musica e cosmologia: l'armonia delle sfere

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GIORGIO STABILE

Dante e la filosofia della naturaPercezioni, Cosmologie, Linguaggi

FIRENZESISMEL - EDIZIONI DEL GALLUZZO ~ 2007

3

MUSICA E COSMOLOGIA: L’ARMONIA DELLE SFERE*

Parlare di musica e, in particolare, di musica e cosmologia, non puònon implicare indirettamente una considerazione sull’intero Quadri-vio, per la natura stessa della sua struttura disciplinare. Basta infattiaffrontare una soltanto delle sue discipline per accorgersi come tuttele altre vi si trovino automaticamente implicate, e come l’una sia unmodo di rappresentare l’altra in forma volta a volta estesa o contratta.In tal senso bisogna davvero riconoscere che musica ad omnia se exten-dit: quanto ai suoi fondamenti infatti la musica trova al proprio cen-tro quanto meno aritmetica e geometria e attraverso la geometria,come cercheremo di vedere, si traduce in una sorta di rappresenta-zione speculare dell’astronomia.

Aritmetica, geometria, musica, astronomia, finché ci si limita adosservarle dalla vetrina della storia delle classificazioni delle scienze edei curricula scolastici o universitari, rimangono una stucchevole tas-sonomia di materie di studio, una cantilena pedagogica tanto ripetutaquanto incomprensibile nelle ragioni del suo raggrupparsi 1. Ma nonappena le si esamini nel loro contenuto e nel loro metodo espositivoallora esse rivelano le ragioni della loro costante sequenza. Sequenzabasata su un semplice ma costante rapporto di propedeuticità e direciproca e crescente implicazione, talmente stretto, da suggerirci l’i-dea che la più generale teoria della subalternazione delle scienze chegrande fortuna ebbe nel corso del XIII secolo, e la connessa nozionedella theologia come scientia, trovò proprio nel Quadrivio, costituitosul rapporto di implicazione delle sue discipline un modello forte ecoerente, se non addirittura il suo modello originario.

* Il testo, da cui è stata esclusa una breve premessa, è stato pubblicato in Lamusica nel pensiero medievale, a cura di L. Mauro, Ravenna 2001 (Atti del IX Con-gresso della Societa Italiana per lo Studio del Pensiero Medievale, Musica ad omniase extendit, Ravenna, 10-12 dicembre 1999), 11-29.

1. Gran parte della letteratura sul Quadrivio e sulla storia dei relativi curriculauniversitari è da questo punto di vista di poca utilità.

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Infatti, se andiamo a leggere una versione matura e assai raffinata diquesta teoria della subaltenatio, il De ortu scientiarum di RobertKilwardby, laddove il teologo si chiede Quomodo se habet arithmetica adalias mathematicas, et quomodo iuvat eas et non iuvatur ab eis, et quare 2 sco-priamo che il rapporto originario di maternità e dunque di subalter-nazione che si stabilisce tra l’aritmetica e le altre discipline del Qua-drivio, è un calco, mediato da Boezio 3, di affermatissime idee giàenunciate da secoli dai matematici di tradizione neopitagorica e neo-platonica come Nicomaco di Gerasa 4, Giovanni Filopono 5, Teone diSmirne 6, Giamblico 7, Calcidio 8 e molti altri. Solo che al procedi-mento sintetico di tradizione neoplatonica che vede le scienze mate-matiche procedere dalla più semplice alla più complessa, dalle idee-numero ultrasensibili dell’aritmetica alle loro forme materiate dellageometria, musica e astronomia, Kilwardby mettendo a frutto gli inse-gnamenti dell’aristotelismo scolastico, rovescia il metodo dei neoplato-nici, sintetico e deduttivo, in quello analitico e regressivo dell’Aristo-tele logico 9 e fisico 10, che accentua il momento induttivo, laddove è

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2. Robert Kilwardby, De ortu scientiarum, cap. 22 §§ 152-56 ed. Albert J. Judy O.P.,Toronto 1976, 60-62.

3. Boezio, De Institutione arithmetica, I, 1 (ed. G. Friedlein, Lipsiae 1867, 10 e ss.).4. Nicomaco di Gerasa, Introductio Arithmeticae I 3-5 (ed. R. Hoche, Lipsiae

1866, 5 ss.).5. Giovanni Filopono, In Nicomachi Arithmetica, I, 15 (ediz. R. Hoche, 6) e cfr. G.R.

Giardina, Giovanni Filopono matematico tra neopitagorismo e neoplatonismo. Commentarioalla Introduzione aritmetica di Nicomaco di Gerasa, Catania 1999, 113, 266-67.

6. Theonis Smyrnaei Expositio rerum mathematicarum ad legendum Platonem uti-lium, 1, ediz. E. Hiller, Lipsiae 1878, 3-4, 16 ss.; cfr. Théon de Smyrne, philosopheplatonicien, Exposition des connaissances mathématiques utiles pour la lecture de Platon.Traduite pour la première fois du grec en français par J. Dupuis, Paris 1882 (ed.anast., Bruxelles 1966), 2-5, 26.

7. Giamblico, In Nicomachi Arithmeticam Introductionem, §§ 4, 8-9 (ed. E. Pistelli,Lipsiae 1894, 4, 8-9); cfr. Giamblico, Il numero e il divino. La Scienza matematicacomune, l’Introduzione all’Aritmetica di Nicomaco, la Teologia dell’aritmetica, Introdu-zione, testo greco, traduzione, note, bibliografie e indici a cura di Francesco Romano,Milano 1995, 205-6, 211-13.

8. Timaeus a Calcidio translatus commentarioque instructus, § LIII, ed. J.H.Waszink,Londinii et Leidae 1962, 101-2.

9. Aristotele, Anal. Post., I 2, 72a 1-5: «ad nos priora et notiora proxima sensui,simpliciter autem priora et notiora quae longius sunt. Sunt autem longiora uni-versalia maxime, proxima autem singularia» (Aristoteles Latinus, IV 1-4, 8, Transa-tio Iacobi). Il passo è citato da Kilwardby.

10. Aristotele, Phys., I 1, 184a 16-24: «Innata autem est ex notioribus nobis viaet certioribus in certiora nature et notiora; non enim eadem nobisque nota et sim-pliciter. Unde quidem necesse est modum hunc producere ex incertioribus naturenobis autem certioribus in certiora nature et notiora. Sunt autem nobis primummanifesta et certa quae confusa magis, posterius autem ex his fiunt nota elementaet principia dividentibus hec» (Aristoteles Latinus,VII 1.2, 7-8, Translatio vetus).

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detto che un’indagine inizia sempre da ciò che è prossimo ai nostrisensi per elevarsi a ciò che è prossimo all’intelletto. E Kildwarby neldedurre la nascita delle scienze recede infatti dalla filosofia naturale allafisica, alla geometria, all’astronomia e alla prospettiva, fino alla musicae solo a questo punto accede all’aritmetica, dicendone la ragione:

Ortus arithmeticae forte in humana inventione fuit mathematicarum ulti-mus, et causa est quia humana investigatio incipit ab his quae sunt propriorasensui et procedit ad ea quae sunt propriora intellectui, quia procedit ab hisquae sunt nobis priora et notiora ad ea quae sunt priora et notiora simplici-ter sive naturae. Dicit Aristoteles in I Posteriorum quod ad nos priora et notiorasunt proxima sensui, simpliciter autem priora et notiora quae longius sunt. Sunt autemlongius universalia maxime, proxima autem singularia. Haec igitur causa est quodarithmetica sit ultimo inventa inter dictas scientia. Numerus enim est maio-ris abstractionis per se consideratus quam aliquod praedictorum, et ideo con-stat quod prior est illis, et ideo remotior a sensu quam illa et proprior intel-lectui; et hoc potest unusquisque sentire in se per hoc quod facile recordaturrerum situs sed difficile numeros 11.

