e - doc. stabilità fronti di scavo - comune.solignano.pr.it · nella zona sismogenetica 913 è...
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INDICE
1. Introduzione ....................................................................................................................... 4
2. Aspetti geologici ................................................................................................................ 5
3. Aspetti idrogeologici .......................................................................................................... 6
4. Caratteristiche stratigrafiche e geotecniche ........................................................................ 7
5. Rischio sismico .................................................................................................................. 8
5.1. Pericolosità sismica .................................................................................................... 9
5.2. La classificazione sismica ........................................................................................ 10
5.3. Classificazione sismica del terreno di fondazione ................................................... 11
5.4. Verifiche di stabilità ................................................................................................. 12
6. Spettro di risposta elastico di progetto ............................................................................. 14
6.1. Vita nominale ........................................................................................................... 14
6.2. Classi d’uso .............................................................................................................. 14
6.3. Periodo di riferimento per l’azione sismica ............................................................. 14
6.4. Azione sismica ......................................................................................................... 14
6.5. Stati limite di danno e relative probabilità di superamento ...................................... 15
6.6. Categoria di sottosuolo e condizioni topografiche ................................................... 16
6.7. Spettro di risposta elastico ........................................................................................ 17
6.8. Spostamento massimo e velocità massima al suolo ................................................. 17
7. Criteri di coltivazione ....................................................................................................... 18
8. Verifiche di stabilità ......................................................................................................... 19
9. Conclusioni e prescrizioni ................................................................................................ 23
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FIGURE
Figura 1: Zonizzazione sismogenetica
Figura 2: PGA (g) con una probabilità di superamento del 10% in 50 anni
Figura 3: Spettro di risposta elastico della componente orizzontale e verticale per il sito in
esame
Figura 4: Verifica di stabilità con punto di rottura nella parte medio alta del pendio
Figura 5: Verifica di stabilità con punto di rottura alla base del pendio
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1. Introduzione
Il presente documento, redatto su incarico della ditta LATERLITE s.p.a. con sede a Rubbiano
in Comune di Solignano., è finalizzato alla verifica di stabilità dei fronti di scavo per l’attività
estrattiva nella cava “Casazza”, ubicata in Comune di Solignano (Provincia di Parma).
L’area di cava è situata nella parte orientale del territorio comunale a circa 2 km verso sud del
centro abitato di Viazzano; cartograficamente ricade nella tavola C.T.R. n. 199090, elemento
Varano dei Melegari, alla scala 1:10.000.
In aderenza al disposto del decreto legislativo n. 626/94, sul datore di lavoro di aziende
estrattive, gravano vari obblighi specifici quali: la designazione del sorvegliante nei luoghi di
lavoro (art. 7); l'adozione di misure e precauzioni adatte al tipo di attività, al fine di prevenire
e combattere gli incendi ed impedire i rischi derivanti alla salute dalle sostanze esplosive o
nocive presenti nell'atmosfera (art. 11); la predisposizione di adeguati mezzi di evacuazione e
di salvataggio (art. 12), nonché di sistemi di comunicazione, di avvertimento e di allarme (art.
13); l'informazione ai lavoratori ed ai rappresentanti sulle misure da prendere in materia di
sicurezza e di salute nei luoghi di lavoro (art 14); la sorveglianza sanitaria ai lavoratori per i
quali la valutazione dei rischi abbia evidenziato un rischio per la salute (art. 15).
Lo strumento che organizza la prevenzione e protezione dai rischi sul luogo di lavoro,
pianificando nell’ambito aziendale gli obblighi del datore di lavoro, è il “Documento di
Sicurezza e Salute" (DSS). Si tratta di un documento programmatico che contiene la coerente
valutazione dei rischi, le misure idonee di tutela, in situazioni sia normali che critiche,
dimostrando che i luoghi di lavoro e le attrezzature in uso sono progettati, utilizzati e
mantenuti in modo efficiente e sicuro.
Un particolare tema del DSS è il Documento sulla stabilità dei fronti di scavo (DSFS),
finalizzato ad individuare le misure e le modalità operative per garantire la sicurezza nel
luoghi di lavoro e a certificare, in relazione all'attività svolta e alle caratteristiche fisiche ed
ambientali, l’assenza di rischio e pericolo per i lavoratori.
