avuto invece difficoltà a spiegare questo
fenomeno in inglese, perché lo stesso non accade in quella lingua.Visto che Giovanni utilizza la parola ebraica Amen con tanta sicurezza, dando per scontata
la familiarità del termine nella comunità cristiana, ci rendiamo conto di quanto popolare
fosse questa parola nella Chiesa già allora.
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Del resto quasi tutti i libri del Nuovo Testamento terminano con la parola Amen. Tutti
tranne l’epistola di Giacomo - e potrebbe essere un’ulteriore prova dell’antichità di questa
lettera - e gli Atti degli Apostoli che non possono concludersi veramente visto che l’opera
della Chiesa continua a tutt’oggi.
Matteo 5:22“ma io vi dico: chiunque si adira contro suo fratello sarà sottoposto al tribunale; e chi avràdetto a suo fratello: " Raca" sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli avrà detto: "Pazzo!" saràcondannato alla geenna del fuoco.”Vi sono dei termini che non si possono proprio tradurre. Quando parlo con dei miei amici
che non sono italiani, pasta non posso tradurlo; anche se parliamo in inglese, pasta rimane pasta. E la parola pizza, è italianissima, ormai a tutti gli effetti parte del vocabolario inglese.
Una curiosità linguistica è la parola inglese angiovi, al singolare, angiovis al plurale. In
italiano significa aggiuga. Nulla di strano se non il fatto che, non per coincidenza, insiciliano aggiughe si dice angiovi. E’ ovvio dedurre che il vocabolo sia stato preso in
prestito dal siciliano, lingua parlata da molti emigranti italiani in America.
Lo studio delle lingue è molto appassionante. Ad esempio, si riesce ad individuare il ceppo
delle lingue indo-europee da alcuni vocaboli comuni a tutte queste lingue. La parola notte,
ad esempio, è indizio di questa comune origine. Infatti in greco è niuchtos, night in inglese,
nacht in tedesco, nuit in francese, noche in spagnolo.
Ma più sorprendente nei miei studi, è stato scoprire che la parola inglese adobe è diretta
discendente di una parola egiziana! Ma questa è un’altra discussione interamente e lascio il
lettore con la curiosità.
Insomma, fondamentalmente non siamo i primi a mischiare elementi della nostra propriacultura con quella di altri. E’ un fenomeno linguistico normale, con molti precedenti.
Torniamo al Sermone di Gesù.
Matteo 6:24“Nessuno può servire due padroni; perché o odierà l'uno e amerà l'altro, o avrà riguardo
per l'uno e disprezzo per l'altro. Voi non potete servire Dio e Mammona.”La parola Mammona viene dall’ebraico, ma la cosa strana in questo brano è che viene
declinata secondo le regole della lingua greca come in italiano viene italianizzata dai
traduttori.
5. Parole ebraiche nella nostra lingua
Alcune parole provenienti dalla lingua ebraica, sono ormai parte del nostro vocabolario e le
utilizziamo con naturalezza senza avere bisogno di tradurle. Questo in Chiesa e fuori dalla
Chiesa. Sebbene è solo nell’uso religioso che questi vocaboli vengono onorati rispetto alla
profondità di significato che intendo esprimere. Si pensi a quanto blasfemo sia l’uso della
parola Alleluia al di fuori della lode a Dio: provo un fastidio fisico quando sento dellecanzoni che la utilizzano con una leggerezza imperdonabile.
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AMEN
E’ la più comune fra le parole provenienti dalla tradizione giudaica. La parola si trova nel
nostro Nuovo Testamento più volte di quelle che vediamo nella traduzione in italiano.Infatti, spesso quello che in greco era stato mantenuto, per amore di chiarezza viene spesso
tradotto con “in verità” o “in verità in verità”, quest’ultima espressione essendo tipica del
vangelo di Giovanni.
La prima volta che troviamo la parola nel Nuovo Testamento è in Matteo 6:13, nella
preghiera chiamata “Padre nostro”. E’ oggi nostro uso chiudere tutte le nostre preghiere – e
credo sia comune a tutta la cristianità – con la parola ebraica Amen.
In questo caso la parola significa esattamente la traduzione che ne viene data molto spesso,
e cioè “così sia”: esprime la certezza della fedeltà di Dio in risposta alla preghiera.
L’ultima volta che la parola compare nel Nuovo Testamento è alla fine dell’Apocalisse. E’
la parola conclusiva delle nostre Bibbie: e non se ne poteva trovare una migliore.In questo senso viene utilizzata spesso (io lo faccio onestamente) come parola di assenso ad
un discorso, a denotare che “è così”.
ALLELUIA – in ebraico ו ל ל ה
Il Salmo 111:1 legge:
“ Alleluia. Io celebrerò il SIGNORE con tutto il cuore nel convegno dei giusti enell'assemblea.”Apocalisse 19:1: “ Dopo queste cose, udii nel cielo una gran voce come di una folla
immensa, che diceva: "Alleluia! La salvezza, la gloria e la potenza appartengono al nostro Dio…”
ABBA
Marco 14:36“Diceva: "Abbà, Padre! Ogni cosa ti è possibile; allontana da me questo calice! Però, nonquello che io voglio, ma quello che tu vuoi”.
Romani 8:15
“E voi non avete ricevuto uno spirito di servitù per ricadere nella paura, ma avete ricevutolo Spirito di adozione, mediante il quale gridiamo: "Abbà! Padre!”
Galati 4:6“E, perché siete figli, Dio ha mandato lo Spirito del Figlio suo nei nostri cuori, che grida:"Abbà, Padre”.
La parola Abba è di origine aramaica. E’ un’espressione familiare per rivolgersi al padre.
Deve essere stata così comune e allo stesso tempo dal significato così peculiare, che gliautori del Nuovo Testamento hanno voluto mantenerla per tramandarla a tutti i credenti.
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MARAN ATHA
Paolo utilizza questa parola in 1 Corinzi 16:22:
“Se qualcuno non ama il Signore, sia anatema. Maran atha.”Questa parola doveva essere di uso così comune fra i cristiani delle origini che Paolo la
utilizza, senza aggiungere alcuna spiegazione ad essa, certo che coloro che l’avrebbero letta
erano al corrente del suo significato.
La parola è aramaica e il suo significato lo troviamo espresso altrove nella Bibbia stessa:
Apocalisse 22:20: “Colui che attesta queste cose, dice: "Sì, vengo presto!" Amen! Vieni,
Signore Gesù!”
