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DIPARTIMENTO DI STUDI LINGUISTICO-LETTERALI,STORICO-FILOSOFICI E GIURIDICI
Relazione per il Corso di Laurea magistrale in“Giurisprudenza”
COMMISSIONE GRANDI RISCHI: IL PROCESSO DELL’AQUILA
CattedraDiritto penale progredito
STUDENTI Benedetta Erasmi e Eugenia Venitucci
Prof. Carlo Sotis e dott.ssa Marinella Bosi
1
SOMMARIO
1: Il fatto storico: il sisma dell’Aquila e la riunione della Commissione “Grandi Rischi” del 31/03/2009…….………….…………………………………..………….p. 3
2: Capo di imputazione nel processo sul terremoto dell’Aquila…..………..……p. 6
3: Processo di primo grado sul terremoto dell’Aquila……………………….…….p. 8 3.1 Problematica principale: colpa e prevedibilità……………………………... p. 9
4: La sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila………………………………..p. 10
4.1: (Segue): Colpa e prevedibilità della sentenza d’Appello…………..……..p. 14
5: Le discutibili soluzioni della Corte d’Appello e riflessioni………………..…. p. 16
2
1. Il fatto storico: il sisma dell’Aquila e la riunione della Commissione “Grandi Rischi” del 31/03/2009
La vicenda processuale che prendiamo in esame è quella che ha avuto origine dai tragici fatti del
terremoto dell'Aquila del 2009. La città dell’Aquila, capoluogo della regione Abruzzo, e l’area
circostante, sono ubicate nell’Appennino, in una zona sismicamente attiva, in cui le scosse sismiche
sono estremamente frequenti. Il 6 Aprile del 2009, alle ore 3.32, una scossa di 6,3 Mw e Magnitudo
locale 5,9 colpì l’Aquila e le zone limitrofe. A seguito di detta scossa persero la vita 309 persone, ne
rimasero ferite 1.600, e sfollate circa 100.000. La scossa in questione (main shock) si verificò
nell’ambito di uno sciame sismico che durava già da diversi mesi e che aveva registrato come evento
maggiore la scossa di magnitudo 4.1 del 30.3.091.Per comprendere i fatti in causa è necessario capire in
cosa consista il «main shock» sopra nominato. Per l'appunto, tale termine indica il terremoto principale,
collocato in una sequenza di scosse sismiche, dopo il quale si propagano in seguito le c.d. «after
shock», dette anche scosse di assestamento. Il “main schock” può essere preceduto da «fore shock»,
ossia delle scosse di minore intensità2. Lo sciame sismico che ha attraversato l’Aquila in data
antecedente all’evento del terremoto del 6 Aprile 2009 è stato per l'appunto un caso di «fore schock», il
quale come detto poc'anzi non necessariamente è anticipazione di un futuro terremoto. Precisazione
doverosa, data l’importanza del tema della prevedibilità dei terremoti nell’ambito della vicenda
processuale sul terremoto dell'Aquila, che ha ad oggetto proprio la responsabilità dei membri della
Commissione Grandi Rischi (sulla quale si dirà a breve) per non aver preveduto la scossa verificatesi
successivamente alla sua convocazione. Andando con ordine, il 18 dicembre 2008, in zona aquilana, ci
fu la prima scossa dello sciame sismico, che a partire dal gennaio seguente aumentò sempre più di
intensità. La paura del terremoto, però, per gli aquilani non era nuova. La memoria di eventi simili e
l’esperienza maturata, infatti li aveva condotti ad adottare misure precauzionali, quali fuggire,
abbandonare i luoghi chiusi e rimanere all’aperto fintanto che la terra non avesse smesso di tremare. Al
susseguirsi di questi eventi sismici, in un clima di paura istintiva, si aggiunse un’allarmante
“previsione”, ad opera di un tecnico, Giampaolo Giuliani, il quale operava presso l’Infn3 al Gran Sasso.
Quest’ultimo, il 29 marzo 2009 aveva diffuso pubblicamente previsioni circa un imminente terremoto, 1 La ricostruzione dei fatti è tratta dalla Sentenza Tribunale dell’Aquila del 22 ottobre 2012 n. 308, p.262 Per comprendere meglio consultare http://earthquake.usgs.gov/learn/glossary/?term=earthquake3 L’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, è l’ente pubblico nazionale di ricerca, vigilato dal Ministero dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca (MIUR), dedicato allo studio dei costituenti fondamentali della materia e delle leggi che li governano. Svolge attività di ricerca, teorica e sperimentale, nei campi della fisica subnucleare, nucleare e astroparticellare. Le attività di ricerca dell’Infn si svolgono tutte in un ambito di competizione internazionale e in stretta collaborazione con il mondo universitario italiano, sulla base di consolidati e pluridecennali rapporti.
3
che si sarebbe dovuto verificare a Sulmona, nelle successive sei-ventiquattro ore. Il 30 marzo del 2009,
ci fu una scossa, non a Sulmona, ma all’Aquila e quindi, ci volle poco perché si generasse il panico tra
la popolazione. Guido Bertolaso, l’allora capo del dipartimento della Protezione Civile, provvide
quindi a convocare esperti e osservatori per la riunione della c.d. “Commissione Grandi Rischi” (in
proseguo:CGR) , la quale si sarebbe tenuta il giorno successivo all’Aquila. L’obiettivo era di fornire ai
cittadini abruzzesi tutte le informazioni disponibili alla comunità scientifica sull'attività sismica delle
ultime settimane4. Secondo il DPcM N. 23582/06, La Commissione “Grandi Rischi” è un organo
consultivo e propositivo del Servizio Nazionale della Protezione Civile, composto da specialisti esperti
in vari tipi di disastri, scelti tra gli Istituti e le Università italiane. Tale organo nacque data la necessità
che l’azione pubblica non si limitasse ad intervenire ex post rispetto a eventi catastrofici naturali e non;
motivo per cui si vollero valorizzare gli aspetti della prevenzione e della previsione. Entrambi i
termini, “prevenzione” e “previsione” sono definiti nella L. 24.02.1992 n. 255, tramite la quale si istituì
il Servizio Nazionale della Protezione Civile:
previsione, attività finalizzata «allo studio ed alla determinazione delle cause dei fenomeni
calamitosi, alla identificazione dei rischi ed alla individuazione delle zone del territorio soggette
ai rischi stessi»;
prevenzione, attività volta a «ad evitare o ridurre al minimo la possibilità che si verifichino
danni conseguenti agli eventi di cui all'articolo 2 anche sulla base delle conoscenze acquisite per
effetto delle attività di previsione»5.
