di giorno la lettura, la sera i c oncerti
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«La mia edicola-rotativa, un omaggioal relax»
Dal vaso alla città,secondo natura
«Inclusione possibileanche a 1,20 m»
Seul, una «lastra diroccia» anteprima deinegozi futuri
La velocità necessaria «Cambia tutto, ora ciaspettala piu grandesfida creativa»
IL CONCORSO DEL CORRIERE
Di giorno la lettura, la sera i concertiL’edicola del dopo CoronavirusLa proposta dell’architetto colombiano Giancarlo Mazzanti e del suo studio El Equipo.«Un luogo che può diventare il centro delle comunità. Vedo l’edicolante come unmanager delle relazioni»
di Silvia Nani
L’edicola progettata da El Equipo Mazzanti per il Corriere della Sera
Colombiano di origine italiana, Giancarlo Mazzanti, con una laurea inarchitettura nel suo paese e studi post laurea in industrial design earchitettura a Firenze e una notorietà internazionale, progetta tenendo alcentro i valori sociali. Il suo lavoro è un riflesso dei cambiamenti in attonell’America Latina e la dimostrazione che una buona architettura puòaiutare a trovare nuove identità per città e abitanti. Con il suo studio, ElEquipo, è uno dei 7 autori dei progetti per il nostro concorso «L’Edicola delfuturo», curato da Luca Molinari e ideato dall’agenzia di comunicazioneNemo Monti con il Corriere della Sera. Un progetto esattamente in linea conquesta filosofia, oggi più che mai attuale, se si pensa al «distanziamento» peril Coronavirus e all’inevitabile ricostruzione, in questo caso non concreta mapsicologica, che sarà indispensabile a fine emergenza.
«Time for Play» è il nome programmatico del suo progetto per il Corriere: «Èun giocattolo urbano da assemblare. Uno spazio aperto e flessibile, scenariodi attività di interazione tra gli abitanti del quartiere», spiega Mazzanti.L’edicola funziona come un kit di montaggio composto da tre petali intorno aun centro, con due parti mobili, superiore e inferiore, che alzandosi siespandono e si contraggono abbassandosi. «In base all’uso, è la comunitàstessa a contribuire alla configurazione, diventando partecipativa al progetto.Così l’edicola diventa un elemento parte del quartiere, in quanto attivatore diun meccanismo di relazioni. Con, in più, la capacità di generare uno scambiomaggiore e più profondo dell’informazione tra chi la fornisce e chi lafruisce». Insomma, il coinvolgimento genera fiducia e, a cascata, innesca unmeccanismo virtuoso di positività verso la filiera giornali-edicola-edicolanti.Certo, di questa dinamica positiva basata sullo scambio comunitario, quandosarà finita questa emergenza, ci sarà ancora più bisogno. «La crisi generatadal Coronavirus diventerà un apprendistato per costruire nuove forme dirapporto con gli altri. Cambieranno il modo di frequentarsi e di costruire lavita sociale», sottolinea Mazzanti. In questo caso l’edicola potrebbe essere uncondensatore sociale per i quartieri. «Con un utilizzo pratico, installandodispositivi dedicati si trasformerebbe in palcoscenico per concerti musicali,conferenze, un teatro di marionette, presentazioni per la Design Week. Maanche bar-caffetteria, luogo di vendita, persino una passerella per sfilate o ungrande tavolo per lavorare».
Un approccio multiforme, che trasformerebbe, volendo, anche il ruolodell’edicolante: «Diventerebbe un manager in grado di programmare attivitàcon e per la comunità». Ma c’è di più, perché il chiosco potrebbe essere parteattiva anche nell’interscambio delle informazioni da notiziari, riviste,giornali, giornalisti con la comunità: «Con le dovute dotazioni, sarebbe un“oggetto” funzionale per la raccolta, l’archiviazione e la trasmissione diinformazioni multimediali (audio, video, immagine, testo). Da condividere»,sostiene Mazzanti. Un progetto frutto di riflessioni condotte in occasionedell’elaborazione di architetture che Mazzanti ha sviluppato nel tempo. «Unaè la biblioteca España, a Medellín, esempio di un nuovo scenariosocioculturale, capace di favorire nuove dinamiche di quartiere e a risvegliareun senso di appartenenza da parte della comunità. Oltre a generare nuovimodelli di economie collaborative. Un’altra è l’ Ucbm Università CampusBiomedico, nella periferia di Roma, architettura adattabile, composta damoduli per un sistema aperto e flessibile, con elementi intercambiabiliadattabili nel tempo. Un’altra ancora è il Parque Educativo de Marinilla, inColombia, esempio di meccanismo per la raccolta e trasmissione diinformazioni tra comunità e sistemi educativi tradizionali. Luogo diistruzione, ma anche edificio che moltiplica il suo utilizzo e diventa veicoloper un processo di riforestazione della zona». Lei ha partecipato attivamente,con i suoi progetti di architettura, alla ricostruzione di Medellin. Qualeconsiglio ci darebbe per la «ricostruzione» post Coronavirus? «RipensareMedellín, dopo l’orrore della guerra con il narcotraffico negli anni ‘80, si èbasato sul favorire la riconquista della fiducia, attraverso meccanismi dipartecipazione dei cittadini e co-creazione nella definizione di progetti tracomunità e governo. Quest’ultimo è stato un punto nodale: ricostruire lafiducia tra gli abitanti impauriti e lo Stato è stato fatto, per esempio,attraverso politiche di equità pubblica e istruzione che l’architettura hamesso in pratica attraverso il lavoro partecipativo con le comunità. Che cosìsi impossessa degli spazi, e il senso di orgoglio e appartenenza. Nel caso delpost Coronavirus, credo che dovremo ricomporre, oltre alla fiducia, il modoin cui le decisioni vengono prese dallo Stato nella costruzione delle città. Perparte nostra, come architetti, dovremo realizzare progetti in cui le comunitàpossano partecipare in modo più attivo nel processo decisionale. Potrebbeun’edicola aiutare a creare fiducia? Io credo di sì».
20 marzo 2020 (modifica il 27 marzo 2020 | 19:26)© RIPRODUZIONE RISERVATA
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