Nel termine originale è sia racchiusa la fede nel prossimo ritorno di Gesù Cristo che la
preghiera stessa della Chiesa. Tale ambivalenza non poteva tradursi interamente e, quindi, il
termine deve essersi diffuso fra i credenti anche non di lingua ebraica.
In sé poi l’aramaico originale significava: Il Signore è venuto
Il Signore è presente
Il Signore viene
E’ entusiasmante vedere la stessa sostanza della nostra fede racchiusa all’interno di una
parola sola!
Credo dovremmo utilizzare questa parola con la stessa frequenza con cui ricordiamo il
termine Alleluia.
MESSIA
Giovanni 1:41“ Egli per primo trovò suo fratello Simone e gli disse: "Abbiamo trovato il Messia" (che,tradotto, vuol dire Cristo)”
Giovanni 4:25“La donna gli disse: "Io so che il Messia (che è chiamato Cristo) deve venire; quando saràvenuto ci annunzierà ogni cosa”.
Questo termine ebraico è così diffuse che non è mai tradotto. Significa unto, come ho già
detto. La parola Messia nella nostra lingua ha dato origine all’aggettivo messianico, che nonha un parallelo nel corrispondente termine derivato dal greco in uso nella nostra lingua, cioè
Cristo. Quest’ultima parola è ormai talmente associata al nome di Gesù, da esserne
diventata completamento e sinonimo allo stesso tempo. Il termine d’origine ebraica Messia
invece, non ha mai perso il profondo significato religioso che la caratterizza.
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Conclusione
Abbiamo perso il sostrato ebraico nel Nuovo Testamento? La risposta è decisamente: No.
Al contrario, è vivo e vegeto; oggi come duemila anni fa. Era lì in evidenza quando veniva
utilizzato il greco per scrivere le Scritture della nuova fede. E’ visibile ancora oggi nelle
nostre traduzioni. E’ presente nel nostro linguaggio quotidiano e non solo religioso.
Anziché scomparire, la cultura ebraica è predominante nella fede cristiana; nella dottrina e
nella prassi.
E’ lì quando diciamo Amen per assentire nelle nostre riunioni alla parola di un fratello o
quando chiudiamo la nostra preghiera. E’ lì quando, durante l’adorazione, diciamo Alleluia.
E’ lì anche quando definiamo Gesù “Re dei Re e Signore dei Signori” che altro non è se non
la forma ebraica italianizzata per esprimere il superlativo assoluto.Il linguaggio biblico e la cultura ebraica hanno influenzato profondamente il cristianesimo,
divenendo parte stessa della nostra identità religiosa. Senza la fede ebraica non vi sarebbe
cristianesimo. Questo è quanto siamo in debito con la fede di Israele, alla quale dobbiamo
guardare con profondo rispetto. Chi non lo fa, dimentica che Gesù per primo era un giudeo,
osservante della Legge mosaica in maniera impeccabile. Egli era discendente di Davide. Fu
circonciso come ogni ebreo. Si recava nelle sinagoghe, dove leggeva e spiegava le Scritture
ebraiche: era infatti chiamato Rabbi. La sua vita non solo fu vissuta in base
all’insegnamento della Tanakh, ma ne fu il perfetto adempimento. Rinnegare la fede ebraica
significa rinnegare Cristo e noi stessi, seguaci di Gesù di Nazaret.
A tutti gli effetti, possiamo dire che il cristianesimo è nato dall’ebraismo ed è un suosviluppo, nato dalla “rivoluzione” di Gesù, nel quale i cristiani hanno riconosciuto il Messia
atteso da Israele e promesso dalle Scritture ebraiche.
Ho letto libri di studiosi che lamentano la scomparsa della lingua e cultura ebraica nel
Nuovo Testamento e nella cristianità.
Ho letto libri di studiosi che lamentano la scomparsa della lingua e cultura ebraica nel
Nuovo Testamento e nella cristianità. Non potrei essere meno d’accordo. Nei primi secoli le
sette gnostiche volevano disconoscere l’eredità giudaica della fede cristiana, facendo quasi
del cristianesimo un erede del sofisticato sistema filosofico greco piuttosto che pensiero
ebraico. I risultati furono disastrosi. Marcione, nel secondo secolo, cancellò dalle sue copie
del Nuovo Testamento ogni traccia della cultura ebraica (come se si potesse!) mantenendosolo parte del vangelo di Luca e delle epistole di Paolo. Altri gnostici arrivavano a ritenere
che fosse stato il diavolo a dare la Legge mosaica.
La Chiesa rispose a questi tentativi riconoscendo nel proprio Dio, nel Dio di Gesù Cristo, il
Dio nazionale di Israele che aveva ispirato l’Antico Testamento, patrimonio ormai della
fede cristiana quanto di quella ebraica.
Traducendo da una lingua ad un’altra spesso si incontrano dei punti dove è inevitabile che
qualcosa vada perso. Ma è mia convinzione che il sostrato ebraico e la terminologia propria
della fede veterotestamentaria era così forte da non scomparire semplicemente perché ilNuovo Testamento veniva scritto in un’altra lingua. Del resto, grazie all’uso molto diffuso
della Settanta, la traduzione dell’Antico Testamento in quella lingua, la fede ebraica era già
venuta a “scontrarsi” con la lingua ed il pensiero greco. Io sostengo al contrario di alcuni
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che l’ebraico ha così tanto asservito il greco (e anche le nostre traduzioni – specie quelle
letterali) che: la lingua è si greca, ma la costruzione delle frasi è in alcuni punti palesemente
ebraica; alcuni termini erano così preziosi in originale che sono stati conservati intatti nel
Nuovo Testamento e sono giunti sino ai giorni nostri, a testimonianza della Chiesa non diliberarsi della sua originaria cultura ma di farla propria, riconoscendone il valore
inestimabile.
Alcune parole ebraiche hanno finito per influenzare la valenza del termine nelle nostre
lingue per asservirlo al concetto originale biblico. Ad esempio, la parola profeta che traduce
l’ebraico Nabi è stata quasi del tutto svuotata del suo significato laico di “colui che predice
il futuro” a favore del significato ebraico di “colui che parla in nome di Dio.” La frase
“ profeta in patria” è poi comunissima in italiano ed è ovviamente una citazione delle parole
di Gesù.
In Italia gli evangelici siamo abituati a salutarci dicendoci “Pace”. Ma sebbene il vocabolo
nella nostra lingua derivi dal latino, il nostro saluto non richiama di certo la “pax romana”quanto invece il meraviglioso significato dell’ebraico Shalom.