Nel presente DSFS, in riferimento a quanto contenuto nel decreto legislativo n. 626/94, sono
state considerate le condizioni più sfavorevoli che possono verificarsi nel corso dell’attività
estrattiva e al termine delle operazioni di sistemazione finale.
Particolare attenzione è stata rivolta alle caratteristiche geologiche e geotecniche dei terreni
interessati, alle geometrie ed inclinazioni dei fronti di scavo e delle superfici di versante finali
e dei mezzi meccanici utilizzati.
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Il documento contiene infine specifiche prescrizioni, cui l’impresa dovrà attenersi durante
l’esecuzione dei lavori.
2. Aspetti geologici
Il quadro geologico dell'area in esame è all’origine degli intensi processi tettonici a stile
compressivo che hanno caratterizzato l’orogenesi dell’Appennino Settentrionale. Nel
complesso l’assetto strutturale si compone di una serie di unità alloctone (Liguridi) che
ricoprono con contatti di natura chiaramente tettonica un substrato costituito da una serie di
unità autoctone (Unità padano adriatiche).
In posizione superiore, sopra le Liguridi, si collocano prima le unità pseudo-autoctone della
Successione Epiligure M. Piano - Bismantova (Epiliguridi) e successivamente i terreni
neoautoctoni sedimentati dal Miocene superiore in poi.
Nell'area in esame si assiste unicamente all'affioramento delle unità Liguridi: sedimenti di
fondo oceanico, depositati antecedentemente alla collisione della placca Corso-Sarda con la
Placca Adriatica (Cretaceo - Eocene), traslati ed intensamente deformate sopra le unità
autoctone padano adriatiche.
In particolare nelle zone di specifico interesse affiorano i terreni appartenenti all'Unità di M.
Cassio, le cosiddette Argille Varicolori del Santoniano – Campaniano. Esse appoggiano
direttamente sui terreni del Complesso di base dell’Unita di M. Cassio (Argille a Palombini
della media Val Taro), mentre al tetto passano tramite contatto tettonico ai terreni terziari
della Successione Epiligure M. Piano - Bismantova, quali le Marne di M. Piano, le Arenarie
di Ranzano e la Formazione di Antognola.
Le Argille Varicolori sono costituite prevalentemente da peliti con colorazioni policrome,
intercalate da sottili strati di calcari e di arenarie fini gradate. Le colorazioni della frazione
fine variano dal rosso mattone o rosso vinato, al verdastro e al grigio; riguardo alla
colorazione grigia sono distinguibili bande grigio cenere, grigio-piombo ed, infine, grigio
verde.
In affioramento la stratificazione originaria, per effetto dei fenomeni di alterazione
superficiale (pedogenesi, colate gravitative, ruscellamento, ecc.), risulta difficilmente
distinguibile, anche se le tipiche variazioni policrome evidenziano delle pseudo-orientazioni
che identificano un aspetto fortemente scompaginato con pieghe a piccolo raggio e masse
estremamente plastiche.
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In profondità le Argille Varicolori non mostrano più una tessitura sciolta ed incoerente, ma si
presentano estremamente consistenti con aspetto pseudolitoide frazionabile in blocchi
compatti a superfici lisce e traslucide. Nell’area in esame le Argille Varicolori sono
suddivisibili, sulla base della colorazione pelitica e della frequenza e della natura delle
intercalazioni litiche, in quattro litozone:
1) peliti ricche di siltiti manganesiferi, calcari micritici patinati in manganese, calcari ed
ematitizzati immersi in argille violacee con bande in rosso;
2) peliti violacee con blocchi stratoidi di arenarie grossolane poco cementate recanti clay-
chips centimetrici o, in alternativa, brecciole con litici quarzosi e metamorfici;
3) peliti rosse con lenti di siltiti verdi poco cementate o marne chiare, fortemente deformate;
4) argille rosso-arancio con arenarie medio grossolane.
La prevalente composizione pelitica dell’unità delle Argille Varicolori caratterizza versanti
impermeabili e facilmente erodibili, molto sensibili all’azione meccanica delle acque
superficiali. Lungo i pendii è presente una fitta rete di rivoli, solchi e canali che mutano
rapidamente ogni qualvolta si verificano manifestazioni meteoriche.
L’interazione dell’acqua superficiale con la degradabilità dei terreni affioranti danno origine,
specialmente nei versanti rivolti verso est e sud, alla formazione del tipico paesaggio
calanchivo.