La riunione della CGR durò circa un’ora, nel corso di questa, gli esperti fecero osservazioni i cui
passaggi sono riportati nella requisitoria dei Pm e nelle motivazioni della sentenza di primo grado6.
Durante la riunione, gli scienziati descrissero elementi di carattere generale, affermando che pur non
potendo confermare che non si sarebbe verificato un evento sismico maggiore, fosse comune opinione
che gli sciami sismici nella maggior parte dei casi non portassero ad un evento sismico maggiore7.
4 Come noto dal comunicato stampa che annunciava la riunione del 31/03/20095 Cfr. https://ingvterremoti.wordpress.com/category/il-terremoto-dellaquila-del-2009/ relativo alla distribuzione spazio-
temporale della sismicità nell’area aquilana. Cfr. anche art. 3 L. 24/02/1992 n. 225 «Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile» (GU n.64 del 17-3-1992
Suppl. Ordinario n. 54 )6 Il verbale della riunione della “Commissione Grandi Rischi” è consultabile presso questo link:
http://processoaquila.files.wordpress.com/2012/10/4.cgr.310309.pdf7 Con “evento sismico maggiore” si intende generalmente un terremoto di magnitudo 7 o più ma, seguendo la definizione
del processo. A cura di K. KOKETSU e S. OKI contenuto nel volume di A. AMATO, A. CERASA, F. GALADINI, “Terremoti, comunicazione, diritto”, Milano 2015, p. 73
4
A seguito della riunione, nello stesso giorno, fu pubblicato da parte dell'ANSA, un comunicato degli
organi regionali della Protezione Civile che affermava: «non sono previste altre scosse sismiche di
alcuna intensità».8.
Il comunicato generò sgomento nei vertici della Protezione Civile nazionale, in specie nel direttore
Guido Bertolaso, il quale telefonò all’assessore regionale alla Protezione Civile, Daniela Stati, per
ammonirla perché, secondo Bertolaso, si riteneva necessario l’intervento di una fonte d’informazione
autorevole. La telefonata fu intercettata nell'ambito del procedimento penale n.14867/08 della Procura
della Repubblica di Firenze, in cui Bertolaso è indagato, in concorso con altri, per reati di corruzione in
materia di appalti. Di seguito uno stralcio della telefonata in questione:“Stati: Pronto?
Bertolaso: Sono Guido Bertolaso
Stati: Ooooh!! buona sera !! Caspita che onore!!!
Bertolaso: Come stai?
Stati: …. Bene grazie tu come stai Guido?
Bertolaso: Bene! Senti ti chiamerà De BERNARDINIS adesso, il mio vice, si è detto di fare una riunione lì a l’Aquila su
questa vicenda di questo sciame sismico che continua in modo da zittire subito qualsiasi imbecille, placare illazioni,
preoccupazioni eccetera
Stati: Ti ringrazio Guido, grazie mille
Bertolaso: Però devi dire ai tuoi di non fare comunicati dove non sono previste altre scosse di terremoto perché quelle sono
delle cazzate non sii dicono mai queste cose quando si parla di terremoti
Stati: Va benissimo!!!
Bertolaso: E’ uscita, non so, mi dicono un’agenzia dice non sono più previste altre scosse ma questo allora non si dice mai
neancheeee sotto tortura
Stati: Io guarda Guido non lo sapevo e mi scuso per loro perché esco in questo momento dalla giunta
Bertolaso: Figurati! Nessun problema però digli che quando devono fa dei comunicati che parlassero con il mio ufficio
stampa che ormai ha la laurea honoris causa in informazione e in emergenza e quindi sanno come ci si comporta in modo da
evitare il boomerang perché se tra due ore c’è una scossa di terremoto ehh che cosa dicono…(.inc.).?
Stati: Certo
Bertolaso: La verità
Stati: Certo
Bertolaso: Il terremoto il terremoto è un terreno minato
Stati: Li chiamo immediatamente!! […]”9
8 Tribunale dell’Aquila 22 ottobre 2012, n.380, p.1489 Telefonata riprodotta nel programma M.A.N., in onda il 22.01.2012, sul canale La7
5
Tra i numerosissimi cittadini dell’Aquila che avevano acquisito ormai l’abitudine di dormire all’aperto
durante lo sciame sismico, molti smisero di farlo in seguito alle notizie rilasciate dai media il 1 aprile
200910 e tornarono nelle loro case. Il terremoto dell’Aquila avvenne in questo quadro nella notte del 6
aprile 2009, causando 309 vittime negli edifici più vulnerabili del centro storico.
La Procura della Repubblica iniziò l’indagine per omicidio colposo (artt. 113, 589 co. 1 e 3, 590 c.p.)
ed a luglio 2010 inviò la richiesta di rinvio a giudizio. In seguito a tale decisone, gli scienziati
avviarono una raccolta di firme tra i ricercatori di tutto il mondo per esprimere la propria posizione
contro l’ingiusta richiesta di rinvio a giudizio. L’udienza preliminare ed il successivo processo di primo
grado della Corte dell’Aquila, furono rispettivamente celebrati nel maggio e nel settembre del 2011,
con 31 udienze totali, comprensive di rinvii.