Dobbiamo essere coscienti e fieri delle radici ebraiche della nostra fede Cristiana.
Chiudendo questo mio piccolo studio non credo che sia fuori posto evidenziare come, detto
quanto sopra, è impossibile per un cristiano che esso sia animato da sentimenti contro il
popolo ebraico. L’antisemitismo non può riguardare un autentico cristiano. E’ come se un
figlio odiasse i suoi stessi genitori, o forse, se stesso!
Un tale sentimento di odio nei confronti del popolo Israeliano non è sostenuto in nessun
punto del Nuovo Testamento. Paolo parla dei suoi sentimenti verso il suo popolo in Romani
capitolo 11.
I cristiani autentici non possono non pregare continuamente per il popolo di Dio,condannando senza riserve qualsiasi forma di odio o risentimento nei confronti del popolo
di Israele, “perché i carismi e la vocazione di Dio sono irrevocabili.”, Romani 11:9.
Shalom.
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Appendice II
La ScritturaDalle rive del Nilo, del Tigri e dell’Eufrate ai giorni nostri
Per quello che ne sappiamo la scrittura fu introdotta in Mesopotamia dai Sumeri, circa 3300
anni prima di Cristo. Fu un’invenzione pratica, se non nata a questo scopo comunque subito
legata alle necessità amministrative crescenti delle comunità cittadine e di
un’organizzazione statale sempre più complessa.
I primi testi furono di natura amministrativa, affiancati da quelli scolastici, per la
formazione degli scribi.
L'importanza della scrittura è evidente. Essa permise di rappresentare, ordinare e catalogarela realtà e, quindi, in un certo senso di poterla controllare. Fu naturale che i detentori di
questo nuovo "potere", gli scribi, assumessero un'importanza fondamentale all'interno di
uno stato organizzato.
L'importanza dell'apporto dei Sumeri nel campo della scrittura fu determinante ed influenzò
tutta la Mesopotamia: lingua e scrittura erano infatti, nel sumerico, l’una molto dipendente
dall’altra. Con la caduta di Ur e poi di Isin e Larsa, il sumerico divenne una lingua morta a
favore dell'accadico. Essa, però, rimase comunque indispensabile per il bagaglio culturale
degli scribi, fondamentale per una esatta comprensione della scrittura anche se questa
adesso era passata al servizio della lingua accadica.
La scrittura cuneiforme dovunque verrà adottata, rimarrà legata a queste lingue per le qualiera nata. Con essa viaggeranno anche i testi ai quali diede vita, rendendoli parte inscindibile
del patrimonio della stessa scrittura. Dall’antica mesopotamia ci arrivano i poemi su
Gilgamesh o Ermerkar, eroi leggendari, poemi su Ishtar, narrazioni sugli eroi del diluvio,
sul grande re Sargon, sono stati tramandati da generazioni di scribi, consci di quanto la
scrittura cuneiforme fosse intimamente legata alle lingue e tradizioni che l’avevano
prodotta.
Già nella Ebla presargonica (2500-2300
a.C), vi era un forte scambio culturale,
tale che gli scribi eblaiti andavano a
studiare a Mari, dove erano presentimaestri provenienti da Kish. Qui
accanto una foto degli archivi di Ebla al
momento del loro ritrovamento.
La fortuna delle spedizioni
archeologiche ad Ebla è nota. Sono stati
ritrovati molti testi. Fra questi hanno
particolare significato storico il trattato
commerciale fra Ebla e la città di Assur e una lettera del re di Mari scritta a quello di Ebla.
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Il primo codice di leggi che si conosca è quello del re di Ur III (2120-2000 a.C.) Ur-
Nammu. In Ur III la burocrazia amministrativa è stata rinforzata con il conseguente
aumento di documenti ufficiali, documenti catastali, contratti, ecc…
L’unico ambiente dove la scrittura cuneiforme riesce a svincolarsi in una certa misura dalla
tradizione sumero-accadica, per essere utilizzata al servizio della lingua locale è stato presso
gli Ittiti. Sebbene l’influenza babilonese sia forte ed i maggiori poemi, su Gilgamesh,
Naram-Sin o Sargon sono comunque tradotti e diffusi, la lingua hittita fece propria la
scrittura cuneiforme in maniera che non trovava precedenti.
In Egitto, la scrittura per eccellenza, di pocomeno antica di quella sumerica, è quella
geroglifica (nell’immagine a sinistra), molto
impressionante dal punto di vista estetico e
pregna di significato per il popolo egiziano.
Questa veniva preferita a forme alternative di
scrittura già disponibili da tempi remoti. La
cosiddetta scrittura ieratica (nell’immagine del
graffito a destra) era meno suggestiva di quella
geroglifica.
La produzione letteraria egiziana ci ha lasciato vario materiale. Il racconto di Sinuhe è moltofamoso. Gli scritti del faraone Kheti IV, Ammaestramenti per il re Merikara, sono segnalati
da Rohl nel suo libro “Il testamento perduto”,
come prodotti del regno medio.
La scoperta dell’archivio della corrispondenza dei
faraoni, nell’odierna Tell El-Amarna ha rivelato
lo scambio epistolare fra il faraone e i re medio-
orientali. Le tavolette sono scritte nella lingua internazionale, l’accadico, nella scrittura in
caratteri cuneiformi, accanto alle traduzioni in egiziano.
Accanto, a destra, una delle lettere dell’archivio dei faraoni.
La grande nuova rivoluzione nel mondo della scrittura avverrà con lanascita della scrittura alfabetica.
Per trovarne le prime tracce archeologiche dobbiamo considerare i
graffiti delle miniere del Sinai, dove si è rintracciato un sistema
alfabetico, definito protosinaitico. Questo è ricollegabile alla scrittura
geroglifica egiziana che contemplava dei segni
con valenze mono-consonantiche.
Nella famosa immagine qui a destra, il nome
del sovrano Nar-mer è scritto utilizzando tale sistema. Fu naturaleche tale potenzialità della scrittura egiziana venisse sfruttata per
trascrivere i nomi semitici. Sul passo successivo che porta alla
creazione di un vero e proprio alfabeto merita di essere citato lo
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studioso David Rohl: “…ci vollero le capacità poliglotte di un colto principe d’Egitto ebreo
per trasformare queste prime semplici incisioni in una scrittura funzionale, capace di
veicolare idee complesse e un racconto fluente. I Dieci Comandamenti e le Leggi di Mosè
erano scritte in lingua protosinaitica. Il profeta di Yahweh, che aveva dimestichezza sia conla letteratura epica egizia, sia con quella mesopotamia, non fu solo il padre fondatore del
Giudaismo, della Cristianità e, attraverso le tradizioni craniche, dell’Islam, ma fu il
progenitore delle scritture alfabetiche ebraica, Cananea, fenicia, greca e, quindi, del
moderno mondo occidentale.” – David Rohl, Il Testamento Perduto, Newton & Compton
Editori, pag.222- 223.