I calanchi si presentano, quindi, come un complesso sistema di alte creste e vallecole
profonde, estese anche ad interi versanti, in corrispondenza dei quali le acque piovane, non
trovando condizioni favorevoli al percolamento nel sottosuolo, si concentrano in linee
preferenziali esercitando una continua erosione lineare.
Il continuo fenomeno di modellamento, tanto più veloce quanto maggiore è la quantità
d’acqua superficiale e l'acclività del pendio, comporta il progressivo arretramento delle creste
di testata delle incisioni.
3. Aspetti idrogeologici
L'area in esame, essendo limitata alle sole zone di affioramento delle Argille Varicolori,
conserva, in tutta la sua estensione, caratteristiche di sterilità di serbatoi idrici.
Le caratteristiche geolitologiche (peliti inglobanti clasti poligenici ed eterometrici)
conferiscono a questa formazione un permeabilità primaria molto bassa, tale da escludere la
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presenza di falde idriche, fatta esclusione dello strato pedogenetico in cui possono essere
eventualmente rinvenute acque di corticazione.
4. Caratteristiche stratigrafiche e geotecniche
Le litologie affioranti nell’area di cava sono rappresentate da una sequenza di peliti di fondo
oceanico intercalate a vari livelli da sottili strati di calcari e di arenarie fini, sedimentati
nell’intervallo temporale compreso tra 73 e 87 MA fa.
Nelle parti superficiali degli affioramenti la stratificazione originaria, per effetto dei fenomeni
di degradazione meteorica (pedogenesi, ruscellamento, variazioni del grado di umidità, ecc.),
risulta difficilmente distinguibile. Le tipiche variazioni policrome evidenziano comunque
delle pseudo-orientazioni che identificano un aspetto fortemente scompaginato con pieghe a
piccolo raggio e masse estremamente plastiche.
In profondità i terreni non mostrano più una tessitura sciolta ed incoerente, ma si presentano
estremamente consistenti con aspetto pseudolitoide frazionabile in blocchi compatti a
superfici lisce e traslucide.
Nel complesso le litologie affioranti presentano una buona resistenza meccanica in profondità,
che degrada verso l’alto a valori bassi e medi. L’angolo di attrito interno di tali terreni, come
frequentemente accertato nella letteratura geotecnica, è raramente inferiore ai 30°, mentre la
coesione non drenata varia approssimativamente da 3,5 a 20 MPa.
Occorre tuttavia sottolineare che nelle parti superficiali i terreni affioranti, per effetto della
degradazione meteorica, sono molto sensibili ai fenomeni di alterazione che riducono in modo
apprezzabile le caratteristiche geomeccaniche acquisite in milioni di anni. A titolo cautelativo
è quindi opportuno assegnare i seguenti parametri geotecnici:
γ = 1,85 [t/m3]
φ‘ = 25 [°]
c’ = 1.0 [t/m2]
dove:
γ = peso di volume efficace
φ‘ = angolo di attrito in termini di sforzi efficaci
c’ = coesione in termini di sforzi efficaci
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5. Rischio sismico
L’Istituto di Geofisica e Vulcanologia ha prodotto una zonizzazione sismogenetica (ZS) del
territorio nazionale che tiene conto dell’analisi cinematica degli elementi geologici, cenozoici
e quaternari coinvolti nella dinamica delle strutture litosferiche profonde e della crosta
superficiale.
Il rapporto conclusivo, previsto in ottemperanza all’Ordinanza PCM 20 marzo 2003, n. 3274,
è a cura di Stucchi et al. (2004).
La zonizzazione è stata condotta tramite l’analisi cinematica degli elementi geologici,
cenozoici e quaternari coinvolti nella dinamica delle strutture litosferiche profonde e della
crosta superficiale. Il confronto tra le informazioni che hanno condotto alla costruzione del
modello geodinamico e la sismicità osservata ha permesso di costruire la carta nazionale delle
zone sismogenetiche.
Per il reperimento dei dati relativi alla sismicità osservata è stato considerato il catalogo
storico contenente 2.488 eventi degli ultimi 1.000 anni con intensità epicentrali maggiore o
uguale al V – VI grado MCS la cui magnitudo è maggiore o uguale a 4.
Il territorio nazionale risulta suddiviso in 36 Macrozone e l’area in esame ricade all’interno
della Zona Sismogenetica 913 (Figura 1).