2: Capo di imputazione nel processo sul terremoto dell’Aquila
Il capo d’imputazione nel processo, conclusosi il 22 ottobre 2012, è l’atto che contiene la
formalizzazione dell’accusa e con il quale si richiede la condanna degli imputati alla pena di sei anni di
reclusione per il delitto di omicidio e lesioni colpose plurime. Il Pm ha contestato agli imputati (Barberi
Franco, De Bernardinis Bernardo, Boschi Enzo, Selvaggi Giulio, Calvi Gian Michele, Eva Claudio,
Dolce Mauro), di avere colposamente fornito, nella propria qualità di componenti della Commissione
Grandi Rischi, riunitasi all’Aquila il 30 marzo 2009, informazioni tranquillizzanti alla popolazione
della città, già allarmata per i molteplici fenomeni sismici che si stavano susseguendo da alcune
settimane, inducendo così la popolazione medesima a rimanere nelle proprie case e cagionando
conseguentemente la morte di 37 persone e il ferimento di altre 5 in occasione del successivo
devastante terremoto del 6 aprile 2009. La ricostruzione dell’accusa contesta agli imputati di non aver
adottato una condotta doverosa, che si sarebbe potuta attendere da un agente modello, rivestito delle
medesime funzioni istituzionali degli imputati e dotato delle loro medesime competenze tecniche, sino
a giungere alla verifica che quella condotta doverosa, in concreto omessa, avrebbe avuto efficacia
impeditiva degli eventi lesivi11.
A parere dell’accusa le informazioni fornite sarebbero “incomplete, imprecise e contraddittorie”, e
denuncerebbero una valutazione del rischio sismico, da parte della Commissione, approssimativa,
10 Articolo “Niente allarmismo, i terremoti non sono prevedibili - Summit Commissione grandi rischi” reperibile su: http://www.abruzzo24ore.tv/news/Niente-allarmismo-i-terremoti-non-sono-prevedibili/10340.htm11 Cfr. “ Il capo d’imputazione nel processo sul terremoto dell’Aquila” in
http://www.penalecontemporaneo.it/stampa/-/-/-/1796-/print/ , 24 ottobre 2012.6
generica, ed inefficace in relazione ai doveri di previsione e prevenzione in capo a questa. Le
affermazioni in questione avrebbero, quindi, originato un effetto deleterio sulla psiche dei cittadini, già
provati da mesi pieni di paura ed incertezza riguardo al futuro.
La popolazione, nel recepire queste informazioni tranquillizzanti, avrebbe abbandonato le misure
precauzionali che era solita prendere, data l‘autorevolezza scientifica che rivestiva il parere della
Commissione Grandi Rischi, decidendo di rimanere in casa la notte del sisma, tra il 5 e il 6 aprile
200912.
3: Processo di primo grado sul terremoto dell’Aquila
Nell’ottobre del 2012 fu emessa la sentenza di primo grado, la quale negava la sussistenza di un nesso
causale per una delle vittime riconoscendola per gli altri 29, condannando gli imputati a 6 anni di
carcere, all’interdizione dai pubblici uffici e al risarcimento dei danni per più di 8 milioni di euro, oltre
al pagamento delle spese processuali, superando le richieste del Pm. Le motivazioni della sentenza
sono state depositate nel mese di gennaio 2013, e i condannati hanno intentato ricorso in appello. Le
motivazioni della sentenza riportano che:
1. La valutazione del rischio sismico della Commissione Grandi Rischi nella regione aquiliana fu
generica, approssimativa ed inefficace in relazione ai doveri di previsione e prevenzione
normativamente imposti.
2. La commissione ha fornito informazioni incomplete, imprecise e contraddittorie alla Protezione
Civile, all’assessore regionale, al sindaco e ai cittadini dell’Aquila attraverso le dichiarazioni
rilasciate alla stampa e il verbale della riunione.
3. Tali affermazioni hanno indotto le vittime a restare in casa, nonostante esse avvertissero
frequentemente i tremori intermittenti e con magnitudo crescente per alcuni mesi fino all’evento
del 6 aprile 200913.
Il giudice di prime cure accoglie sostanzialmente la qualificazione giuridica del fatto e la ricostruzione
probatoria operata dall’accusa. Innanzitutto la sentenza riconosce che si era trattata di una riunione
della Commissione, per quanto atipica, e non di una riunione di esperti meramente ricognitiva sui
fenomeni sismici in atto, come aveva, invece, eccepito la difesa. Conseguentemente i partecipanti
avrebbero dovuto assolvere precisi obblighi di legge, così come dimostrato anche dal verbale della
12 Cfr. A. GALLUCCIO,“Terremoto dell’Aquila e responsabilità penale”in“Giurisprudenza in primo piano”, p. 192 e ss.: http://www.penalecontemporaneo.it/foto/337501_2014.pdf#page=195&view=Fit
13 Cfr. Tribunale dell’Aquila del 22.10.2012,n. 380, pp. 1 e ss.7
riunione14. La sentenza affronta prima il tema della colpa e ritiene che la valutazione del rischio di un
sisma maggiore ad opera della Commissione Grandi Rischi nella riunione del 31.03.09 sia stata svolta
in modo superficiale, approssimativo e generico, con affermazioni apodittiche ed autoreferenziali, del
tutto inefficaci rispetto ai doveri normativamente imposti. Per di più, la Commissione ha fornito
informazioni incomplete, imprecise alle autorità presenti alla riunione ed alla popolazione aquilana,
come evidente dalle affermazioni riportate nelle interviste e nel verbale della riunione. Tali
affermazioni hanno avuto un effetto rassicurante per la popolazione, la quale è stata indotta a restare in
casa, nonostante lo sciame sismico che stava attraversando l’Aquila da mesi15.