L’aritmetica è il pilastro che conferisce alle altre tre discipline delQuadrivio, senza che essa abbia bisogno di esse, perché i numeri di cuiessa tratta sono per natura precedenti gli oggetti delle scienze subal-terne. La ragione è che oggetto e strumento concettuale irrinunciabileper il funzionamento di geometria, musica e astronomia sono le pro-porzioni tra grandezze e queste ultime non sono enunciabili che informa di numero. Le scienze fondate sulle proporzioni tra grandezzesono dunque fondate sulla numerabilità, e pertanto ai numeri, e all’a-ritmetica che ne è la scienza, sono subalterne. Dice Kilwardby del rap-porto dell’aritmetica con le altre scienze matematiche:

ipsa confert ad omnes alias mathematicas, et ipsa nullius earum auditorioindiget, et quae sit huius causa? In hoc enim quodammodo quasi mater estaliarum. Item cum sic iuvet ad omnes alias et quasi sublaternet sibi omnes, anaequaliter se habeat ad illas, et si non, quae est diversitas. Et dicendum quodmodus quo iuvat ad omnes est quia per ipsam aliae facilius cognoscuntur, sednec possunt complete sciri aliae sine illa. Et causa est quia numeri de quibusipsa tractat naturaliter priores sunt subiectis aliarum. Et ideo subiectum arith-meticae est in subiectis aliarum inseparabiliter et essentialiter sicut consequensin antecedente. Quia igitur cognitio consequentis confert ad cognitionemantecedentis, nec potest antecedens circumquaque cognosci nisi cognito con-

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11. Robert Kilwardby, De ortu scientiarum, cap. 19 § 135, ed. Judy, 53-54.

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seguente, propterea arithmetica confert ad alias et ipsae nequeunt completesciri sine illa. Quod autem subiectum eius sit in intellectu subiectorum alia-rum et non e converso patet per se. Omnis autem numerus harmonicus [cioèle proporzioni della musica] numerus est, et omnes magnitudines sive simpli-citer [quelle della geometria] sive caelestes [quelle dell’astronomia] numera-tae sunt et in aliquo numero sunt, sed non convertitur. Non enim omnisnumerus est numerus harmonicus, nec omnia numerabilia vel numerata suntmagnitudines 12.

Concezione non nuova, come si diceva, a parte il metodo adottato,concezione che Nicomaco di Gerasa aveva già mirabilmente chiaritonel dire che la aritmetica è implicata da tutte le altre scienze ma nonne implica alcuna, né la geometria, né la musica né la sferica cioè l’a-stronomia come scienza dei moti della sfera celeste. Nella sua Intro-ductio Arithmeticae, al capitolo Sull’ordine delle scienze matematiche (I 3,§§1-2) aveva infatti chiaramente affermato che:

Poiché il quanto [posoù] è considerato sia in vista di se stesso senza alcunarelazione [schesis] con un altro, per esempio, pari, dispari, perfetto [tèleion], esimili, sia relativamente a un altro che esiste già ed è concepito in relazionead esso, per esempio doppio di [diplàsion], più grande di [mèizon], più piccola di[èlatton], metà di [èmisu], una volta e mezzo di [emiòlion], una volta e un terzo di[epìtriton], e simili 13, è evidente che due metodi conoscitivi si occuperannoed esamineranno partitamente tutto quanto riguarda l’investigazione delquanto: l’aritmetica per il quanto preso in se stesso [kath’eautò], la musica peril quanto in relazione ad altro [tò perì toù pròs àllo] 14.

Alla coppia aritmetica musica come scienze del ‘quanto’, delleentità numeriche, del discreto, corrisponde la coppia geometria/astro-nomia come scienze del ‘quanto grande’, della dimensione materiale,

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12. Ibid., cap. 22 §§ 152-153, ed. Judy, 60-61.13. Aristotele, Metaph. IV 15, 1020b 26 fa l’esempio del doppio e della metà

come concetti relativi, o meglio correlativi, nel senso che per concepire l’unooccorre comunque che sia simultaneamente implicato il concetto dell’altro.

14. Nicomaco di Gerasa Introductio Arithmeticae I 3 § 1 (ed. Hoche, 5-6); cfr l’ot-tima introduzione (3-177) e traduzione inglese (181-286): Nicomachus of Gerasa,Introduction to Arithmetic, translated into English by Martin Luther D’Ooge with Stu-dies in Greek Arithmetic [in realtà Mathematics] by Frank Engleston Robbins andLouis Charles Karpinski,The Macmillan Company, London 1926 [D’Ooge, morto,lasciò solo la traduzione, Robbins compì una revisione della traduzione e scrissetutte le parti restanti, mentre Karpinski scrisse i capp. I, III, IV, X, della Part I e ilcap. I della Part III], per i passi qui e successivamente citati, 184-89. Sulla prioritàdell’insegnamento dell’aritmetica come base delle altre discipline del quadrivio siera già pronunciato Platone, Resp., 522c, ponendo ‘in cima’ il numero e il calcolo.

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del continuo, la geometria del continuo in quiete, l’astronomia delcontinuo in moto, e in moto circolare:

E inoltre, poiché la grandezza [il quanto grande pelìkou] è sia in quiete [enmoné] e in stasi [en stàsei] sia in movimento [en kinèsei] e in rivoluzione [enperiphorà], altre due scienze corrispondenti studieranno accuratamente la gran-dezza: la geometria quella in quiete [mènon] e in riposo [eremoùn] e la sferica[sphairikè] quella in movimento [pheròmenon] e in rivoluzione [peripoloùn]15.

Sulla priorità dell’aritmetica rispetto alle altre scienze matematicheNicomaco insiste. Se la geometria esiste è perché essa implica neces-sariamente l’aritmetica, senza la quale non potrebbe dar nome ai suoienti e dar loro esistenza. Sicché la soppressione dell’aritmetica portacon sé la soppressione della geometria ma non viceversa, essa è impli-cata dalla geometria, mentre la geometria non la implica 16. E ag-giunge a proposito della musica:

È ancora il caso della musica. Non soltanto ciò che è in sé [kath’autò] ègenerato prima [progenèsteron] di ciò che è relativo ad altro [toù pròs allo] come‘grande’ è anteriore a ‘più grande che’, ‘ricco’ a ‘più ricco che’, ‘uomo’ a‘padre’, ma anche le consonanze [synphonìai] musicali, quarta [dià tèssaron],quinta [dià pènte], ottava [dià pasòn], sono denominate [onomasmènai] secondoil numero [katà arithmòn]. Similmente anche i rapporti armonici [harmonikoùslògous] sono totalmente numerici [arithmetikoùs pàntôs èchousin]: la quarta èuno più un terzo [epitrita], la quinta è una volta e mezza [hemiòlios], l’ottava èdoppia [diplàsios] 17.

Sull’importanza della denominazione aritmetica per la notazionemusicale e la numerorum vis sottolineava Boezio:

Musica vero quam prior sit numerorum vis, hinc maxime probari potest,quod non modo illa natura priora sunt, quae per se constant, quam illa, quaead aliquid referuntur. Sed etiam ea ipsa musica modulatio numerorum nomi-nibus adnotatur, et idem in hac evenire potest, quod in geometria praedictumest. Diatessaron enim et diapente et diapason ab antecedentis numeri nomi-nibus nuncupantur. Ipsorum quoque sonorum adversus se proportio solis

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15. Ibid., I 3, § 2 (ed. C. Hoche, 6).16. Ibid., I 4, § 5 (ed. Hoche, 10); il principio è reso con grande chiarezza da

Boezio: «sed hoc quoque prior arithmetica declaratur, quod, quaecunque prioranatura sunt, his sublatis simul posteriora tolluntur; quod si posteriora pereant, nihilde statu prioris substantiae permutatur, ut animal est prius homine», Inst. Arithm.,I 1 (ed. G.Friedlein, Lipsiae, 1867, 10).

17. Ibid., I 5, § 1 (ed. Hoche, 10-11)

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neque aliis numeris invenitur. Qui enim sonus in diapason symphonia est,idem duplicis numeri proportione colligitur; quae diatessaron est modulatio,epitrita conlatione componitur, quam diapente symphoniam vocant, hemiolamedietate coniungitur; qui in mumeris epogdous est, idem tonus in musica,et ne singula persequi laborem, huius operis sequentia, quanto prior sit arith-metica sine ulla dubitatione mostrabit 18.