In questa zona si verificano terremoti originati da movimenti prevalentemente compressivi
NW con meccanismi trascorrenti nelle zone di svincolo che dissecano la continuità
longitudinale delle strutture.
La massima magnitudo rilevata è Md = 4,8; le zone ipocentrali si verificano generalmente a
profondità comprese tra 12 e 20 Km con profondità efficace di 13 km.
Nella Zona Sismogenetica 913 è previsto, sulla base dei meccanismi focali, valori di massima
magnitudo pari a Mwmax = 6,14.
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Figura 1 – Zonizzazione sismogenetica.
5.1. Pericolosità sismica
La pericolosità e il rischio sismico del territorio nazionale sono stati affrontati dal Servizio
Sismico Nazionale (SSN), utilizzando il calcolo probabilistico di Cornell, risalente alla fine
degli anni ’60, in grado di considerare tutte le possibili sorgenti influenzanti il moto del
terremoto. Dati di pericolosità:
− accelerazione di picco al suolo (v. Fig. 2): PGA = 0,150 - 0,175;
− intensità macrosismica: MCS = VIII grado;
− magnitudo: M = 6,14
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Figura 2 – PGA (g) con una probabilità di superamento del 10% in 50 anni (periodo di ritorno
di 475 anni).
5.2. La classificazione sismica
La classificazione sismica è formulata sulla base degli studi del Servizio Sismico Nazionale
(SSN), del Gruppo Nazionale per la Difesa dei Terremoti (GNDT) e dell’Istituto Nazionale di
Geofisica (ING).
La classificazione è stata approvata con l’Odinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri
n. 3274 del 20/03/2003 “Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione
sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per la costruzione in zona sismica”.
Il territorio nazionale è stato suddiviso in 4 classi con livelli decrescenti di pericolosità
sismica in relazione a 4 differenti valori di accelerazione orizzontale (ag/g) d’ancoraggio dello
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spettro di risposta elastico e a 4 differenti valori di accelerazione di picco orizzontale del
suolo (ag/g), con probabilità di superamento del 10% in 50 anni.
Il territorio comunale di Solignano è classificato in classe 3.
5.3. Classificazione sismica del terreno di fondazione
Il capitolo 3.1 dell’Allegato 2 dell’Ordinanza del PCM n. 3274 del 20/03/2003 definisce le
seguenti categorie di profilo stratigrafico del suolo di fondazione:
− A - Formazioni litoidi o terreni omogenei: caratterizzati da valori di Vs30 superiori a 800
m/s, comprendenti eventuali strati di alterazione superficiale di spessore massimo
pari a 5 m.
− B - Depositi di sabbie o ghiaie molto addensate o argille molto consistenti: con spessori
di diverse decine di metri, caratterizzati da un graduale miglioramento delle proprietà
meccaniche con la profondità, caratterizzati da valori di Vs30 compresi tra 360 m/s e
800 m/s (ovvero resistenza penetrometrica NSPT > 50, o coesione non drenata cu >
250 kPa).
− C - Depositi di sabbie e ghiaie mediamente addensate, o di argille di media rigidezza:
con spessori variabili da diverse decine fino a centinaia di metri, caratterizzati da
valori di Vs30 compresi tra 180 e 360 m/s (15 < NSPT < 50, 70 <cu<250 kPa).
− D - Depositi di terreni granulari da sciolti a poco addensati oppure coesivi da poco a
mediamente consistenti:, caratterizzati da valori di Vs30 < 180 m/s (NSPT < 15, cu<70
kPa).
− E - Profili di terreno costituiti da strati superficiali alluvionali: con valori di Vs30 simili
a quelli dei tipi C o D e spessore compreso tra 5 e 20 m, giacenti su di un substrato
di materiale più rigido con Vs30 > 800 m/s.
In aggiunta a queste categorie se ne definiscono altre due:
− S1 - Depositi costituiti da, o che includono, uno strato spesso almeno 10 m di argille/limi
di bassa consistenza, con elevato indice di plasticità (PI > 40) e contenuto di acqua,
caratterizzati da valori di Vs30 < 100 m/s (10 < cu < 20 kPa)
− S2 - Depositi di terreni soggetti a liquefazione, di argille sensitive, o qualsiasi altra
categoria di terreno non classificabile nei tipi precedenti
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Nelle definizioni precedenti Vs30 è la velocità media di propagazione entro 30 m di profondità
delle onde di taglio ed è calcolata con la seguente espressione (D.M. del 15 settembre 2005
“Norme Tecniche per le Costruzioni):
∑=
=
Ni i
iS
V
hV
,1
30
30
dove hi e Vi indicano lo spessore (in m) e la velocità delle onde di taglio (per deformazioni di
taglio γ < 10-6) dello strato i-esimo, per un totale di N strati presenti nei 30 m superiori.