La testimonianza archeologica che segue in ordine cronologico è quella dei ritrovamenti di
Ugarit, nel secondo quarto del secolo scorso.
La vasta documentazione qui rinvenuta dimostrò l’esistenza di un alfabeto, utilizzato per la
composizione di diversi documenti.
Impensabile con il senno di poi, ma consuetudine storica, il rifiuto del nuovo fece si che inambito ufficiale l’alfabeto non fosse accettato e la classe degli scribi, e quindi le
documentazioni ufficiali, rimanessero ancorate al sistema di scrittura tradizionale. La
scrittura alfabetica è presente ad Ugarit solo negli scritti di genere narrativo.
Il tragitto dal primo alfabeto fino a quello oggi in uso sono visibili confrontandone le forme
più conosciute:
l’alfabeto ugaritico,
fenicio,
greco antico
latino.
Nel chiudere questa discussione voglio aggiungere le mie personali impressioni raccolte
parlando con amici e conoscenti di alcuni dettagli delle mie ricerche.
E’ mia opinione che l’uomo occidentale moderno, abbia perso di vista quanto relative siano
molte delle cose che egli ormai istintivamente considera assolute. La scrittura è una diqueste. C’è la tendenza a considerare l’alfabeto come la migliore maniera per scrivere una
lingua. Ma cosa significa “migliore”? Oggi, come nell’Egitto dei faraoni, vi sono popoli
che preferiscono non perdere la loro scrittura, sebbene complicata, difficile da apprendere,
impossibile da applicare ad altre lingue se non quella per la quale è nata, ma comunque
amata e conservata perché patrimonio inscindibile della lingua stessa e della cultura che in
essa si racchiude.
E’ il caso del giapponese e del cinese, per citare i due esempi più noti.
L’alfabeto è in realtà solo la maniera più pratica conosciuta per rappresentare il linguaggio
in forma scritta.
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E’ la stessa problematica della datazione. Noi occidentali immaginiamo, o forse speriamo
che tutto il mondo e tutta la storia si debba inchinare al nostro calendario e siamo quasi
indignati quando scopriamo che millenni di storia umana è riuscita ad andare avanti senza!
Per fortuna, la suggestiva scrittura a caratteri cuneiforme e i meravigliosi geroglifici e lascrittura ieratica egiziani hanno resistito per secoli, per comunicarci il patrimonio culturale,
non solo le parole che essi volevano rappresentare ma la stessa genialità, senso del bello e
cultura delle lingue e dei popoli che li hanno prodotti.
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Appendice III
Narrazione biblica della creazione e Scienza
Permettetemi di dire qualcosa circa la narrazione dei primi capitoli del libro della Genesi
sulla creazione del mondo.
Ci troviamo davanti ad uno dei testi più controversi della storia dell’umanità.
Più di una volta mi sono sentito dire, o ho sentito dire, che la narrazione della Genesi
sull’origine del mondo è ridicola o insostenibile. Io credo che ci troviamo solo davanti ad un
difetto di prospettiva e i millenni non hanno offuscato la bellezza e il profondo significato
delle prime pagine della Bibbia. E, sono convinto, qualsiasi altro modo di scrivere l’origine
del mondo non avrebbe potuto essere altrettanto efficace.
Infatti, non dico nulla che non sia ovvio se affermo che la Bibbia, apparentemente cosìsemplice, eppure tanto profonda, è riuscita a comunicare con gli uomini vissuti da 3500 anni
fino ad oggi. E non dico nulla che non sia vero quando affermo che la Bibbia, in un modo
che nessun testo scientifico ha mai eguagliato, è riuscita a parlare dell’origine del mondo a
miliardi di persone in maniera comprensibile e chiara.
Gli scienziati accreditati da una generazione, sono già sorpassati da quella seguente. Infatti,
sebbene la scienza sia molto accreditata in astratto, praticamente non esiste alcuna “Bibbia
della Scienza”, cioè un libro che: - Contenga con il consenso unanime della comunità
scientifica e in maniera definitiva, le prove sull’origine della razza umana e del nostro
universo; -che sia leggibile con profitto da qualsiasi uomo.
Se mai un tale testo comparirà, ciò accadrà fra millenni e si deve pensare che tutta l’umanitàsarà composta da geni in grado di capirne il contenuto.
Ci troviamo davanti ad una eventualità piuttosto remota.
Del resto, e forse questo elemento invece basilare sfugge ai più, la scienza e la Parola di Dio
non riescono a viaggiare sullo stesso binario perché, in un certo senso, viaggiano su binari
paralleli.
La scienza riempie pagine e pagine per spiegare il lungo tragitto della vita dall’origine
dell’universo fino ai giorni nostri, un fatto che nella Scrittura è spiegato con un chiaro
simbolismo dai toni molto semplici ed universali.
La Bibbia dal canto suo, più che essere interessata alle modalità creative, si interessa e
spiega che l’origine dell’universo è opera di un essere soprannaturale dotato di una suapersonalità e di una sua volontà, Dio.
Vediamo con un esempio pratico cosa voglio dire.
I libri di scienza di oggi ci dicono che 15 miliardi di anni fa ebbe luogo il Big Bang che
diede origine al nostro universo. L’ho appunto studiato con mio figlio l’anno scorso,
aiutandolo con i compiti di scuola – ai miei tempi non esisteva il Big Bang. L’ho trovato
interessante. Sebbene il titolo del capitolo del libro era ridicolo e almeno scientificamente
inaccurato: “La Storia Vera”. L’ho cancellato spiegando a mio figlio che stavamo invece
studiando una teoria sull’origine dell’universo, sebbene la teoria che oggi gode di maggiorcredito nell’ambito scientifico.
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Ora, la scienza immagina questo Big Bang e prova a spiegare cosa è avvenuto da quel
momento in avanti. Come questo sia in contrasto con quello che dice la Bibbia io non riesco
a capirlo.