Nella genealogia delle scienze matematiche, l’aritmetica è scienzadel quanto in sé, [kath’autò], quindi senza bisogno di una relazione adaltro, e come tale assoluta, e come tale nata prima [progenèstera] e dun-que madre [mèter] rispetto alle altre, come dice Nicomaco 19 non menodi Boezio: «Quae igitur ex hisce prima discenda est nisi ea, quae prin-cipium matrisque quodammodo ad ceteras obtinet portionem? Haecest autem arithmetica. Haec enim cunctis prior est» 20 e ripeterà ancheKildwarby 21. Il principio della subalternatio e dell’ortus scientiarumubbidisce in modo trasparente al principio genealogico del primatonel tempo come primato nel grado.

Infatti geometria, musica e astronomia sono scienze seconde e suc-cessive nel grado all’aritmetica in quanto determinano la quantità nonin sé, ma in relazione a un’altra quantità data, nella forma del con-fronto e delle proporzioni, del ciò che è in rapporto ad altro, toù pròsallo. Ma l’essere costituite sotto lo statuto del pròs ti, dell’ ad aliquid,del secundum quid o, per dirla più in generale, della relazione, confi-gura un rapporto di dipendenza e ancillarità. Ed è appunto in questorapporto che va cercata la ragione dei caratteri specifici di geometria,musica e astronomia, ad un tempo di reciproca congiunzione tra loroe di subordinazione rispetto alla aritmetica.

Va detto infatti che è proprio attraverso il rapporto di relazionesubordinata pròs ti, del referri ad aliquid, ovvero pròs àllo, ad aliud, che sirealizza il concetto di armonia. In greco il verbo harmòzo, harmòtto, dacui harmonia, ha anzitutto il valore spaziale e visivo del connettere, delfar combaciare, adattare, accordare, due o più frammenti diversi tra loro 22,ed esprime l’azione del mettere in relazione funzionale due membridistinti, per costruire o ricostruire una forma, sia essa un manufatto,

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18. Boezio, Institut. Arithm., I, 1 (ed. Friedlein, 11).19. Nicomaco Introductio I 5, § 3 (ed. Hoche, 11): «Allo stesso modo della madre

e della nutrice, così abbiamo stabilito la priorità dell’arte [dell’aritmetica] conforme-mente a ciò che naturalmente è generato prima, è più degno di stima, è più anziano».

20. Boezio, Institut. Arithm., I, 1 (ed. Friedlein, 10).21. De ortu scientiarum, cap. 22 § 152, 60: «quodammodo quasi mater est aliarum».22. H. Frisk, Griechisches Etymologisches Wörterbuch, I, Heidelberg 1960, 144-45.

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un edificio, una nave 23, insomma una totalità progettualmente ideatain anticipo sul mero atto del costruire, e rispetto a cui i vari elementidella costruzione, anche se tra loro diversi o contrari, debbono entrarein un rapporto di subordinazione. Dice Boezio «Quod videlicet nonsine causa dictum est, omnia quae ex contrariis consisterent, armoniaquadam coniungi atque componi. Est enim armonia plurimorumadunatio et dissidentium consentio» 24. Qualcosa di analogo al con-cetto latino di aptare, coaptare, di compago, compages, compactum, pactum,alla cui radice è pax nel senso più vasto del combaciarsi reciproco e,quindi, di concordia e amicizia, di amicabilis foedus, come unità, tenutadel tutto, da cui il concetto di iustitia come ‘giustezza’ tra le parti.

Non diverso è il linguaggio di Kildwardby dell’armonia come coap-tatio, consociatio, amicitia, nel capitolo De ortu musicae che si conclude«Harmonia autem nihil aliud est quam rerum diversarum concors adinvicem coaptatio sive modificatio» 25. L’interessante è che Kildwardby,nel processo regressivo, transita dallo stadio visivo e spaziale dellescienze geometriche e prospettiche al successivo stadio uditivo e tem-porale dell’armonia. Dapprima quindi la scoperta della musica comeeuphonia derivata dalla sonorum inaequalium harmonica mixtura cioèdalla riduzione a giusta proporzione dei numeri («Invenit igiturPythagoras inaequalitatem sonorum ad concordiam reduci in propor-tione numerali») 26 e poi, attraverso gli effetti interiori e il potere dicoinvolgimento all’accordo che il ritmo musicale sortisce sull’animoumano, dall’auditivo si torna al visivo. L’armonia dell’animo non puòche riflettersi nella consapevolezza dell’armonia visibile del corpo, lahumana harmonia, come congruenza proporzionata di parti differentieppure cooperanti. Armonia corporea che a sua volta si riflette nel-l’armonia del mondo, l’harmonia mundana in quanto anch’essa coapta-tio harmonica tra parti diverse eppure reciprocamente e perfettamentecombinanti anzitutto nello spazio:

Deinde ratiocinando egressi ab homine invenerunt hoc idem oportere essein mundo, scilicet quod, cum constet ex partibus tam diversis et contrariis

MUSICA E COSMOLOGIA: L’ARMONIA DELLE SFERE

23. È quanto fa notare, rilevandone l’origine nella carpenteria, anche B.MacLachlan, The Harmony of the Spheres: dulcis sonus, in Harmonia mundi. Musica efilosofia nell’antichità. Music and Philosophy in the Ancient World, Roma 1991, 10«Stemming from its use in carpentry to designate the jointing together (harmozein)of parts within a complex construction, harmonia came to be used for a compo-site that was well-ordered, balanced, and adhered to the requiremens of dike».

24. Boezio Institut. Arithm., II 32 (ed. Friedlein, 126).25. Robert Kilwardby, De ortu scientiarum, cap. 18 § 134, ed. Judy, 53.26. Ibid., cap. 18 § 127, ed. Judy, 51.

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aptissime tamen et concordissime mundum unum facientibus, oportet neces-sario ea invicem proportione harmonica aptari. Quomodo enim aliter tam ami-cabiliter consociarentur in uno corpore universi gravia cum levibus, calida cumfrigidis, sicca cum humidis, et huiusmodi 27?

Pertanto:

Ex his patet subiectum et finis ac definitio musicae sive harmoniae com-muniter dictae. Subiectum enim est numerus harmonicus vel res harmonicaproportione coaptatae. Finis talium rerum et talis numeri cognitio, sive per-fectio partis animae speculativae per cognitionem huiuscemodi. Definitio,pars scientiae speculativae humani aspectus perfectiva quoad cognitionemharmonicae modulationis vel quarumcumque rerum harmonica modulationeinvicem coaptatarum 28.

Harmòzo, harmonia, esprimono quindi un primitivo bisogno di con-nessione ordinata nell’ambito dell’udito e della vista, della temporalitàe della spazialità, una ragione che spieghi che ciò che appare in disor-dine e discorde ha un suo possibile ritmo che lo riduce ad ordine e adaccordo. Condizione dell’armonia è la diseguaglianza 29. Ma per far ciòl’operazione preliminare è la messa a confronto dei due o più membridell’insieme, e l’analisi delle possibilità della loro connessione. Per talmotivo ognuno dei membri non può essere considerato per sé,kath’autò, ma in rapporto a qualcosa, pròs ti, in rapporto all’altro, pròs àllo,cui deve connettersi nella proporzione armonica. E la connessione tradue membri può avvenire in due modi, o secondo il rispecchiamentodi figure identiche, cioè la fusione in unità, che è il modo più semplicee intuitivo e, per questa ragione, più alto di connessione, ovvero attra-verso la riconduzione delle differenze di forma a un modulo comune(sottomultiplo) che si trovi in un numero finito di volte e in oppor-tuna proporzione nei due o più membri da connettere.

Questo primitivo valore spaziale e visivo di harmòzo harmonia comeconnettere, far combaciare, adattare vari membri secondo identità o

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27. Ibid., cap. 18 § 130, ed. Judy, 52.28. Ibid., cap. 18 § 132, ed. Judy, 53. Un esempio di diffusione del testo di Kil-

wardby nella trattatistica musicale posteriore è quello segnalato da W. Hirschmann,Wissenschaftstheorie im pragmatischen Kontext. Die Commendacio omnium scientia-rum et specialiter musice im Heilsbronner Musiktraktat, in Musik- und die Geschichteder Philosophie und Naturwissenschaften im Mittelalter. Frage zur Wechselwirkung vonMusica und Philosophia im Mittelalter, Leiden-Boston-Bonn 1998, 255-60 e passim.