Partendo dalla stratigrafica del sottosuolo e dai parametri geotecnici desunti dal rilievo
geologico è stato possibile attribuire il terreno di fondazione alla CATEGORIA DI SUOLO
C.
5.4. Verifiche di stabilità
L’analisi delle condizioni di stabilità dei pendii in condizioni sismiche può essere eseguita
mediante metodi pseudostatici, metodi degli spostamenti e metodi di analisi dinamica.
Nei metodi pseudostatici (applicati nel presente documento) l’azione sismica è rappresentata
da un’azione statica equivalente, costante nello spazio e nel tempo, proporzionale al peso W
del volume di terreno potenzialmente instabile. Tale forza dipende dalle caratteristiche del
moto sismico atteso nel volume di terreno potenzialmente instabile e dalla capacità di tale
volume di subire spostamenti senza significative riduzioni di resistenza. Nelle verifiche allo
stato limite ultimo, in mancanza di studi specifici, le componenti orizzontale e verticale di tale
forza possono esprimersi come Fh = kh⋅W ed Fv = kv⋅W, con kh e kv rispettivamente pari ai
coefficienti sismici orizzontale e verticale:
g
aKh S
max×= β
KhKv ×±= 5,0
dove
βs = coefficiente di riduzione dell’accelerazione massima attesa al sito;
amax = accelerazione orizzontale massima attesa al sito;
g = accelerazione di gravità.
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La condizione di stato limite deve essere valutata con riferimento ai valori caratteristici dei
parametri geotecnici e riferita alla superficie di scorrimento critica, caratterizzata dal minore
margine di sicurezza. L’adeguatezza del margine di sicurezza nei confronti della stabilità del
pendio deve essere valutata e motivata dal progettista.
Tabella 5.1 – Coefficienti di riduzione dell’accelerazione massima attesa al sito.
Categoria di sottosuolo
A B, C, D, E
βs βs
0,2 < ag(g) ≤ 0,4 0,30 0,28
0,1 < ag(g) ≤ 0,2 0,27 0,24
ag(g) ≤ 0,1 0,20 0,20
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6. Spettro di risposta elastico di progetto
6.1. Vita nominale
La vita nominale di un’opera strutturale VN è intesa come il numero di anni nel quale la
struttura, purché soggetta alla manutenzione ordinaria, deve potere essere usata per lo scopo al
quale è destinata. Nell’area in esame sono previste opere tipo 1 “Opere provvisorie – Opere
provvisionali - Strutture in fase costruttiva” per le quali si prevede una vita nominale ≥ 10
anni.
6.2. Classi d’uso
In presenza di azioni sismiche, con riferimento alle conseguenze di un’interruzione di
operatività o di un eventuale collasso, le costruzioni presenti nell’area in esame sono relative
alla Classe II: “Costruzioni il cui uso preveda normali affollamenti, senza contenuti
pericolosi per l’ambiente e senza funzioni pubbliche e sociali essenziali. Industrie con attività
non pericolose per l’ambiente. Ponti, opere infrastrutturali, reti viarie non ricadenti in Classe
d’uso III o in Classe d’uso IV, reti ferroviarie la cui interruzione non provochi situazioni di
emergenza. Dighe il cui collasso non provochi conseguenze rilevanti”.
Per tali categorie di costruzioni è previsto un coefficiente d’uso pari a Cu = 1,0.
6.3. Periodo di riferimento per l’azione sismica
Le azioni sismiche su ciascuna costruzione sono valutate in relazione ad un periodo di
riferimento VR che si ricava, per ciascun tipo di costruzione, moltiplicandone la vita nominale
VN per il coefficiente d’uso CU:
VR = VN × CU
Per il sito in esame il periodo di riferimento è pari VR = 35 anni.
6.4. Azione sismica
Le azioni sismiche di progetto, in base alle quali valutare il rispetto dei diversi stati limite
considerati, si definiscono a partire dalla “pericolosità sismica di base” del sito di costruzione.
Essa costituisce l’elemento di conoscenza primario per la determinazione delle azioni
sismiche.