Perché cosa cambia alle nostre conoscenze scientifiche credere che dietro il Big Bang e tuttigli eventi che sono seguiti se dietro quella serie di circostanze “favorevoli” alla creazione
dell’universo come lo conosciamo noi credenti vediamo la mano di un’intelligenza
superiore? Anzi, nelle teorie scientifiche che non sanno alla fine spiegare la causa
all’origine di ogni cosa se non una fortuita casualità, troviamo un fondamento persino
razionale per non percepire nessun vero contrasto fra fede e scienza, né fra testi scientifici e
testi sacri.
Infatti, un’altra tiratina d’orecchi va a quei cristiani che vorrebbero fare della Bibbia un libro
scientifico, quando non lo è. Il fine che guida un autore può richiedere un linguaggio
adeguato ai suoi scopi.
Porto un altro esempio pratico.Avete mai provato a spiegare qualcosa di molto complicato ad un bambino? Dovrete
mettere da parte l’accuratezza per amore della chiarezza.
Insomma, sembra che chi non crede rimproveri a Dio di avere scritto un libro sulla
creazione troppo semplice ed elementare. Ma qualcuno si ritiene all’altezza di potere
leggere con successo un trattato esattamente scientifico scritto da Dio che spiega come ha
creato il mondo? Non è forse vero che gli stessi scienziati quando scrivono opere
divulgative rivolte ad un pubblico di gente comune semplificano il loro linguaggio e i
concetti espressi per permettere una migliore comprensione da parte dei profani. Tanto più
Dio se spiega le cose agli uomini di millenni di generazioni.
In questa prospettiva, l’universalità ed efficacia della narrazione biblica non possonomettersi in discussione in questa prospettiva.
Voglio chiudere questa breve discussione proponendo quella che secondo me è la semplice
chiave di serenità per fans della scienza e credenti. Per risolvere ogni discussione in merito a
certi argomenti invece tanto dibattuti basterebbe leggere i libri di scienza per cercare verità
scientifiche e gli scritti religiosi per cercare verità religiose e non darsi al frustrante tentativo
di fare il contrario.
Per aggiungere una nota personale, dirò che sono un fan di scienza e soprattutto di
fantascienza. Non credo nella teoria dell’evoluzione e credo che prima o poi salterà fuori
qualche altra teoria che la rimpiazzerà. Sono perplesso sul Big Bang e vedremo cosa
confermeranno o sconfesseranno gli esperimenti di Bruxelles.
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Appendice IV
Cronologia delle epistole dell'apostolo Paolo
Indice
Introduzione
Gli eventi principali della vita di Paolo - schema
La cronologia delle epistole
Le epistole di Paolo in ordine cronologico - schema
collocazione delle epistole all'interno dell'opera missionaria - schema
Introduzione L’esigenza di trovare un ordine cronologico alle epistole dell’apostolo Paolo, credo sorga
spontaneo insieme ad una intenzione di un serio studio delle stesse.
Le tredici lettere di Paolo, quattordici se includiamo l’epistola agli Ebrei, così come le
ritroviamo nelle edizioni che comunemente utilizziamo del Nuovo Testamento, non sono
ordinate per data di composizione o qualsivoglia altro criterio che possa giovare allo
studente serio del Nuovo Testamento. E' spontaneo quindi cercare di trovare una
collocazione delle stesse lettere all’interno dell’attività dell’apostolo come riportata nel libro
degli Atti degli Apostoli e provare a datarle.
Questo brevissimo studio intende fornire una possibile cronologia delle stesse al lettore.Il fatto che questo lavoro sia breve e di estrema semplicità è sua caratteristica essenziale
perchè possa essere di facile uso ed accesso, complemento alla lettura della Bibbia e non
sostituto, ciò persino a rischio di una estrema esemplificazione delle problematiche
coinvolte -non risolte comunque nemmeno dalle lunghe discussioni e dissertazioni
proponenti ed esaminanti tutte le opzioni disponibili.
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Gli eventi principali della vita di Paolo
La cronologia delle epistole
Al periodo del secondo viaggio missionario possiamo far risalire le epistole I e IITessalonicesi, talché queste risultano essere le prime scritte da Paolo.
Durante il terzo viaggio missionario, fra il 57 e il 58 d.C., scrisse I Corinzi, da Efeso, II
Corinzi e Galati, dalla Macedonia, e Romani, da Corinto.Al periodo della prigionia a Roma vanno ascritte Filippesi, Efesini, Colossesi e Filemone.
Visto il silenzio su quanto avvenuto dopo l’imprigionamento di Paolo a Roma descritto in
Atti 28, non è certo se I Timoteo, Tito e II Timoteo, siano state scritte durante questo
imprigionamento o durante l’ipotetica liberazione che molti suppongono abbia preceduto un
secondo imprigionamento e la condanna a morte. Ad ogni modo, nell’ordine in cui le ho
menzionate, queste sono state le ultime epistole di Paolo.
I Tessalonicesi. Venne scritta durante il soggiorno di Paolo a Corinto, come si comprende mettendo a
raffronto Atti 18:5 con I Tessalonicesi 3:6.I dati cronologici ricordati da Paolo sono facilmente inseribili nella cronologia del libro
degli Atti.
In Atti 17 Paolo fonda la chiesa di Tessalonica, Atti 17:1-4. A seguito di persecuzioni da
parte dei giudei del posto, fuggirono a Berea, Atti 17:5-12. Quindi ancora raggiunti daipersecutori di Tessalonica, passano ad Atene, Atti 17:13-15.
Da Atene (il soggiorno in questa città è descritto in Atti 17:16-34) Paolo manda Sila e
Timoteo a vedere il benestare dei Tessalonicesi.
Qui si introduce il discorso di I Tessalonicesi 3:1-5. Timoteo torna da Paolo quando questisi trova già a Corinto. I Tessalonicesi 3:6. Atti 18:1-5.
L’anno di composizione di I Tessalonicesi è quindi il 52 d.C.
I Corinzi.
Atti 9 36 d.C. Conversione di Paolo
Galati 1:16-17 Sale a Damasco
Si reca in Arabia
Torna a Damasco
Atti 9:9 – Galati 1:18 38 Prima visita di Paolo a Gerusalemme
Atti 11:30 Seconda visita di Paolo a Gerusalemme
Atti 13-14 – Galati 1:21-24 I viaggio missionario
Atti 15 – Galati 2 51 Terza visita di Paolo a Gerusalemme
Atti 16:1-18:22 51-54 II viaggio missionario
Atti 18:23-21:17 54-58 III viaggio missionario
Atti 21-28 58-62 Prigionia di Paolo
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Fu scritta da Efeso, durante il soggiorno dell’apostolo descritto in Atti 19. E’ lo stesso Paolo
a specificarlo: "...Ma mi fermerò in Efeso fino alla Pentecoste", I Corinzi 16:8.