29. Dice opportunamente Boezio: «in his vocibus, quae nulla inaequalitate dis-cordant, nulla omnino consonantia est. Est enim consonantia dissimilium inter sevocum in unum redacta concordia» (De Institutione musica, I 3, ed. Friedlein, 191).

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proporzioni, è proprio della geometria, dell’ottica e, in parte, dell’a-stronomia, che essendo discipline dell’estensione e dello spazio, pos-sono esibire la connessione armonica degli elementi in modo sinot-tico simultaneo e persistente, sia che questi elementi siano in stasi,come nella geometria, sia che stiano in moto come nell’astronomia.

Diverso il caso della musica in cui harmòzo harmonia implicano chel’atto del connettere, del far combaciare, non avvenga nella simulta-neità dello spazio ma nella successione del tempo, secondo il prima eil poi. Qui il valore di harmonia è temporale e auditivo. AncoraKildwardby dice:

Inde etiam invenerunt in temporibus et temporalibus quod in omnibuspartes inaequales per harmonicam proportionem coniunguntur, et hoc patetin partibus anni et eorum effectibus, et talem harmoniam vocaverunt munda-nam quia in ipso mundo sensibili est 30.

Connettere e far combaciare gli elementi non nella simultaneitàma nella successione, comporta un ordine secondo il prima e il poi,secondo il tempo. Diversamente dalla geometria che espone i rapportitra grandezze simultaneamente nello spazio visivo, la musica espone irapporti tra suoni successivamente nel tempo auditivo. Mentre dun-que lo spazio visivo persiste simultaneo, il tempo auditivo succede,cioè accade e sussiste attimo dopo attimo 31. Cosa dunque può darepersistenza simultanea a questo attimo del tempo auditivo? La duratasonora. È qui che si inserisce il De musica di Agostino, con la genialeiniziale riflessione sul rapporto tra diu, tarde e velociter 32. Nel diu comedurata, come diuturnitas ciò che può trascorrere tarde o velociter è ladimensio numerosa 33, cioè il numero delle volte, la frequenza variabiledel ritmo che può rientrare in una misura, in un modus, che è poi inorigine il battito più o meno numeroso del piede del grammatico, delpes metrico che scandisce e numera il progresso della voce che arti-

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30. Robert Kilwardby, De ortu scientiarum, cit., cap. 18 § 130, 52.31. Ibid., cap. 18 § 126, 50-51: «Cum igitur duo sunt sensus maxime disciplina-

les secundum Aristotelem in principio Metaphysicae [I 1, 980a 21-b 25] et libro Desensu et sensato [cap. 1, 437a 3-5], scilicet visus et auditus, post praedictas scientias[geometria, astronomia, prospettiva] ad quas quodammodo per visum ventum est,coepit homo in sono obiecto auditus delectari. Cuis causam admirans incepit eamquaerere et sic incepit philosophari circa obiectum auditus. […] hoc dico quia avisu rationabiliter procedit humana admiratio usque ad auditum, quia visus estsensus nobilior in se et ad doctrinam utilior».

32. Agostino, De Musica, I 7, 13 cito dalla edizione, Aurelio Agostino, Musica,Introduzione, traduzione, note e apparati di M. Bettetini, Milano 1997, 32 ss., madi cui tengo conto del solo testo latino di P. L. XXXII, 1090-1091.

33. Agostino, De Musica, I 9, 15 (ediz. Bettetini 38), ma v. II 2,2 PL. XXXII 1001.

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cola la fonazione poetica 34. Ma a ben vedere, il senso ultimo di que-sto motus numerosus è la elencazione e dislocazione successiva deinumeri come condizione ultima della percezione della durata e delladimensio. I numeri sono infatti notae, cioè contrassegni per la memo-ria, che hanno un loro vocabulum che li rende signa per tutti, e con cuiricordiamo ciascun modus o segmento misurato di tempo, da cui lasorge la modulatio 35. Dunque i numeri sono note del tempo o, reci-procamente, le note sono numeri del tempo. Il numero del ritmopoetico e musicale si scopre dunque radicato, come del resto è pro-prio del numero, nella temporalità.

Ma parlare del tempo nel Medioevo comportava implicitamenteun riferimento al tempo astronomico. L’unico e preciso cronometrouniversale, quali che fossero i sistemi escogitati per computare il ritmoquotidiano, era infatti considerata l’ottava sfera, quella delle stellefisse. Aristotele, nel IV della Physica, aveva dato la celebre e fortunatadefinizione di tempo come numero di movimento secondo il primae il poi: «hoc enim est tempus: numerus motus secundum prius etposterius» 36. Proprio per la regolarità che tale definizione comportavacon la legge costante del numero, Aristotele aveva indicato la primamisura fisica del tempo nel moto delle stelle fisse, l’unico che godessedei requisiti di un moto veramente circolare e uniforme, privo delleanomalie e delle variazioni periodiche proprie dei pianeti, visibile atutti e computabile quindi in modo evidentissimo («circulatio regula-ris mensura maxime, quia numerus huius notissimus»):

Quoniam autem est loci mutatio et huius circularis [il moto delle sfere],numeratur autem unumquodque uno quodam proximo […] sic et tempustempore quodam finito; mensuratur autem, sicut diximus, tempusque motu etmotus tempore: hoc autem est quia sub terminato motu tempore mensuraturmotusque quantitas et temporis. Si igitur prima mensura omnium proximo-rum, circulatio [cioè il moto circolare delle stelle] est regularis mensuramaxime, quia numerus huius notissimus est […]. Unde et videtur tempus essespere motus, quia hoc mensurantur alii motus et tempus hoc motu […]. Ettempus enim ipsum esse videtur circulus quidam 37.

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34. È del resto da un esempio di scansione metrica e di piede che inizia il Demusica I 1 (20, 22) che da amplissimo spazio alla metrica e alla prosodia come incu-naboli della musica. In quanto vox modulata la musica trova il suo più alto com-pimento, come finirà per dirci l’XI e il XII delle Confessiones, nel canto comefonazione del verbum.

35. Agostino, De Musica, I 10, 17 (62, 64).36. Aristotele, Phys., IV 11, 219b 1-2 (Aristoteles Latinus,VII 1.2, 175).37. Ibid., IV 14, 223b 12-29 (189-90).

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Non è quindi un caso che questa definizione di tempo fosse ripresadai teorici della musica o talvolta attribuita ad Aristotele con variantidi altra tradizione. Marchetto di Padova nel Pomerium (I ii, tract. 59)afferma «Omnis enim mensura in certa quantitate et tempore est, namtempus est mensura motus (per Philosophum quarto Physicorum)» 38.Giovanni Vecchi d’Anagni invece impropriamente cita: «Unde tempussecundum philosophum sic diffinitur: Tempus est mora motus mutabi-lium rerum» e aggiunge a precisare che «Dividitur tamen tempus perannum, menses, hebdomadas, dies, quadrantes, horas, punctos,momenta, uncias et atomos. Atomus vero indivisibilis est» 39. Un indi-zio di quanto i musici condividessero da secoli con astronomi e cro-nologi la primaria esigenza, oltre che i medici attraverso il ritmo delpolso 40, di fissare un canone, una misura minima, con cui scandire enumerare il tempo.

Questo canone è derivato anzitutto, come abbiamo visto, dal motocircolare e uniforme della sfera stellata e dagli astri considerati i cro-nocratori per eccellenza. Un concetto cui aveva dato un potenteapporto di continuità la tradizione del Timeo: «Tempus vero caeloaequaevum est [àma gègonen = nacque assieme] […] archetypusquippe omni aevo semper existens est» 41 aveva affermato Platone,precisando che il tempo come scorrere uniforme dell’ottava sfera èun’immagine dell’eternità che rimane sempre nell’unità e che pro-cede secondo la legge del numero:

Quapropter imaginem eius [aevi] mobilem, numeroque serpentem factaea se machinae deus sociabat eam quae tempus dicitur, aevo intacto et in sin-gularitate perseverante 42.