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La pericolosità sismica è definita in termini di accelerazione orizzontale massima attesa ag in
condizioni di campo libero su sito di riferimento rigido con superficie topografica orizzontale
(categoria A), nonché di ordinate dello spettro di risposta elastico in accelerazione ad essa
corrispondente Se (T) , con riferimento a prefissate probabilità di eccedenza PVR, nel periodo
di riferimento VR.
Le forme spettrali sono definite, per ciascuna delle probabilità di superamento nel periodo di
riferimento PVR, a partire dai valori dei seguenti parametri su sito di riferimento rigido
orizzontale:
− ag accelerazione orizzontale massima al sito;
− Fo valore massimo del fattore di amplificazione dello spettro in accelerazione orizzontale.
− T*C periodo di inizio del tratto a velocità costante dello spettro in accelerazione
orizzontale.
Le stazioni, per il sito in esame, dove sono stati presi i parametri sopra citati, sono:
− stazione 15823 situata alla distanza dal sito in esame di 5,0 Km dal sito in esame;
− stazione 15824 situata alla distanza dal sito in esame di 2,0 Km dal sito in esame.
− stazione 16045 situata alla distanza dal sito in esame di 6,0 Km dal sito in esame;
− stazione 16046 situata alla distanza dal sito in esame di 3,9 Km dal sito in esame.
6.5. Stati limite di danno e relative probabilità di superamento
Nei confronti delle azioni sismiche gli stati limite, sia di esercizio che ultimi, sono individuati
riferendosi alle prestazioni della costruzione nel suo complesso, includendo gli elementi
strutturali, quelli non strutturali e gli impianti.
Gli stati limite di esercizio sono:
− Stato Limite di Operatività (SLO): a seguito del terremoto la costruzione nel suo
complesso, includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturali, le apparecchiature
rilevanti alla sua funzione, non deve subire danni ed interruzioni d'uso significativi;
− Stato Limite di Danno (SLD): a seguito del terremoto la costruzione nel suo complesso,
includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturali, le apparecchiature rilevanti alla
sua funzione, subisce danni tali da non mettere a rischio gli utenti e da non
compromettere significativamente la capacità di resistenza e di rigidezza nei confronti
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delle azioni verticali ed orizzontali, mantenendosi immediatamente utilizzabile pur
nell’interruzione d’uso di parte delle apparecchiature.
Gli stati limite ultimi sono:
− Stato Limite di salvaguardia della Vita (SLV): a seguito del terremoto la costruzione
subisce rotture e crolli dei componenti non strutturali ed impiantistici e significativi danni
dei componenti strutturali cui si associa una perdita significativa di rigidezza nei
confronti delle azioni orizzontali; la costruzione conserva invece una parte della
resistenza e rigidezza per azioni verticali e un margine di sicurezza nei confronti del
collasso per azioni sismiche orizzontali;
− Stato Limite di prevenzione del Collasso (SLC): a seguito del terremoto la costruzione
subisce gravi rotture e crolli dei componenti non strutturali ed impiantistici e danni molto
gravi dei componenti strutturali; la costruzione conserva ancora un margine di sicurezza
per azioni verticali ed un esiguo margine di sicurezza nei confronti del collasso per azioni
orizzontali.
Le probabilità di superamento nel periodo di riferimento PVR, cui riferirsi per individuare
l’azione sismica agente in ciascuno degli stati limite considerati, sono riportate nella
successiva Tab. 6.1.
Stati Limite PVR: Probabilità di superamento nel periodo di riferimento VR
Stati limite di esercizio
SLO 81%
SLD 63%
Stati limite ultimi
SLV 10%
SLC 5%
Tabella 6.1 – Probabilità di superamento PVR al variare dello stato limite considerato
6.6. Categoria di sottosuolo e condizioni topografiche
Nell’area in esame sono presenti suoli di categoria C costituiti Depositi di sabbie o ghiaie
molto addensate o argille molto consistenti: caratterizzati da valori di Vs30 superiori a 800
m/s, comprendenti eventuali strati di alterazione superficiale di spessore massimo pari a 5 m.
L’area in esame è tipicamente di montagna con pendii aventi un’inclinazione media di circa
20 – 25°, perciò si configura una categoria topografica tipo T3.