Il Tribunale, inoltre, ravvisa anche gravi profili di colpa, nell’aver aderito, consapevolmente ed
acriticamente alla volontà del Capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso, di fare una “operazione
mediatica”, eliminando i filtri tra la Commissione e la popolazione, normativamente imposti.
Come si dirà, nella presente relazione si prendono in considerazione i profili inerenti il tema
dell’accertamento della colpa in capo agli imputati. Nondimeno, per ragioni di completezza, si indica
che il Tribunale ritiene accertato anche il nesso causale tra la condotta degli imputati, e le morti e le
lesioni, riconoscendo che l’ attività d’informazione svolta dalla Commissione sia stata l’unica conditio,
escludendo i possibili decorsi causali alternativi, che ha indotto le vittime a rimanere in casa la notte
del 6 aprile 2009. Sulla scorta di una lunga serie di deposizioni testimoniali delle persone vicine alle
vittime, è possibile dedurre il nesso di causalità, in quanto sia stata evidenziata la “fiducia
incondizionata” delle vittime verso la CGR.
Inoltre, il giudice di primo grado ricostruisce la condotta colposa anche in base a criteri strettamente
normativi, non trattandosi di giudicare dell’incapacità di prevedere in modo deterministico un
accadimento futuro e non prevedibile come il sisma, ma di valutare se gli imputati avessero effettuato
una valutazione del rischio sismico in conformità alle regole di analisi, previsione e prevenzione
disciplinate dalla legge. Quindi, vengono selezionati determinati comportamenti attivi che, combinati
tra loro, sarebbero stati causa degli eventi lesivi. Si tratta di una serie di affermazioni estrapolate da
interviste successive alla riunione del 31.03.09, quali le testimonianze dei presenti alla riunione, la
lettura del verbale e della relativa bozza, che consentirebbero di ricostruire le considerazioni fatte
durante la riunione16.14 Cfr. Tribunale dell’Aquila del 22.10.2012, n. 380 p. 17315 Cfr. Tribunale dell’Aquila del 22.10.12, n. 380, p. 90516 Cfr. A. GALLUCCIO, “Terremoto dell’ Aquila e responsabilità penale” in “Giurisprudenza in primo piano”, p. 192 e
ss.: http://www.penalecontemporaneo.it/foto/337501_2014.pdf#page=195&view=Fit8
3.1 Problematica principale: colpa e prevedibilità
Come indicato, in questa sede s’intende approfondire l’accertamento della colpa degli imputati, operato
dalla Sentenza del Tribunale dell’Aquila del 22.10.2012 n. 380.
A riguardo, al fine di chiarire meglio la nozione di colpa, pare opportuno fare riferimento alla norma, in
specie: art. 43 c.p., nella parte in cui definisce il delitto colposo: « (Il delitto) è colposo, o contro
intenzione, quando l’ evento anche se preveduto, non è voluto dall’ agente e si verifica a causa di
negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o
discipline».
Si ravvisano in tale nozione due elementi della colpa: l’assenza di dolo, elemento negativo; e la
“negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o
discipline”, quale elemento positivo17.
L’addebito per colpa che si ravvisa è, in primis, la mancata presa in considerazione dei fattori utili a
valutare il rischio che vengono identificati nelle seguenti voci:
Cfr. Tribunale dell’Aquila del 22.10.12, n. 380, pp. 1 e ss. Si tratta, nello specifico, di affermazioni, quali: “sui terremoti
«non è possibile fare previsioni», «è estremamente difficile fare previsioni temporali sull’evoluzione dei fenomeni sismici»,
«la semplice osservazione di molti piccoli terremoti non costituisce fenomeno precursore» e al contempo l’esatto contrario
ovvero «qualunque previsione non ha fondamento scientifico»”; “«i forti terremoti in Abruzzo hanno periodi di ritorno
molto lunghi. Improbabile il rischio a breve di una forte scossa come quella del 1703, pur se non si può escludere in maniera
assoluta»”; “«non c’è nessun motivo per cui si possa dire che una sequenza di scosse di bassa magnitudo possa essere
considerata precursore di un forte evento»”; “«le registrazioni delle scosse sono caratterizzate da forti picchi di
accelerazione, ma con spostamenti spettrali molto contenuti di pochi millimetri e perciò difficilmente in grado di produrre
danni alle strutture, c’è quindi da attendersi danni alle strutture più sensibili alle accelerazioni quali quelle a comportamento
fragile»”; “[…] lo sciame sismico che interessa L’Aquila da circa tre mesi come un normale fenomeno geologico; esso «si
colloca diciamo in una fenomenologia senz’altro normale dal punto di vista dei fenomeni sismici che ci si aspetta in questo
diciamo in questa tipologia di territori che poi, è centrata attorno all’Abruzzo però, ha colpito un po’ il Lazio, un po’ le
Marche, oscillata diciamo nella zona del centro Italia»”; “[…] allo stato attuale, non vi è pericolo, la situazione è favorevole
perché c’è uno scarico di energia continuo, «non c’è un pericolo, io l’ho detto al Sindaco di Sulmona, la comunità
scientifica mi continua a confermare che anzi è una situazione favorevole perciò uno scarico di energia continuo, e quindi
sostanzialmente ci sono anche degli eventi piuttosto intensi, non sono intensissimi, quindi in qualche modo abbiamo avuto
abbiamo visto pochi danni»
17 Cfr. G. MARINUCCI e E. DOLCINI in “Manuale di Diritto Penale”, Milano, 2012, p.3139
-(P)Pericolosità18;
-(E)Esposizione19;
-(V)Vulnerabilità20
In secundis, si ravvisa la mancata attenzione che avrebbe dovuto porsi sui fenomeni precursori, come
invece previsto dal D.Lgs. n.381/1999, decreto istitutivo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e
Vulcanologia (in prosieguo: I.N.G.V) nel quale è riconosciuta l’importanza dello “studio dei fenomeni
fisici e chimici precursori del terremoti”21. In aggiunta a ciò, gli imputati sapevano, grazie alle "mappe
di probabilità di occorrenza di eventi con magnitudo 5.5 o maggiore in un intervallo di tempo di 10
anni su tutto il territorio italiano” elaborate dall’ I.N.G.V, che nel giudizio di previsione circa terremoti
di magnitudo pari o maggiore a 5.5 e 5.9 il territorio aquilano rappresentava quello a più alta
probabilità di verificazione. Per quanto concerne invece la vulnerabilità, era già noto agli imputati,
sulla scorta del censimento dei fabbricati costruiti prima della normativa sulla costruzione antisismica,
che gli immobili non fossero resistenti ad un terremoto di ampia magnitudo. Mentre l’esposizione era
anch’essa prevedibile, stando ad un Sistema Informativo per la Gestione dell’ Emergenza (S.I.G.E.),
che consente di valutare il danno atteso immettendo i dati che si hanno a disposizione. Per delineare
ancor più la colposità della condotta degli imputati si riviene la violazione di norme cautelari che
miravano ad impedire o comunque contenere l’ evento lesivo di danno- morte e lesioni-. Nello
specifico, gli artt. 2 e 3 della L. 225/1992, volti alla previsione e prevenzione delle ipotesi di rischio, e
l’art. 5 della l. 401/2001 volto alla tutela dell'integrità della vita dai danni o dal pericolo di danni
derivanti da calamità naturali, da catastrofi o da altri grandi eventi, che determinino situazioni di grave
rischio. Tale violazione è un elemento della fattispecie del delitto colposo.