La lettera risale quindi alla primavera dell’anno 57 d.C.
Galati Alcuni fanno precedere le epistole ai Corinzi da quella ai Galati. Altri rimuovono addirittura
quest’ultima epistola da questa collocazione e sostengono questa essere la prima opera di
Paolo e risalente addirittura al 48 d.C.
Per sostenere una datazione tanto antecedente, bisogna considerare errata la sequenza di
eventi che abbiamo descritto nel primo capitolo.
L’incontro cui si fa riferimento in Galati 2:1 e segg. non sarebbe avvenuto nella stessa
occasione che ha portato alla conferenza di Gerusalemme di Atti 15. Sarebbe invece da
considerarsi avvenuto durante la seconda visita a Gerusalemme di Paolo, descritta in Atti
11:30.Ancora, bisogna anche considerare come Galazia la regione che Paolo aveva visitato
durante il suo primo viaggio missionario, Atti 13:14 e segg., e non la provincia romana sita
molto più a nord raggiunta durante il secondo viaggio Atti 16:6.
E’ improbabile che entrambe le condizioni citate per una datazione tanto anteriore siano
possibili.
Il facile inserimento cronologico negli eventi come descritti al capitolo I depone a favore
d’una datazione più tarda. La seconda visita a Gerusalemme di Paolo aveva una
motivazione molto particolare e non si concilia con la sua affermazione di Galati 2:1, dove
dice che saliva a Gerusalemme "in seguito ad una privata rivelazione". Quest’ultima può
invece inserirsi in Atti 15:1-2, come conferma della decisione specifica presa dalla chiesa diAntiochia per risolvere la questione dei Gentili, tema anche di Galati.
La presa di posizione pubblica di Paolo nei confronti di Pietro può essere giustificata solo se
seguente alla decisione degli apostoli di Atti 15.
E’ poi più naturale che per Galazia, Paolo intendesse la regione denominata apertamente in
questa maniera nelle narrazioni degli Atti 16:6 e segg. E ancora, il primo viaggio
missionario mi sembra venga nominato già prima della conferenza di Gerusalemme,
saltando il secondo viaggio a Gerusalemme. Confrontando Galati 1:21 con Atti 15:41
l’attinenza mi sembra evidente.
Una datazione che la collochi fra II Corinzi e Romani non può sostenersi in maniera
assoluta, sebbene io la proponga perchè convinto dalla accuratezza della presentazione dellatesi dal grande studioso del secolo scorso Lightfoot, dalla cui opera del resto dipende in
maniera determinante questa mia discussione. Se però è accetabile, come fanno alcuni, porre
Galati prima di I Corinzi, non sembra accetabile considerarla la prima epistola paolina.
Filippesi, Efesini, Colossesi e Filemone. Non possiamo essere dogmatici sulla sitemazione che vede Filippesi come antecedente ad
Efesini, Colossesi e Filemone, ma per certo queste ultime tre hanno viaggiato insieme e
quindi sono state scritte coevamente durante la prigionia dell’apostolo a Roma.Il punto di connessione fra le tre lo ricaviamo dalle chiuse delle tre lettere in questione.
In Efesini Paolo nomina Tichico: "...Tichico, il caro fratello e fedel ministro del Signore, vi
farà sapere tutto. Ve l’ho mandato apposta...", Efesini 6:21-22.
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Nella chiusa di Colossesi leggiamo: "...Tutte le mie cose ve le farà sapere Tichico, il caro
fratello e fedel ministro...e con lui ho mandato Onesimo, che è dei vostri...", Colossesi 4:7,9.
La lettera a Filemone viaggia chiaramente con Onesimo: "...Onesimo...io te l’ho rimandato",
Filemone v.11.E’ chiaro quindi che Tichico e Onesimo viaggiavano insieme, portando alle chiese le
epistole agli Efesini e ai Colossesi, nonché la lettera personale per Filemone.
Le epistole di Paolo in ordine cronologico
Durante il II viaggio di Paolo - Atti 16:1-18:22
I Tessalonicesi 52 d.C. da Corinto
II Tessalonicesi
Durante il III viaggio di Paolo - Atti 18:23 I Corinzi Primavera 57 d.C. da Efeso
II Corinzi Autunno 57 d.C. Dalla Macedonia
Galati Autunno 58 d.C. Dalla Macedonia
Romani 58 d.C. Da Corinto
Durante la prigionia a Roma - Atti 28:11-31
Filippesi
Efesini
Colossesi
FilemoneDurante la prigionia o la seguente liberazione se mai occorsa
I Timoteo
Tito
II Timoteo
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Collocazione delle epistole all'interno dell'opera missionaria di Paolo
Atti 9 36 d.C. Conversione di PaoloGalati 1:16-17 Sale a Damasco
Si reca in Arabia
Torna a Damasco
Atti 9:26 – Galati 1:18 38 Prima visita di Paolo a Gerusalemme
Atti 11:30 Seconda visita di Paolo a Gerusalemme
Atti 13-14 – Galati 1:21-24 I viaggio missionario
Atti 15 – Galati 2 51 Terza visita di Paolo a Gerusalemme
Atti 16:1-18:22 51-54 II viaggio missionario
I TessalonicesiII Tessalonicesi
Atti 18:23-21:17 54-58 III viaggio missionario
I Corinzi
II Corinzi
Galati
Romani
Atti 21-28 58-62 Prigionia di Paolo
Filippesi
Efesini
Colossesi
Filemone
I Timoteo
Tito
II Timoteo
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Qui di seguito una mappa dove sono tracciati i viaggi dell’apostolo Paolo
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APPENDICE V
La Corrispondenza di Amarna e la New Chronologydue possibili datazioni a confronto
E’ paradossale che Akhenaton sia passato alla storia come il Faraone eretico per via del suo
monoteismo che rompeva con i tradizionali culti egiziani. Ma si sa, ogni rivoluzione
culturale drastica, che rompa col passato è di per se eretica. E ogni tentativo di sovvertire
l’ordine costituito, persino per la più nobile delle cause o il più alto degli ideali, è malvisto.
Specie se va ad urtare gli interessi di chi anche grazie al sentimento religioso occupa
posizioni di rilievo e potere. La lotta del faraone per la sua religione divenne più importantee significativa per i suoi risvolti politici e per il danno che arrecava al clero.