Trasposta nella musica questa immagine dell’eternità che procedenell’unità e secondo la legge del numero non può che tradursi nella

MUSICA E COSMOLOGIA: L’ARMONIA DELLE SFERE

38. Marchetus de Padua, Pomerium, edidit Joseph Vecchi, American Institute ofMusicology, 1961, 75-76.

39. Iohannis Vetuli de Anagnia, Liber de Musica, edidit Frederick Hammond, Ame-rican Institute of Musicology, 1977, 28-29.

40. Da rilevare la fine considerazione al riguardo di Aristide Quintiliano DeMusica libri tres, III 8 (ed. R. P.Winnington-Ingram, Leipzig 1963, 106): «La medi-cina fonda anch’essa tutta la sua ricerca sui numeri, che si tratti di prendere ilpolso e contare i battiti o si tratti di stabilire i rapporti tra tipi di febbre ad accessoperiodico».Vedine la traduzione e commento: Aristide Quintilien La Musique, tr. etcomm. de Fr. Duysinx, Genève 1999, 196-97.

41. Timaeus a Calcidio translatus commentarioque instructus, 38B (ed. J. H,Waszink,Londinii et Leidae 1962, 30).

42. Ibid., 37D (p. 30 Waszink).

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durata sonora nella sua forma più semplice e originaria, cioè l’iden-tità ininterrotta dell’emissione di una medesima nota che nella suc-cessione degli attimi rispecchia il sé in sé con identico suono. Il cantusfirmus, il bordone, non a caso, si trova spesso assimilato al moto perennee uniforme della sfera stellata, cioè all’essenza del tempo nella suadimensione fisica. Un suono immagine dell’eternità non può che esseresuono uniforme, perché abolisce dal tempo la successione, cioè il suc-cedersi delle note modulate nella direzione secondo il prima e il poi 43.

Numero e tempo, come si vede, sono i due perni che tengono,appunto, fissate in uno stesso cardine musica e astronomia, ma ciò cheoccorre vedere ora più da vicino è come le due scienze si integrinoreciprocamente a costituire la nozione di armonia del cosmo, dimusica delle sfere. L’idea più comune, e in qualche modo vulgata, diquesto tema è che si tratti della emissione di suoni sublimi da partedelle sfere e degli astri in una sorta di concerto osannante alla bellezzadel mondo celeste 44. Idea non certo falsa ma quanto meno parziale,

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43. Non va dimenticato che il luogo argomentato più antico sulla musica dellesfere è proprio in un mito platonico, quello di Er, raccontato nella Repubblica,617B: dove come metafora dei cieli si vedono otto cerchi concentrici innestati sulfuso di Ananke «il più rapido era l’ottavo, poi il settimo, il sesto e il quinto cheandavano con stesso passo reciproco; poi il quarto sembrava andare muovendosicon un terzo moto in questa rotazione inversa, il terzo con un quarto moto, ilsecondo con un quinto. Il fuso girava sulle ginocchia di Ananke. In cima a ciascuncerchio si teneva una Sirena che girava assieme a lui e che emetteva una sola vocedi un tono; sicché da tutte otto che erano risultava il consonare di un’unica armo-nia». Oscura è l’origine di questi distinti suoni attribuiti alle sfere. Come ricordaF. Cumont, Recherches sur le symbolisme funéraire des Romains, Paris 1942, 327 le piùantiche credenze greche facevano delle sirene anime-uccello gracidanti e volteg-gianti, provenienti dalle tombe dei morti desiderosi, come vampiri, di alimentarsiper non perire (è il caso delle Arpie, o delle deità marine del mito di Ulisse). Pereffetto della loro trasfigurazione da animali sanguinari in divinità ctonie abitatricidell’Ade esse divennero lacrimose consolatrici dei morti e, infine, con la dottrinapitagorica dell’immortalità astrale, le Sirene assunsero valore escatologico diaccompagnatrici dei morti nelle regioni celesti. I loro pianti funebri e le neniedivennero scie musicali delle sfere (di qui la loro comparsa nel mito di Er). Pro-clo nel suo Commentario alla Repubblica (II 327, Kroll) afferma che le Sirene sonole anime delle sfere a cui imprimono il movimento.

44. La bibliografia al riguardo abbonda, come pure ricchissima è la dossogra-fia, per cui è da vedere l’ordinata elencazione di J. Pepin, «Harmonie der Sphä-ren», in Reallexikon für Antike und Christentum, XIII, Stuttgart 1986, 593-618; si puòaggiungere H. Shavernoch, Die Harmonie der Sphären, Freiburg 1981 (non consul-tato); Harmonia mundi. Musica e filosofia nell’antichità. Music and Philosophy in theAncient World, a cura di Robert W. Wallace e B. MacLachan, Roma 1991; J. James,The Music of the Spheres: Mucis, Science and Natural Order of the Universe, New York1993; Musik- und die Geschichte der Philosophie und Naturwissenschaften im Mittelal-ter. Frage zur Wechselwirkung von ‘Musica’ und ‘Philosophia’ im Mittelalter, hrsg. von F.Entschel, Leiden-Boston-Bonn 1998, bibliografia: 373-403.

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che identifica immediatamente la nozione di armonia con l’armoniamusicale quale effetto di un’emissione concertata di suoni, e nonpiuttosto quest’ultima come riflesso di una più profonda o quantomeno preliminare nozione di armonia, fondata sul rapporto tranumeri e le corrispondenti proporzioni tra grandezze. Questa conce-zione non tiene conto dei fondamenti geometrici e aritmetici (pro-porzioni e numeri armonici) che consentirono a filosofi, astronomi ematematici antichi di postulare un isomorfismo di struttura tra musicae astronomia e, una volta fissato questo isomorfismo, di trattare ambe-due come organi produttori di suono. «Ita symphonia musicaesymphoniae numerorum concinere invenitur» afferma Calcidio 45.

È ancora Kilwardby a ricordarci, sulla base del De Institutione musicadi Boezio 46 che ciò che consente a musica percussiva, lirica e tibicinadi divenire armonia è l’accordo del diseguale, cioè il rendere concors ildiscors:

[…] coepit homo in sono obiecto auditus delectari […] et […] causaeuphoniae inventa est esse sonorum inaequalium harmonica mixtura […]inventa a Pythagora per malleorum ferientium pondera inaequalia et perchordarum inaequalium tensionem et per calamorum inaequalium longitudi-nem […]. His igitur modis proportionum coeuntes soni inaequales musicasconsonantias constituerunt, et ideo posuerunt recte musicam audibilem essede sono harmonice numerato vel de numero sonorum harmonico 47.

L’aritmetica fornisce alla musica la possibilità di ridurre i soni inae-quales ad harmonica mixtura, non attraverso la serie dei numeri natu-rali, pari, dispari, perfetti, che costituiscono una pura successioneordinata e crescente all’infinito secondo un costante intervallo tra ilprima e il poi e che esprimono la somma crescente delle loro unità(due, tre, quattro), ma attraverso un altro genere di numeri, che noidiremmo espressioni frazionarie, che sono “modi di chiamare” o“nomi” che denotano una determinata proporzione, il «quanto» di unrapporto, come doppio di [diplàsion], più grande di [mèizon], più piccolo di[èlatton], metà di [èmisu], una volta e mezzo di [emiòlion], una volta e unterzo di [epìtriton]. Con questa semplice tecnica di misurato confrontotra linee, grandezze, suoni, che sono tra esse inaequales, e proprio per-

MUSICA E COSMOLOGIA: L’ARMONIA DELLE SFERE

45. Timaeus a Calcidio translatus commentarioque instructus, § XLVI, ed. J.H.Waszink, 95.

46. I 3, ed. Friedlein, 190-91.47. Robert Kilwardby, De ortu scientiarum, cap. 18 (De ortu musicae et subiecto et

fine proprio ac definitione) §§ 126-128, ed. Judy 50-52.