4: La sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila.
Com’è ormai noto, i componenti della “Commissione Grandi Rischi”, erano stati condannati in primo
grado a sei anni di reclusione per i delitti di omicidio colposo e lesioni colpose plurime, per aver fornito
alle vittime del terremoto, informazioni erroneamente rassicuranti, così inducendole a rimanere in casa
18 La pericolosità rappresenta la probabilità che un terremoto di una certa intensità si verifichi in un determinato territorio (area geografica) ed in un determinato intervallo temporale
19 L’esposizione indica il valore d'insieme di vite umane e di beni materiali (patrimonio storico, abitativo, lavorativo, socio - culturale ed ambientale) che può essere perduto o danneggiato in caso di verificazione di un forte terremoto
20 La vulnerabilità è vista come la “predisposizione della società ad affrontare l'evento”21 Cfr. art.2, c.1, lett.a),D.Lgs. 381/1999
10
la notte tra il 5 e il 6 aprile 2009 e, cagionandone la morte o lesioni in conseguenza del crollo delle
rispettive abitazioni dovuto al terribile sisma che quella notte colpì la città dell’Aquila.
L’11 novembre 2015, termina il giudizio d’Appello con una sentenza che ribalta il verdetto del
Tribunale, perché assolve sei dei sette imputati e ridetermina la condanna a due anni di reclusione per il
Vice Capo della Protezione Civile De Bernardinis.
E’ ora necessario analizzare i motivi di tale decisione ed i punti in cui differisce rispetto al primo
giudizio. In via preliminare, la Corte d’Appello afferma che l’incontro svoltosi all’Aquila, nel
pomeriggio del 31 marzo del 2009, tra gli imputati non fosse qualificabile come Riunione della
Commissione Grandi Rischi. Nel periodo di apertura della sentenza di primo grado, il Tribunale, subito
dopo aver elencato gli imputati, scrive: “…tutti quali componenti” della “Commissione Grandi
Rischi”.Tuttavia tra i sette soggetti imputati, i componenti della CGR erano solo quattro22. Secondo i
giudici d’appello, tale riunione, rispondeva alle caratteristiche delle “ricognizioni, verifiche ed
indagini23 che il Capo del Dipartimento di Protezione Civile può in ogni momento richiedere ai
componenti della Commissione Grandi Rischi. Lo stesso Capo DPC nel suo comunicato stampa parla
di “riunione di esperti della CGR”; il problema è che, a quanto pare, era la prima volta che si teneva
una riunione di questo genere, anche se prevista dalla legge, e alcuni fra gli stessi partecipanti non si
resero conto del fatto che questa non era una riunione “atipica” della CGR, ma una riunione di diversa
natura24. Da tale affermazione discendono quindi tre conseguenze:
a) In primo luogo, in capo ai partecipanti alla riunione non è identificabile alcuna posizione di
garanzia in relazione agli eventi di morte e lesioni contestati nel capo di imputazione, dato che
agli imputati può applicarsi solo formalmente una qualifica formale di membri della
Commissione. Questo fa sì che venga esclusa in capo agli imputati una responsabilità a titolo
omissivo, restando semmai da verificare se e in che misura possa loro attribuirsi una
responsabilità a titolo commissivo;
b) In secondo luogo, non è possibile muovere agli imputati una contestazione di colpa specifica in
relazione alla normativa dedicata a descrivere i compiti e le funzioni della Commissione Grandi
Rischi;
22 Bisogna ricordare che mancava il numero legale (10 membri) perché la riunione potesse essere considerata CGR, è sufficiente confrontare il Regolamento che disciplina la CGR con analogo regolamento del Consiglio dei Ministri
23 Disciplinate dall’art. 3 co. 10 DPCM 23582/200624 Cfr. A. AMATO, A. CERASE, F. GALADINI, “Terremoti, comunicazione, diritto”, Milano 2015, p.251
11
c) Infine, e soprattutto, in assenza di una deliberazione che possa correttamente definirsi collegiale
ed attribuirsi all’organo CGR, il contributo di ogni partecipante alla riunione deve essere
analizzato singolarmente, avendo riguardo al ruolo che ciascuno degli imputati ha tenuto.