Akhenaton ovvero Amenhotep IV, figlio di Amenhotep III, regnò, secondo la datazione
tradizionale, tra il 1350 ed il 1334 a.C. Il suo nuovo nome ossequiava il suo dio Aton, ildisco solare, oggetto del suo culto monoteistico, così come la sua più grande opera, la città
che egli volle e fece costruire, Akhetaton. Nel luogo dove questa sorgeva, chiamato oggi El
Amarna, circa 3000 anni dopo la sua gloria, nell’anno 1887, venne rinvenuto l’archivio
della corrispondenza di Amenhotep III e di suo figlio.
Perdonate se l’entusiasmo e l’interesse per una talestupenda scoperta non accenna a diminuire a
distanza di quasi 150 anni!
Ci troviamo davanti ad una preziosa testimonianza
dei tempi di questi re egiziani, ma anche dei loro
regni vassalli e vicini. Infatti nelle lettere di
Amarna, rinveniamo la corrispondenza fra i re
Assiri, Babilonesi, cananei. 400 tavolette circa,
oggi sparse per il mondo, divise fra Berlino,
Londra ed Oxford. Eppure con l’orgoglio di poteredire che nelle mie ricerche in rete, le traduzioni di
questi testi in inglese, cosa singolare, avviene
dall’italiano e non viceversa. Le lettere di Amarna
in italiano sono edite da Mario Liverani, Paideia,
1998, in 2 volumi dal titolo appunto di “Le lettere
di el-amarna.”
La mappa della città qui riprodotta è presa dal sito: www.reshafim.org.il
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La lingua utilizzata in questa corrispondenza è l’accadico, un dialetto babilonese, in uso
come lingua diplomatica del tempo, come oggi lo sono l’inglese o il francese. La scrittura,
come si vede dalla riproduzione fotografica qui sotto di una delle tavolette, EA161, è in
caratteri cuneiformi. L'immagine è tratta dal sito:www.en.wikipedia.org
Per curiosità ed anche per introdurre la nostra discussioneleggiamo qualche brano di queste lettere.
Il re della dinastia cassita di Babilonia, Kadashman Enlil I scrive
al faraone Amenhotep III: “Kadashman Enlil di Babilonia ad
Amenhotep d’Egitto…Come è possibile che avendoti scritto per
domandarti la mano di tua figlia, fratello mio, tu mi abbia scritto
utilizzando un tale linguaggio, dicendo che non me l’avresticoncessa visto che dai tempi più remoti nessuna figlia del re
d’Egitto è stata mai data in sposa?” – EA3.
Il re babilonese chiama il faraone suo fratello ed appare piuttosto
contrariato dal diniego e dalla spiegazione data. Il fatto è che i re egizi, consci del proprio
potere e tradizione erano riluttanti a riconoscere altri sovrani al proprio livello. Ed era
comprensibile se teniamo conto che erano a capo di un regno che esisteva da oltre 1500
anni. Un primato che nessun altro re poteva vantare. Anzi, che forse nessun’altro può
vantare in assoluto!
Nonostante ciò, il re assiro Ashur-Uballit, non si sente molto a disagio a chiamarlo: “grande
re, re d’Egitto, mio fratello”. EA16. Del resto la potenza assira era destinata a prenderepresto il posto di maggior rilievo in medio oriente, almeno fino a quando la rinascita neo-
babilonese non l’avrebbe tolta di mezzo.
Purtroppo il periodo di regno in cui visse Akhenaton non fu particolarmente tranquillo
proprio nella regione siro-palestinese e la debolezza di questo sovrano, forse troppo
preoccupato a servire il suo dio sole, non servì alla causa dell’Egitto. Egli infatti gestì
almeno maldestramente i conflitti della regione.
Ma qui l’esame della corrispondenza diventa controverso.
Infatti, se da una parte accettiamo la datazione tradizionale del regno di Akhenaton,
leggeremo la corrispondenza con certi presupposti. Le lettere spavalde a volte, politicamente
ossequianti altre volte di Labaya o Labayu, altro non sarebbero che la corrispondenza di un
re non meglio idenficato, del quale non si riesce nemmeno ad evincere bene di cosa o chi
fosse re. Egli scrisse a Faraone utilizzando un linguaggio molto formale e riverente, che vale
la pena riportare: “Al re, mio signore e mio dio e sole, così parla Labayu, il tuo servo, la
polvere sotto i tuoi piedi. Ai piedi del re, mio signore e mio dio e sole, sette volte sette mi
prostro” – EA 253. Eppure quanti guai gli creò e quanta polvere gli sollevò da sotto i piedifino a sotto il naso questo re per il quale altri re vassalli ebbero a scrivere al Faraone,
lamentandosi, chiedendo il suo intervento e giudizio.
7/27/2019 Introduzione Alla Lettura Della Bibbia
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E questo Labaya crea problemi fino ai giorni nostri. Infatti, se la traduzione del suo nome è
“leone di Yahweh” crea più guai da morto che da vivo, almeno alle datazioni storiche
tradizionali, dell’antico egitto e dell’antico regno di Israele.
Yahweh è la pronuncia più probabile del tetragramma YHWH che troviamo nell’Antico
Testamento. E’ il nome rivelato a Mosè da Dio stesso. Ma, secondo la datazione
tradizionale, questo sarebbe successo durante il regno del Faraone Ramesse II. Questi,sempre nella datazione tradizionale, regnò fra il 1279 ed il 1212 a.C.: circa 100 anni dopo la
corrispondenza di Amarna! Com’era possibile che Yahweh fosse conosciuto ed adorato in
Palestina già quasi 150 prima che il popolo di Israele vi si insediasse?
Confesso di essere un po’ partigiano delle conclusioni della New Chronology, cioè Nuova
Cronologia, di David Rohl, visto che a quesiti di questo genere egli trova delle risposte che
considero, da studioso del testo biblico, almeno interessanti, certamente degne di nota epunto d’inizio per un approfondimento ed una nuova prospettiva per teorie date forse per
conclusive e che, invece, forse varrebbe la pena rimettere in discussione.
Come il faraone Akhenaton, Rohl è oggi l’eretico della situazione: con le sue teorie
sconvolge il sistema storico di datazione tradizionale. Eppure è solo una questione di tempo,
perché al monoteismo si converta mezzo mondo ed Akhenaton da folle visionario, finisca
per diventare eroe e precursore della fede nel Dio unico dei discendenti di Abramo. E forse
anche per Rohl, il tempo soltanto dirà se è un folle visionario o se ha realmente intuito e
osservato quanto ad altri è sfuggito, per trascuratezza o per comodità – visto che è più facile
uniformarsi piuttosto che proporre dottrine e teorie contro corrente.