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6.7. Spettro di risposta elastico
In relazione alla classificazione sismica del territorio comunale, ai parametri desunti dalle
stazioni di riferimento lo spettro di risposta elastico della componente orizzontale e verticale
in funzione del periodo di oscillazione è rappresentato dalla seguente Fig. 3
6.8. Spostamento massimo e velocità massima al suolo
Lo spostamento massimo e la velocità massima orizzontale al suolo per il sito in esame è
indicata sulla base degli stati limite di esercizio e degli stati limiti ultimi nella seguente tabella
8.3.
Stati limite SLC SLV SLD SLO
Accelerazione orizzontale massima al suolo
ag max
(m/s2) 0.306 0.250 0.100 0.092
Spostamento massimo dg (m) 0.008 0.006 0.002 0.002
Velocità massima orizzontale vg (m/s) 0.022 0.018 0.006 0.006
Tabella 8.3: Spostamento massimo e la velocità massima orizzontale al sito di riferimento
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Figura 3: Spettro di risposta elastico della componente orizzontale e verticale per il sito in
esame
7. Criteri di coltivazione
In riferimento alla conformazione del rilievo, ai parametri geomeccanici dei materiali oggetto
d'escavazione e in rapporto ai contenuti del D.P.R. 128/59 e del D.M. 11/03/88 e successive
modificazioni ed integrazioni, i fronti in avanzamento della cava sono realizzati a gradoni,
tramite le seguenti geometrie:
− altezza delle alzate dei singoli gradoni non superiori a 10 metri;
− pendenze delle alzate dei gradoni, in considerazione della natura geotecnica dei materiali
di scavo, non superiori a 2 su 3 (33°);
− pedate con superfici piane in leggera contropendenza e larghezza variabile in funzione
della morfologia dei rilievi, ma comunque sufficiente per facilitare le operazioni di scavo
e la manovrabilità dei mezzi meccanici.
Schematicamente le fasi di escavazione possono essere così riassunte:
• asportazione del terreno vegetale e stoccaggio nel piazzale situato alla base del versante;
• utilizzo di una metodologia d'escavazione a gradoni procedendo da monte verso valle;
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• realizzazione di apposite piste o rampe percorribili, in modo che ogni pedata di gradone
sia sempre raggiungibile con mezzi meccanici cingolati o gommati;
• costruzione di un'adeguata rete di fossi di scolo intorno al ciglio superiore dei fronti di
escavazione per raccogliere e convogliare le acque dilavanti verso la rete idrica
superficiale esistente;
• coltivazione della risorsa per lotti estrattivi, contestualmente alla operazioni di
sistemazione finale;
• coltivazione dei materiali inerti, mediante macchine operatrici, e immediato carico sugli
autocarri diretti all’impianto di trattamento e trasformazione dell’Industria Laterlite s.p.a.,
localizzato a circa 1,5 Km verso nord e in diretto collegamento con l'ambito di cava
tramite la S.C. Oriano-Rubbiano e alcune strade di servizio;
• gli scarti d’escavazione sono accumulati temporaneamente nel piazzale situato alla base
del versante, separati dal terreno vegetale;
• Il terreno di copertura e gli scarti d’escavazione sono stoccati in cumuli di dimensioni
non superiori ai 5 metri di altezza e ai 30° d’inclinazione delle scarpate.
I mezzi meccanici impiegati consistono in: 2 escavatori idraulici; 2 pale cingolate; 2 pale
gommate; 3 autocarri. Al temine delle fasi di coltivazione le superfici residue dell’attività
estrattiva sono recuperate tramite modellamento morfologico e messa dimora di vegetazione
arborea ed arbustiva autoctona.
8. Verifiche di stabilità
La verifica alla stabilità del pendio deve fornire un coefficiente di sicurezza non inferiore a
1.10.
L’analisi di stabilità dei fronti di scavo e del profilo del pendio al termine della fase di
sistemazione finale sono eseguiti mediante l’utilizzo di un programma di calcolo che
esplicitata i metodi dell’equilibrio limite di Janbu.
Tale metodologia è preferibilmente applicabile sui versanti dell’area in esame, in quanto
costituiti da terreni eterogenei, dal punto di vista litologico e delle caratteristiche geotecniche.
In questi casi infatti la superficie potenziale di rottura avrà probabilmente forma irregolare,
lontana dalla circolarità e questo metodo consente, infatti, di verificare superfici potenziali di
scivolamento di forma qualsiasi.