Cade quindi la responsabilità colposa che costituiva il fondamento della sentenza di primo grado, nella
quale – lo ricordiamo- il Tribunale aveva identificato un’unica condotta commissiva, costituita dalla
somma delle affermazioni degli imputati, avendola poi attribuita indistintamente a tutti i partecipanti
alla riunione25. Di questo ci occuperemo nel paragrafo successivo; ora, continuando ad analizzare la
sentenza è necessario notare che il Collegio sottolinea come sull’organo CGR non gravasse alcun
obbligo di comunicare gli esiti della riunione. Si trattava, sottolineano i giudici, di un compito affidato
in via esclusiva agli organi politici: a questi soltanto spettava ogni decisione, non solo sulle iniziative di
natura operativa ma anche sulle modalità di informazione della popolazione. L’eventuale rimprovero in
relazione alle modalità di comunicazione, non può che essere rivolto a quelli fra gli imputati che,
effettivamente, si assunsero l’onere di comunicare all’esterno gli esiti della riunione e non può essere
fondato su una generica imprudenza nell’attività di informazione, come ritenne invece il Tribunale in
primo grado.
Vengono quindi in rilievo, in base a quanto assunto, solo le condotte dei soli due imputati che
rilasciarono interviste a margine della riunione del 31 marzo 2009: Barberi e De Bernardinis.
Riguardo alla posizione dell’imputato Barberi si ritiene che nessuna delle sue affermazioni avrebbe
rassicurato la popolazione dell’Aquila, infatti questo si limitò a ribadire immediatamente dopo la
riunione l’impossibilità di prevedere i terremoti26. Pertanto, sostiene il Collegio, «trattasi di
comunicazione in cui un contenuto indirettamente rassicurante può essere ravvisato soltanto nell’aver
rimarcato l’infondatezza della previsione a breve di forti scosse prospettata da Giuliani; lo stesso così
come il riferimento allo sciame e alla improbabilità […] di un aumento della magnitudo, è del tutto
rispondente ai contenuti delle valutazioni formulate poco prima da tutti gli esperti nel corso della
riunione, della cui correttezza scientifica si è detto». Aggiungono poi i giudici che «nessun teste ha
richiamato le dichiarazioni di Barberi a sostegno della decisione propria o dei congiunti di restare a
casa la notte del 6 aprile».
25 Cfr. A. GALLUCCIO, “La sentenza d’appello sul caso del terremoto dell’Aquila” in www.penalecontemporaneo.it , 16 febbraio 2015.
26 Tanto viene riferito in: http://www.abruzzo24ore.tv/news/Niente-allarmismo-i-terremoti-non-sono-prevedibili/10340.htm
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Del tutto diversa deve considerarsi, a giudizio della Corte, la posizione di De Bernardinis, il quale
prima della riunione rilasciò un’intervista all’emittente locale TV127, in cui fece delle dichiarazioni
imprecise e non corrette riguardo all’attività sismica che stava interessando l’Aquila, asserendo che lo
“sciame sismico” fosse invece un fenomeno favorevole. Pertanto, sostiene il Collegio, «in particolare,
egli, attraverso l’intervista che rilasciò all’emittente locale TV 1 prima dell’inizio della riunione degli
esperti tenutasi in quella data, diede ai cittadini, senza prima verificare la fondatezza scientifica, notizie
non corrette e imprecise sia sulla rilevanza dell’attività sismica in atto, sia sui suoi possibili sviluppi,
affermando che lo sciame in corso si collocava in una fenomenologia senz’altro normale dal punto di
vista dei fenomeni sismici che si dovevano aspettare, che non vi era pericolo, e che la situazione era
favorevole perché era in atto uno scarico di energia continuo»28.
Esclusa allora la sussistenza di una responsabilità per colpa in capo agli imputati, in base a quanto
appena affermato, è solo in relazione a De Bernardinis che la Corte procede a verificare la sussistenza
del nesso di casualità tra la condotta da quest’ultimo tenuta, rappresentata in particolare dall’intervista
di cui si è detto, e gli eventi a lui contestati.
Tratto comune alle sentenze in commento risiede nella volontà di prescindere dalla ricostruzione della
responsabilità rispetto a modelli scientifici. Questa rinuncia si manifesta in prima battuta attraverso la
ricostruzione del nesso materiale in termini di causalità psichica quale “relazione fra le azioni di due
persone che «passa attraverso la psiche» di una di esse”29.
Con il termine “causalità psichica” si individua quella categoria, dai confini particolarmente incerti,
oggetto di approfondita indagine nell’ambito del concorso di persone nel reato in cui “un’azione umana
esercita un influsso di carattere psicologico su di un altro soggetto”30.
Se la pronuncia di primo grado fonda la ricostruzione causale sul combinato disposto di una legge
scientifica dotata di basso coefficiente di verificabilità e di una probabilità logica fondata sulle sole
testimonianze dei familiari delle vittime, la pronuncia di seconde cure rinuncia del tutto ad individuare
una legge scientifica di copertura, affidando la ricostruzione del nesso materiale alle sole massime
d’esperienza anch’esse suffragate dalle testimonianze dei familiari delle vittime. Infatti, il collegio
giunge ad affermare che “deve considerarsi utopistico un modello d’indagine fondato esclusivamente 27 Intervista reperibile su: http://www.youtube.com/watch?v=kLIMHe0NnW828 Corte d’Appello dell’Aquila del 10 novembre 2014, n. 3317 (dep. 6 febbraio 2015, presidente e relatore dott.ssa F.