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ché diseguali, è possibile trovare una ragione di corrispondenza pro-porzionale e, ancora, di commistione armonica che renda il discordeconcorde.Allo stesso modo nella musica le consonanze [symphonìai] siregolano secondo il numero [katà arithmòn], denominando gli inter-valli di quarta [dià tèssaron], di quinta [dià pènte], di ottava [dià pasòn].Similmente anche i rapporti o le proporzioni armoniche [harmonikoùslògous] sono totalmente numeriche [arithmetikoùs pàntôs èchousin]: laquarta, ad esempio è epìtrita, cioè una volta e un terzo, la quinta èhemiola, cioè una volta e mezza, l’ottava è diplàsios cioè doppia 48.

È opportuno ricordare a questo proposito che il numero di cuiparlano greci e latini, l’arithmòs, non è né il numero degli arabi, néquello della aritmetica moderna. L’arithmòs propriamente detto è unaggregato costituito di elementi discreti indivisibili, i sassolini o cal-culi. La serie dei numeri, in quanto aggregati, inizia dal due, proce-dendo a crescere per aggiunta di elementi discreti, senza fine e senzafini verso l’indeterminatamente grande. In quanto non costituente unaggregato di elementi e, dunque, non plurimo, l’uno non è compresonella serie degli arithmòi, ma ne rimane separato come monade sem-plice. Al di sotto della serie discreta dei numeri, intervallata dallamonade, inizia il continuo della geometria, le cui grandezze, superficio linee, sono soggette a un processo inverso a quello degli arithmòi,cioè quello della regressione dal tutto alla parte cioè la suddivisionefrazionaria. Per questa ragione, come si è visto, il numero applicatoalla geometria o alla musica cambia nome, esso non esprime più lasommatoria di unità, due tre quattro, ma un rapporto tra grandezze o,meglio, tra linee, in forma di multiplo o sottomultiplo, diplasios, dop-pio, hemiolius, una volta e mezza, epìtriton, una volta e un terzo. Direpertanto che i numeri della musica sono numeri harmonici non vuoldire che sono cifre o valori assoluti, vuol dire che esprimono la quotaparte, la frazione di una grandezza geometrica o, meglio, di una lineageometrica data o, quello che più conta, finita.

Questa linea geometrica data, nella tradizione musicologica pita-gorico neoplatonica, corrispondeva a una vera e unica corda tesa agliestremi di uno strumento, detto appunto monocordo, su cui si dicevaPitagora avesse derivato, facendone vibrare frazioni di diversa eopportuna lunghezza, la scala musicale. Un esempio quanto mai evi-dente è la Sectio canonis di Euclide in cui gli accordi e i rapporti di

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48. Cfr. il già citato Nicomaco Introductio I 5, § 1 (ed. Hoche, 10-11) e il passoparallelo di Boezio, Institut. Arithm., I 1 (ed. Friedlein, 11).

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armonia sono ricondotti a confronti tra linee geometriche, o corde, eil cui teorema 19, dimostra come il canone possa risolversi in una seriedei toni interamente distribuiti su una sola riga o corda α � (mono-cordo) 49. Ciò vuol dire che i vari toni possono ottenersi o premendola corda con il polpastrello nel punti opportuni, cioè accorciando nelleproporzioni dettate dai numeri armonici l’unica corda del mono-cordo; oppure tagliando altrettante corde di lunghezza uguale allediverse frazioni del monocordo e fissandole in parallelo su una cassa dirisonanza, per ottenere lo strumento della cetra o della lira.

Il principio dell’armonia o «musica delle sfere» non è altro chel’applicazione di queste scale proporzionali all’astronomia o, meglio,alla lunghezza delle orbite planetarie, nella convinzione che la serie dinumeri proporzionali che regola i toni degli strumenti a corda regolianche il periodo delle orbite e l’intervallo intercorrente tra i pianeti.Una concezione troppo spesso banalizzata nell’idea che si trattassedella semplice, magica credenza nell’emissione dei suoni da parte deipianeti 50. Il processo dovette semmai essere inverso, quando astro-nomi e musici greci ebbero riscontrato, o ritenuto di riscontrare, chegli intervalli tra i pianeti corrispondevano a quelli dei toni sul doppiotetracordo, allora dovettero concludere per un’analogia ancora piùstringente, tra posizione assunte dai pianeti e corrispondente emis-sione dei toni musicali. Questo del resto è già, come abbiamo accen-nato 51, il concetto di armonia delle sfere fissato da Platone nel mitodi Er della Repubblica, nella quale ogni sfera reca sopra di sé nel suoruotare una Sirena, ciascuna delle quali emette un tono diverso dallealtre. In ogni caso il tema dell’armonia delle sfere è anzitutto tema cheriguarda un concetto matematico ben più impegnativo e tecnico,concetto analizzato costantemente dagli astronomi e musici antichi e

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49. La Sectio canonis di Euclide è alle pp. 148-66 e il teorema alle pp. 163-65 diMusici Scriptores Graeci.Aristoteles, Euclides, Nicomachus, Bacchius, Gaudentius,Alypius,et melodiarum veterum quidquid extat, ed. C. Janus, Lipsiae 1895. Una traduzionelatina è in Euclidis Rudimenta Musices. Eiusdem Sectio regulae harmonicae e RegiaBibliotheca desumpta, ac nunc primo Graece et Latine excusa. Ioanne Pena Regio Mathe-matico interprete, Parisiis 1557, 7-11, il teorema in questione è alla p. 11.

50. Singolare al riguardo l’Enchiridion di Nicomaco, cap. 3 (in Musici ScriptoresGraeci. Aristoteles, Euclides, Nicomachus, Bacchius, Gaudentius, Alipius, et melodiarumveterum quidquid extat, ed. Carolus Janus, Lipsiae 1895 235-265), che razionalizzal’origine pitagorica della credenza con una spiegazione di natura fisica: gli astrisono capaci di provocare onde sonore; v. anche il commento di Flora R. Levin,The Harmonics of Nicomachus and the Pythagorean tradition, American PhilologicalAssociation 1975.

51. Cfr. n. 43.

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medievali, cioè l’applicazione dei rapporti di consonanze musicali allostudio dei corpi celesti, per calcolare le corrispondenze e le propor-zioni all’interno delle innumerevoli configurazioni geometriche sug-gerite dalla sfera celeste, come le posizioni di opposizioni, sestile, qua-dratura, trino, dei pianeti sullo zodiaco, o il rapporto tra altezza deltono e moto periodico degli astri, e lunghezza delle orbite, e distanzedei pianeti tra di essi e la Terra. Un vero e proprio strumento euri-stico impiegato, ora con estremo dettaglio tecnico, ora nella formadella favola cosmologica, sia dagli studiosi di musica che, ovviamente,di astronomia. Per loro è evidente che il cosmo è una forma di armo-nia musicale. Un tema ricorrente dall’antichità a tutto il Medioevo, daPlinio il Vecchio 52, ad Igino 53, ad Aristide Quintiliano 54, a Tolo-meo 55, a Censorino 56, a Favonio 57, a Marziano Capella 58, a Macro-

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52. Naturalis historia, II, 21-22 §§ 83-84 (ed. J. Beaujeu, Paris 1950, 36, 172-75).53. De Astronomia, IV 14, 4 (ed. A. Le Boeuffle, Paris 1983, 141-43).54. De Musica libri tres, III 20 (ed. R. P.Winnington-Ingram, Leipzig 1963, 119)

che esordisce «È evidente anche nel corpo dell’universo un modello musicale»;cfr. Aristide Quintilien La Musique, tr. et comm. de F. Duysinx, Genève 1999, 218.

55. Harmonicorum III 3-4, 8-16; Die Harmonienlehre des Klaudios Ptolemaios, hrsg.I. Düring, Göteborg 1930, 91-95, 101-11: v. anche Ptolemy, Harmonics, translationand commentary by Jon Solomon, Leiden-Boston-Köln 2000, 138-44, 152-65.Tolomeodà uno schema della corrispondenza tra suddivisione degli aspetti astrologici eaccordi musicali, in Harmon. III 9 (p. 103 Düring; p. 156 Solomon).