Diciamo subito comunque che la revisione della datazione operata da Rohl non è radicale.Sostanzialmente sposta di circa 250-300 in avanti la datazione tradizionale. Per la New
Chronology, per portare un esempio concreto, Ramesse II avrebbe regnato fra il 943 ed
l’877 a.C. , contro il 1279-1212 a.C. della datazione tradizionale.
E’ suggestiva la maniera in cui Rohl demolisce uno dei capisaldi della datazione
tradizionale quando dimostra infondata l’identificazione del faraone biblico Sisac o Scishak ,l’unico chiamato per nome nella Bibbia, con lo storico Sheshonq. Legge così il testo biblico
di I Re 14:25-26: “L'anno quinto del regno di Roboamo, Scishak, re d'Egitto, salì controGerusalemme, e portò via i tesori della casa dell'Eterno e i tesori della casa del re; portò via
ogni cosa; prese pure tutti gli scudi d'oro che Salomone avea fatti.”
Egli, con valide argomentazioni, sostiene che lo Scishak biblico altri non era che proprio
Ramesse II. Rohl adduce conclusioni linguistiche e prove archeologiche a supporto delle
sue teorie. E, ad avviso di chi scrive, prove molto convincenti. Certo fanno un po’ paura e
sono scomode a chi per anni ha insegnato e scritto il contrario: è comprensibile.
Inutile fare da pappagallo e riportare fatti che non ho né competenza di linguista o di
archeologo sufficienti per fare mie e proporre con convinzione a chi legge. Quindi rimandoil lettore serio ed interessato al libro di David Rohl - disponibile in italiano! - "Il Testamento
Perduto", edito da Newton & Compton.
7/27/2019 Introduzione Alla Lettura Della Bibbia
http://slidepdf.com/reader/full/introduzione-alla-lettura-della-bibbia 85/87
Giuseppe Guarino – Introduzione alla lettura della Bibbia
www.studibiblici.eu 84
Questa suggestiva foto di una statua di Amenhotep IV, meglio noto come Akenaton, è tratta
dal blog personale di David Rohl
Ribaltando il comune giudizio degli storicisull’attendibilità della narrazione biblica dell’esodo, la
New Chronology pone lo stesso nell’anno 1447 a.C.,
durante il regno del faraone Dudimose. Eh, si, capisco,guardare il Principe d’Egitto non sarà più la stessa cosa
nemmeno per me e mi sento in imbarazzo a dovere
spiegare la cosa a mio figlio!
Conseguentemente, la nuova datazione per il regno di
Akhenaton diventa fra il 1023 ed 1007 a.C.
Continuiamo questo domino storico…
Se la datazione biblica dell’esodo è attendibile e la
narrazione seguente lo è altrettanto, Akhenaton sarebbe
così contemporaneo di Saul, il primo re della monarchia diIsraele.
Torniamo all’inizio dei nostri dubbi. E se il Labaya, il leone di Yahweh, altri non fosse che
il biblico Saul?
Ma è possibile? Perché il Saul biblico dovrebbe diventare Labaya nella corrispondenza di
Amarna?
Saul in realtà è un nome con un significato ben preciso: “richiesto”. E non è difficile
ipotizzare, come il biblico Pietro o Cefa era in realtà l’uomo di nome Simone, o Paolo in
realtà si chiamasse Saulo, Marco Giovanni, Matteo era in realtà Levi, lo stesso Giacobbe
viene ricordato come Israele, che il nome biblico di Saul, passato alla storia con questo
nome come il re “richiesto” dal popolo di Israele, si riferisse all’altrimenti noto come
Labaya.
A sostegno di questa identificazione, Rohl sostiene la perfetta concordanza fra gli eventi
riportati nella corrispondenza di Amarna che riguardano Labaya e quelli del Saul biblico di I
Samuele.
Del resto, nel testo delle tavolette vengono anche riconosciuti alcuni degli altri protagonisti
dei primi passi della monarchia israelita: Davide, Iesse, suo padre, Mutbaal, figlio di Saul,
Ioab, generale di Davide.
7/27/2019 Introduzione Alla Lettura Della Bibbia
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Giuseppe Guarino – Introduzione alla lettura della Bibbia
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I libri di David Rohl. "Il Testamento Perduto" è
disponibile in italiano.
Identificazione ovviamente da una parte presa in
considerazione con entusiasmo, come lo scrivente,
anche da chi ha insufficiente possibilità di giudicare
la veridicità di certe affermazioni, ma prende molto
sul serio le teorie che confermano l’attendibilità
storica della Sacra Scrittura.
Dall’altra parte, le stesse innovative, eppuro tanto
conservative, conclusioni, sono altrettantoovviamente contestate da chi ha paura di rivedere i
testi di storia “ortodossi” scritti fino ad oggi ed è
pronto a difendere se stesso e le proprie credenziali,
basate su studi e datazioni tradizionali.
Forse il nostro nuovo eretico, David Rohl, finirà un
giorno per affiancare il faraone eretico e diventare
solo un affascinante precursore di credenze ormai
affermate, e le sue teorie, come il monoteismo di Akhenaton, parte della nuova ortodossia.
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Giuseppe Guarino – Introduzione alla lettura della Bibbia
Sinossi della New Chronology
La New Chronology si incastona perfettamente con le datazioni bibliche. Le date qui
riprese sono tratte dal libro "Il Testamento Perduto" di David Rohl. Sono tutte date A.C.
RE EGIZIANI RIFERIMENTI
BIBLICI
1530 nascita di Mosè
Dudimose
1450 – 1446
1450
144715 Abib - Esodo
(Numeri 33:3-4)
1447-968
480 anni
compresi fra
l'esodo e
l'inizio della
costruzione
del tempio di
Gerusalemme
da parte di
Salomone
I Re 6:1
1446
Tempi dei Giudici
Labaya - Saul è il
primo re di IsraeleAmenhotep III
1048-1012
1048
Akhenaton
1023-1007
1023
10121011
Davide (1011-971) 1007
971
Salomone (971-931) 968
Ramesse II
943 – 877
Ramesse è chiamato anche Sisa - Semitico:Shi h Eb i bibli Shi h k I R
943
931Il regno è diviso.
A Nord: Israele. ASud: Giuda
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