Francabandera)29 Stella, 200: 103; ID, 2004: 23; ID, 2005: 1062.30 Amato – Cerase – Galadini, “Terremoti, comunicazione, diritto”, Milano 2015, p. 280
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su strumenti di tipo deterministico e nomologico deduttivo, cioè affidato alla forza esplicativa di leggi
universali o statistiche, in quanto all’evidenza insufficiente a governare da solo il complesso contesto
del diritto penale costituito dalle più varie manifestazioni della realtà”, soprattutto perché la
“complessiva vicenda si presenta quale unicum per la sua assoluta peculiarità”31
A tal proposito è necessario richiamare la teoria condizionalistica, la quale, ritiene che è causa
dell’evento ogni azione che non può essere eliminata mentalmente senza che l’evento concreto venga
meno. Come ha sottolineato più volte la Corte di Cassazione, i contenuti vanno desunti da leggi
scientifiche, cioè da enunciati che esprimono successioni regolari di accadimenti, frutto
dell’osservazione sistematica della realtà fisica o psichica. Il procedimento da seguire per
l’utilizzazione di leggi scientifiche, viene designato come “sussunzione del caso concreto” sotto quella
legge. Va sottolineato che le leggi scientifiche utilizzabili dal giudice per la spiegazione causale
dell’evento possono essere o leggi universali o leggi scientifiche. Si parla di leggi universali quando si
tratta di enunciati che asseriscono regolarità senza eccezioni nella successione di eventi, si tratta invece
di leggi statistiche per definire quelle leggi che enunciano regolarità statistiche emerse
dall’osservazione della realtà empirica e che affermano in un gran numero di casi (non però in tutti i
casi) che all’accadimento A segue l’accadimento B32.
31 Corte d’Appello dell’Aquila, 2015: 27232 Cfr. G. MARINUCCI e E. DOLCINI in “Manuale di Diritto Penale”, Milano, 2012, pp. 189 e ss.
Talvolta il giudice si trova di fronte ad una pluralità di possibili spiegazioni causali dell’evento, ciascuna fondata su una
diversa legge scientifica e quindi tra le spiegazioni causali alternative, dovrà dare la preferenza a quella che meglio si addice
al caso concreto. La giurisprudenza italiana per lungo tempo ha fatto a meno delle leggi scientifiche ai fini
dell’accertamento del rapporto di causalità, attenendosi ad un approccio fondato sulla mera intuizione del giudice. Solo
negli anni novanta, sotto l’impulso di un grande studioso della causalità Federico Stella, la Corte di Cassazione ha operato
una svolta a favore del modello della sussunzione sotto leggi scientifiche. Il riferimento a leggi scientifiche, e in particolare
a leggi statistiche, solleva il problema del grado di probabilità richiesto perché la condotta possa considerarsi condizione
necessaria dell’evento. Questo problema è stato affrontato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione in tre sentenze del
2000 (Cass. Sez. IV, 28 settembre 2000, n. 1688; Cass. Sez. IV, 28 novembre 2000, n. 14006; Cass. Sez. IV, 29 novembre
2000, n. 2139), nelle quali si è enunciato il principio secondo cui « il giudice può affermare il rapporto di causalità…in
quanto…abbia accertato che, con probabilità vicina alla certezza, con probabilità vicina a cento, quella condotta, azione od
omissione, è stata causa necessaria dell’evento come verificatosi hic et nunc ». Ulteriore tappa, di grande rilievo, è poi
segnata da una pronuncia della Corte di cassazione a Sezioni Unite del 2002 (Cass. Sez. Un.., 11 luglio 2002, n. 30328,
Franzese) nella quale si ribadisce, la necessità di fare uso di leggi scientifiche nell’accertamento della causalità.14
La Corte ritiene quindi raggiunta la prova di tale nesso, ma si discosta in parte dal percorso
motivazionale compiuto dal Tribunale33 perché, secondo i giudici d’appello non ritengono sia possibile
utilizzare ai fini dell’accertamento del nesso eziologico la legge scientifica34.
Più in generale, osserva il Collegio, la ricerca di una legge di copertura in grado di attribuire un valore
generalizzante alle condotte umane si rileva sempre vana, essendo i comportamenti dell’uomo
strutturalmente caratterizzati da motivazioni intime, soggettive e non generalizzabili. Una tale
considerazione, tuttavia, non vale di per sé ad escludere la possibilità di accertare in concreto che
alcune delle vittime del terremoto si determinarono a rimanere in casa la notte fra il 5 e il 6 aprile 2009
proprio per effetto determinante delle affermazioni largamente pubblicizzate da De Bernardinis.
L’accertamento del nesso di causalità è svolto dalla Corte in relazione a ciascuna vittima sulla base
delle testimonianze raccolte in istruttoria e proprio sulla base di tale meccanismo che viene accertato un
nesso di causalità fra la condotta di De Bernardinis ed il decesso di tredici delle vittime del sisma 35. In
relazione alle altre vittime il legame eziologico viene ritenuto insussistente.
La pena inflitta quindi all’unico imputato condannato è rideterminata dalla Corte, rispetto al Tribunale,
a due anni di reclusione, rispetto ai sei del precedente giudizio, con il beneficio della sospensione
condizionale; pena «cui si perviene dalla pena base di anni uno e mesi sei di reclusione, ridotta per
effetto delle già concesse circostanze attenuanti generiche ad anni uno di reclusione ed aumentata ad
anni due di reclusione ai sensi del 4°comma dell’art. 589 c.p.»36
4.1: (Segue): Colpa e prevedibilità della sentenza d’Appello
33 Si ricorda che il giudice di prime cure aveva cercato di applicare al caso di specie lo schema di accertamento seguito dalla Sent. Franzese, individuando una legge scientifica idonea a correlare la condotta degli eventi, e poi procedendo ad escludere possibili decorsi causali alternativi.
34 Corte d’Appello dell’Aquila del 10 novembre 2014, n. 3317 «la legge di copertura di natura sociologica prospettata dall’accusa tramite il proprio consulente, prof. Antonello Ciccozzi, e fatta propria dal primo giudice, difetta invero di adeguata validazione scientifica, con riferimento ai noti criteri della ’controllabilità’, ‘falsificabilità’ e ‘verificabilità’ della stessa, tenuto conto della percentuale di errore conosciuto o conoscibile, della possibilità che la teoria abbia formato oggetto di controllo da parte di altri esperti in quanto divulgata […] , della presenza di standard costanti di verifica». (p. 270 e s.)