56. De die natali, cap. 13 (ed. N. Sallmann, Leipzig 1983, 22-25, con meticolosoapparato di fonti).

57. Disputatio de Somnio Scipionis, II pars. (ed. A. Holder, Lipsiae 1901, 14-21).58. Marziano Capella, De nuptiis Philologiae et Mercurii, I 27-29, ed. J.Willis, 12-

13, dove a guidare le sfere non sono più le Sirene ma le Muse: «Superi autem globiorbesque septemplices suavis cuiusdam melodiae harmonicis tinnitibus concine-bant ac sono ultra solitum dulciore, quippe Musas adventare praesenserant, quaequidem singillatim circulis quibusque metatis, ubi suae | pulsum modulationisagnoverant, consisterunt. Nam Uranie stellantis mundi sphaeram extimam conti-natur, quae acuto raptabatur sonora tinnitu, Polymnia Saturnium circulum tenuit,Euterpe Iovialem, Erato ingressa Martium modulatur, Melpomene medium, ubiSol flammanti mundum lumine convenustat, Terpsichore Venerio sociatur auro,Calliope orbem complexa Cyllenium, Clio citimum circulum, hoc est in Lunacollocavit hospitium, quae quidem graves pulsus modis raucioribus personabat.Sola vero, quod vector eius cycnus impatiens oneris atque etiam subvolandialumna stagna petierat, Thalia derelicta in ipso florentis campi ubere residebat.Interea tractus aerios iam Phoebus exierat, cum subito ei vitta crinalis immutaturin radios, laurusque, quam dextera retinebat, in lampadem mundani splendorisaccenditur». Quanto al coro delle Muse e alla sua assunzione nel coro planetarioguidate da Apollo Febo Musagete, cioè il Sole, F. Cumont, Recherches, 258 ss.ricorda che l’azione attribuita alle Muse sul destino delle anime aveva, secondo ifilosofi, una fonte diversa e una diversa e superiore potenza di quanto credesserole prime forme mitologiche della Grecia. Il mito primitivo diceva che le NoveMuse scendevano di notte dal sommo dell’Elicona attraverso i boschetti sacri can-tando inni agli dei e danzando attorno alle acque limpide delle fonti del sacro

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bio 59 e poi di lí, per il tramite soprattutto del Timeo platonico si per-petuò oltre l’incontro con la fisica e la cosmologia di Aristotele.Temae quesito sull’armonia delle sfere che fu posto in subordine, ma noncancellato, dall’entrata di Aristotele nell’Occidente latino e dal ridi-mensionamento del Quadrivio. Un Quadrivio visto come sistemadelle matematiche elevato ma astratto rispetto ai priora nobis, ai piùconcreti temi della fisica e della cosmologia peripatetica. Ma il que-sito sull’armonia e il metodo euristico delle proporzioni come pro-prio della teoria musicale fu mantenuto, e attraverso le scuole d’abacoe gli studi neoplatonici di matematica e astronomia, giunse fino aCopernico e Keplero. In essi si ritrova centrale il problema dellaricerca dell’armonia delle sfere come rapporto proporzionale traampiezza delle orbite, durata dei periodi e distanze dei pianeti dalSole, e in Keplero si svilupperà nell’Harmonices mundi in una intera efamosissima teoria del sistema planetario come partitura musicale.

Ovvio ricordare che chi aveva imposto al mondo antico, medievalee occidentale il tema dell’armonia delle sfere, anzi, dell’intero cosmo,come rapporto tra numeri concordi e discordi, consonanti e disso-nanti dell’armonia musicale era stato Platone nel Timeo. Il Demiurgoinfatti nel costruire l’anima del mondo ne suddivise la sostanza nellasequenza numerica 1, 2, 3, 4, 9, 8, 27:

unam sumpsit [1] ex universo primitus portionem, post quam duplicemeius quam sumpserat [cioè 2 il doppio 1], tertiam vero sescuplam quidemsecundae, triplam vero primitus sumptae [3], at vero quartam sumpsit dupli-cem secundae [4], quintam triplam tertiae [9], sexta fuit assumptio partibusseptem quam prima propensior [8], septima sex et viginti partibus quamprima maior [27] 60.

MUSICA E COSMOLOGIA: L’ARMONIA DELLE SFERE

monte. Del coro melodioso Apollo Musagete regolava il canto e le evoluzionidella danza. Mito che ben presto assunse il significato simbolico di un valore piùprofondo. I Pitagorici ritenevano che i moti eterni dei corpi celesti facesserovibrare l’etere secondo la loro velocità relativa e che producessero accordi musi-cali percepibili solo da chi avesse raggiunto uno stato di perfezione spirituale:Pitagora avrebbe già lui insegnato che si tratterebbe delle voci del cielo delle stellefisse, dei sette cieli planetari e dell’antiterra. Le Muse, si diceva, sarebbero le verevoci celesti che producono l’armonia delle sfere.Tutto il testo di Marziano è unaraffinata favola a prosimetro sugli affascinanti intrecci del Quadrivio attraverso lepersonificazioni di Geometria, Arithmetica, Astronomia e Harmonia.

59. Comm. In Somnium Scipionis, II 1, 4-25; 2, 1-24 è la ripresa del mito plato-nico dell’anima del mondo e del suo tessuto armonico, 3, 1-16 sul canto delle Si-rene e delle sfere, 4, 1-15 sulla diversità dei suoni (ed. J.Willis, Lipsiae 1963, 95-109).

60. Timaeus a Calcidio translatus, 35 B, ed.Waszink, 27.

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La serie così ottenuta non è altro che la successione alternata, par-tendo dall’1-monade, dei quadrati del primo numero pari (2, 4, 8) e diquelli del primo numero dispari (3, 9, 27). Due progressioni che nondevono intendersi come multipli della monade ma – come nel mono-cordo – come sottomultipli via via ‘ritagliati’ e sottratti in modo pro-porzionale da un’unità primitiva. Sicché nell’anima del mondo coesi-stono l’identità dell’uno che essendo dispari è indivisibile e l’alteritàdella diade che essendo pari è perennemente divisibile. Costituita delmedesimo e del diverso, d’identità e alterità, l’anima ha in sé la radice siadell’identico e dell’immobile che del diverso e del mobile. Una ten-sione e un disaccordo che il Demiurgo dovrà risolvere in accordo.

Confrontando le due serie si scopre infatti che le rispettive coppiedi numeri esprimono i rapporti di consonanza delle corde musicali:2:1, l’intervallo di ottava (diapason); 3:2 l’intervallo di quinta (diapente);4:3, l’intervallo di quarta (diatessaron); 9:8 il tono; 27:9 l’intervallo diottava + di quinta (diapason + diapente)61.

È in conformità a queste proporzioni che il Demiurgo, non pareg-giando le diversità ma armonizzandole, fabbrica l’essenza dell’animadel mondo. Egli infatti suddivide l’essenza dell’anima in due strisce,quella del medesimo e quella dell’alterità, che poi incrocia e sovrap-pone in forma di chi greco congiungendone gli estremi e formando intal modo due cinture adiacenti. Esse diverranno le due fondamentalicinture del cosmo, la più esterna (quella del medesimo) destinata adivenire l’equatore celeste e a muovere la sfera stellata attorno all’assedel mondo, e la più interna (quella dell’alterità) destinata a divenire lozodiaco che cinge le sfere del Sole e dei pianeti muovendole in sensoinverso. Rispetto alla giacitura dell’equatore celeste, che è ‘normale’all’asse del mondo, quella dello zodiaco è ‘obliqua’ e dunque ‘anomala’e ‘diversa’. Con ciò Platone vuol dare ragione metafisica al perché delcontrasto che gli astronomi avevano notato tra il moto uniforme eordinato delle stelle fisse attorno all’asse del mondo, e quello difformee invertito dei pianeti attorno all’asse inclinato dell’eclittica. Un con-trasto e un’opposizione metafisica tra identità e alterità che, per Pla-tone, l’anima del mondo porta nella propria essenza e trasferisce alcosmo, ma risolta in armonia dei discordi. Nel cosmo si iscrivonoinfatti le sfere e le orbite astrali come altrettanti cerchi dell’anima del

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61. Timaeus, 35 B-36 B, ed.Waszink, 27-8; lo smembramento del testo platonicooperato da indaginose interpretazioni è tale (cfr. L. Brisson, Le Même et l’Autredans la Structure Ontologique du Timée de Platon, Sankt Augustin 19942, 270-340) cheil partito migliore è non tenerne conto.