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Nel metodo di Janbu è ipotizzato che le forze verticali agenti sulle superfici di separazione dei
conci siano trascurabili. Di conseguenza i singoli conci interagiscono fra di loro solo
attraverso forze orientate lungo l'orizzontale.
Il coefficiente di sicurezza è espresso come segue:
Fs = S·{[ci·× Dxi + (Wi – ui × Dxi)·× tgϕi]/mai}/S(Wi·× senαi)
dove:
S = sommatoria;
ci = coesione agente lungo la base del concio i-esimo;
ui = gw·× hw;
gw = peso di volume dell'acqua;
hw = altezza dell'acqua sulla base del concio;
Dxi = lunghezza del concio lungo l'orizzontale;
αi = inclinazione della base del concio i-esimo;
Wi = peso del volume di terra compreso nel concio i-esimo;
mai = cosαi × [(1 + tgαi·× tgϕi)/Fs].
L’equazione risolutiva di Janbu non è lineare nell’incognita Fattore di Sicurezza (FS), perciò
nelle esplicazioni è necessario ricorrere ad un metodo interattivo: si procede assegnando al FS
del secondo membro un valore di tentativo e, sulla base di questo valore, si calcola il FS al
primo membro; quest’ultimo è successivamente inserito al secondo membro ripetendo il
procedimento fino ad ottenere la convergenza nei limiti di tolleranza voluti.
Il metodo di Janbu può condurre, rispetto ad altri metodi più rigorosi, a scarti non trascurabili,
soprattutto in presenza di superfici potenziali di rottura profonde o in presenza di forte
coesione. E' quindi consigliabile l'introduzione di un fattore correttivo che minimizzi tale
scarto. Janbu suggerisce per tale coefficiente la seguente forma:
f = 1 + K·× [ d/l - 1.4 × (d/l)2];
dove:
l = lunghezza del segmento retto congiungente il piede del versante con la sua estremità
superiore;
d = scarto massimo fra la congiungente il piede del versante e l'estremità superiore e la
superficie potenziale di scivolamento, misurato lungo la perpendicolare del primo;
K = 0.31 in terreni privi di coesione (c=0); 0.5 in terreni coesivi (c>0).
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Il coefficiente di sicurezza corretto è dato da:
Fs' = f ×·Fs
Il coefficiente sismico orizzontale è stato considerato pari a K = 0,085.
Il coefficiente sismico verticale è stato considerato pari a K = 0,043.
La ricerca della superficie critica è stata effettuata imponendo la rottura al piede e al pendio
del fronte di escavazione ed alla base delle alzate dei gradoni, analizzando molteplici famiglie
di superfici di scorrimento di forma circolare.
Sulla base delle verifiche effettuate si è quindi individuata come superficie di scorrimento con
minore fattore di sicurezza quelle riportate nelle Figg. 4 e 5, alle quali competono
rispettivamente fattori di sicurezza pari a FS = 1.31 e FS = 1,35.
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Figura 5: Verifica di stabilità con punto di rottura alla base del pendio
9. Conclusioni e prescrizioni
Sulla base delle verifiche effettuate è possibile affermare che i fronti di scavo, connessi alle
operazioni di coltivazione, presentano anche nelle condizioni più sfavorevoli caratteristiche di
sicurezza. Tutte le analisi effettuate hanno, infatti, evidenziato un fattore di sicurezza
superiore a 1.1, limite inferiore prescritto dal D.M. 14.1.2008 "Approvazione delle nuove
norme tecniche".
Tali condizioni di stabilità si riferiscono strettamente alle condizioni individuate dal progetto,
ogni eventuale modifica alle inclinazioni delle scarpate, alle caratteristiche geomeccaniche dei
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materiali, alle condizioni idrauliche e idrogeologiche dovranno essere, se riscontrate o
progettate, opportunamente verificate. Per la corretta gestione delle scarpate occorre
comunque individuare le seguenti prescrizioni:
1. durante l’esecuzione dei lavori dovranno essere rigorosamente rispettate le inclinazioni e
le profondità massime indicate nel progetto.
2. attenzione dovrà essere posta allo scolo delle acque superficiali le quali dovranno essere
opportunamente raccolte e convogliate verso la rete di smaltimento naturale o artificiale
esistente;
3. gli accumuli temporanei e definitivi del materiale di scarto dovranno essere collocati alla
base del pendio.
4. è assolutamente vietato eseguire lavorazioni che comportino lo scalzamento degli strati.
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