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mondo, lungo le quali i pianeti corrono con velocità relative difformispostandosi continuamente di posizione reciprocamente e rispettoalle stelle fisse. Una danza circolare (una choreia con espressione tipicadell’astronomia greca) che al moto costante e uniforme dell’ottavasfera oppone il contrappunto irregolare delle anomalie dei pianeti. Ilcielo si manifesta allora come uno spartito musicale, le orbite sovrap-poste come un pentagramma, e gli spostamenti puntiformi dei pianeticome note che si rincorrono.

Lo spazio celeste e lo spazio musicale trovano così una crescenteragione di raffronto nella nuova scrittura musicale, cioè quella dellospartito segnato da righe parallele di diverso colore sulle quali sidispongono con misure e suddivisioni sempre più regolari dapprimai neumi e poi le note. La notazione diastematica e la più tarda tecnicadella intavolatura62, appaiono descrivere le frasi musicali in modosimmetrico a quello delle frasi planetarie che ciclicamente i corpicelesti descrivono sul solido appoggio delle orbite cristalline. Le frasistesse del tempo, ore, giorni, mesi, anni, diventano battute di unasymphonia, che deve pur aver una conclusione e un accordo finale. Èqui che sorge il tema del grande anno63. Mentre lo scorrere infinitoe uniforme del cielo dell’identico (delle stelle fisse), è come un cantusfirmus che torna in se stesso transitando attraverso l’identico, la misuravariabile dei pianeti che, partiti assieme come per una gara di circo,continuano a inseguirsi e superarsi, è come un cantus fractus a vocidispari, con nuove combinazioni fino a che, ricombinandosi le posi-zioni di partenza, la symphonia dovrà concludersi per iniziare con lastessa frase come un ritornello. Note e pianeti hanno una stessa scrit-tura a canone, un canto ciclico come ciclico è il ruotare delle carole.

Nella grande metafora dell’armonia delle sfere come armoniamusicale, sin qui tracciata, non c’è nulla di concesso all’immaginario.Voglio concludere ricordando come è merito di Alberto Gallo di aversegnalato e trascritto lunghi brani dal manoscritto monacense delLiber Introductorius di Michele Scoto, in cui l’astrologo di Federico IIdi Savoia compie una serie di significative e importanti analogie tramusica e astronomia 64:

Tra le sette lettere dell’alfabeto corrispondenti alle note e i pianeti:

MUSICA E COSMOLOGIA: L’ARMONIA DELLE SFERE

62. Cfr. l’articolo Notation, in The New Grove Dictionary of Music and Musicians,ed. S. Sadie, XVIII, London 2001, in partic. 91-140.

63. Timaeus, 39 D-E, ed.Waszink, 32.64. F. A. Gallo, «Astronomy and Music in the Middles Ages.The Liber introduc-

torius by Michael Scot», Musica Disciplina, 27 (1973), 5-9.

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sicut annus regitur per septem planetas et dies hebdomade sunt septemquibus continue volvitur annus tam solis quam lune, ita per septem literasalphabeti volvitur musicalis cantus et notatur (f. 41rb).

come i pianeti ascendono progressivamente dalla Terra comin-ciando dalla Luna, così pure le note ascendono in scala progressiva-mente, iniziando da gamma ut:

Gamaut in luna, are in mercurio, bemi in venere, cefaut in sole, desolre inmarte, elami in iove, efaut in saturno, gesolreut in 8a spera (f. 37va).

et sic in annis solaribus numero 19 luna complet suum annum maioremque per illius esse habetur notitia nostri cantus, et sic noster cantus non potestvariari ultra 19 terminos et hii termini reperiuntur sinistra manu (f. 38ra).

Scoto conferma che il cantus firmus nella polifonia corrisponde,come si è ricordato prima, al firmamento, cioè al cielo che ha unmoto identico e uniforme, rispetto a quelli planetari:

Et sic dicitur cantus firmus et nomen assumpsit a firmamento celi (f. 38ra).

Notevole a tal proposito il riferimento all’esecuzione di un organoalla cui firma vox immobile come l’ottavo cielo corrisponde, come nelmoto difforme e inverso dei pianeti, il moto vagante delle altre vociche ascendono e discendono fino all’accordo finale:

Patet autem hoc per cantum organi, qui cum firma vox sonet nec vagemotum faciat sive reddat, omnes voces soni mutabiles arsis et thesis sibi fina-liter referunt (f. 42rb).

Puntuale il raffronto tra le orbite del sistema astronomico e gliintervalli tra le linee della notazione musicale:

et ad similitudinem illorum planetarum note musicales sunt vario inter-vallo per differentiam spatii 4 linearum, in signum 4 elementorum, que lineesunt in carta pertinente, aut de rubeo tantum aut de rubeo et zallo atqueplumbino, et omnes 4 fiunt spatijs equalibus et super eas et inter eas sunt notecantabiles, id est modo una hic modo alia illic (f. 37vb-38ra).

Inoltre, come nel sistema musicale le due note D ed E sono collo-cate tra la linea gialla di C e la linea rossa di F, così nel sistema cele-ste ci sono due pianeti, Venere e Mercurio, tra la Luna e il Sole:

re et mi ascendendo […] ut inter solem et lunam non sunt nisi duo spere,scilicet mercurii iuxta lunam et altius veneris iuxta solem (f. 41va).

GIORGIO STABILE

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Di grande efficacia icastica l’immagine delle note musicali distri-buite variamente come le stelle nel firmamento, e così pure l’ideasecondo cui il graduale salire e scendere delle voci, a seconda dellaloro ‘leggerezza’ o ‘gravità’ sembrano imitare il continuo salire e scen-dere in senso alto o basso dei quattro elementi naturali:

Et super hos terminos et in eorum spatiis componuntur note diverse insignum vocum simile stellarum aspersarum per totum firmamentum … Undeper tales lineas et spatia linearum est motus gradualis scalarum, scilicet ascen-sionis et descensionis. Et sic vocum alie habent suum pondus ad sursum ut aeret ignis, et alie ad deorsum ut aqua et terra (f. 42va).

Dietro questo apparente disordine, ricorda Michele, in realtà nellamusica si cela una calcolata varietà di posizioni che producono laconsonanza del canto, e nell’apparente diseguaglianza di distanze tra icorpi celesti si realizza un mirabile ordine razionale:

et sic note notate in certo loco elevatione et depositione videntur adlocum erratice et inpedibiles cum sint ita asperse. Sed notandum quod nonerrant nec errorem inducunt homini scienti, ymo ex tali varietate locorum inquibus sunt adnotate pulchritudinem et dulcedinem suavis consonantie insonoritate cantus adducunt rationabiliter et presentant mirifice, ut planete etstelle in celo figuram signi nobis representantes tali aspersione, et hec estcausa quare imus planeta tantum distat ab alio et una stella ad alia, sciendoquod omnia spatia ex omni parte continent rationem sue mensure (f. 38ra).

Una volta tanto bisognerebbe far conseguire alle formule stereoti-pate che adoperiamo insegnando, la presa d’atto di conseguenze ine-vitabili. Se insegniamo che per i medievali il mondo è animato, chel’animazione delle sfere è per loro realtà sia fisica che ontologica,occorre insegnare che per loro il cosmo vive, e se il cosmo vive, cheil cosmo sente, e se il cosmo sente vuol dire che ha impressioni e seha impressioni, che ascolta e ha affetti e passioni. Vuol dire che perloro c’è un principio di coesione cosmica che tiene unito il mondo eche questa coesione non è costituita né da forze meccaniche, né daleggi di gravitazione universale, ma dalla harmonia, dalla symphonia,dalla sympatheia, cioè dal combinare «assieme», dal parlare «assieme»,dal sentire «assieme», uomini, animali e cose. Ma se questo è vero èanche vero che il mondo può essere evocato perché «sente» e ascoltae se ascolta risponde. La symphonia è dunque un parlarsi e rispondersidel mondo, dove l’eco è una vera, intenzionale risposta della natura alnostro richiamo e dove Orfeo, che conosce gli accordi dell’intera har-monia del cosmo può trascinare davvero con sé ogni cosa.

MUSICA E COSMOLOGIA: L’ARMONIA DELLE SFERE

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