35 Corte d’Appello dell’Aquila del 10 novembre 2014, n. 3317, pp. 278 ss., (dep. 6 febbraio 2015, presidente e relatore dott.ssa F. Francabandera)
36 Cfr. A. GALLUCCIO, “La sentenza d’appello sul caso del terremoto dell’Aquila” in www.penalecontemporaneo.it , 16 febbraio 2015 «Con riferimento alla pena base i giudici precisano che, dal momento che il combinato disposto dei commi 1° e 4° dell’art. 589 c.p. delinea un’ipotesi di concorso formale di resti unificati, la determinazione va compiuta – diversamente da quanto effettuato dal Tribunale – in relazione a un solo evento, e non a tutti gli eventi per i quali è stata riconosciuta la sussistenza del nesso di causalità»
15
Per quanto concerne l’accertamento di una condotta colposa in capo agli imputati, il Collegio ritiene di
dover vagliare due diversi profili di responsabilità:
a) Una possibile responsabilità per il contenuto delle valutazioni scientifiche svolte durante la
riunione tenutasi a l’Aquila il pomeriggio del 31 marzo 2009;
b) Una possibile responsabilità per l’(eventuale) attività di informazione della popolazione
aquilana.
Sotto il primo profilo – quello relativo alla possibilità di muovere un rimprovero di colpa i partecipanti
alla riunione – devono essere prese in considerazione unicamente le posizioni dei presenti con
competenze tecniche; si tratta quindi di tutti gli imputati fuorché De Bernardinis che era intervenuto
alla riunione in qualità di Vice Capo del Dipartimento della Protezione Civile e si era limitato a
svolgere un ruolo “operativo”.
Viene qui ribaltata la posizione che aveva preso il giudice di primo grado nell’analizzare tale profilo, il
quale evidenziava la presenza di una colpa specifica nell’aver effettuato una valutazione dei rischi
“generica, approssimativa ed inefficace” al metro dei compiti di previsione e prevenzione definiti dalla
normativa. La Corte, al contrario, ritiene, in primis l’assenza di un dovere giuridico di metodo sulla
valutazione svolta dagli imputati, vista la mancata qualifica formale di questi in detta riunione; in
aggiunta a ciò, si ravvisa che la normativa alla quale fa riferimento il primo grado di giudizio sia del
tutto priva di contenuto prescrittivo in relazione alla qualità che la valutazione avrebbe dovuto avere37.
Inoltre, al fine di accertare la correttezza o meno della valutazione, è necessario comprendere quali
siano state la valutazioni svolte, tramite l’ analisi del verbale della riunione ed anche della bozza del
verbale, redatta diversamente dal primo. Viene constatata sulla scorta di tali documenti che non si è
fatto alcun cenno alla teoria dello “scarico di energia”, secondo la quale le piccole scosse che si
verificavano erano un fatto positivo, dato che scaricando energia sarebbe diminuita la potenza delle
scosse successive. Per cui, le affermazioni di De Bernardis, rilasciate ad un’emittente televisiva locale,
che contemplavano tale assunto dello “scarico di energia”, non sono affatto attribuibili anche agli altri
componenti. Per quanto invece concerne la mancata attenzione agli indicatori di rischi, come
evidenziata dal Tribunale, la Corte ritiene invece che soffermarsi su tali temi sarebbe stato inutile, dato
che tali informazioni erano più che ovvie per gli esperti e per la Protezione Civile, che per giunta non
avrebbero modificato in un alcun modo il quadro che gli esperti hanno fornito38. Essendo il compito
degli esperti in detta riunione quello di valutare se, alla luce degli eventi sismici che stavano 37Corte d’Appello dell’Aquila del 10 novembre 2014, n. 3317 «Non potendo nemmeno ipotizzarsi che sia regolamentabile ex lege il modo, o addirittura il quantum di approfondimento o il contenuto delle valutazioni tecnico scientifiche richieste nei diversi contesti e campi del sapere all'organo consultivo » , p. 201
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attraversando l’Aquila, fosse o meno prevedibile una scossa di effetti devastanti. Si ritiene per cui di
dover accertare se fosse corretta l’affermazione sull’impossibilità di prevedere una scossa di terremoto
di forte magnitudo, alla luce delle conoscenze scientifiche. Accertamento che dà come esito il non
poter muovere agli imputati nessun rimprovero di colpa, in quanto si reputa che non fosse possibile
formulare un giudizio di aggravamento del rischio sismico di forti eventi che è sempre stato presente
nel territorio dell’ Aquila39.
Per quanto riguarda il secondo dei profili di possibile responsabilità colposa vagliati dalla Corte
d’Appello, il Collegio sottolinea come sull’organo Commissione Grandi Rischi non gravasse alcun
obbligo di comunicare gli esiti della riunione. Si trattava, sottolineano i giudici, di un compito affidato
in via esclusiva agli organi politici: a questi soltanto. Appurato ciò, come già riferito, viene quindi in
rilievo la condotta di De Bernardinis, la quale fu caratterizzata, a giudizio della Corte d’Appello, da
colpa generica, e segnatamente da negligenza, essendosi l’imputato determinato ad esprimere
valutazioni scientifiche sull’attività sismica in corso, senza essere un esperto e senza attendere di
verificare, in sede di riunione, la correttezza dei concetti che si accingeva ad esprimere; e da
imprudenza, per aver fornito alla popolazione notizie rassicuranti senza che vi fossero i presupposti per
farlo40.
Inoltre il Collegio afferma:
a) Che l’imputato era senz’altro in grado di rendersi conto – sulla base di una serie di consolidate
massime d’esperienza – che da tale sua condotta sarebbe potuto derivare, come prevedibile
conseguenza, un effetto di rassicurazione tale da indurre i cittadini aquilani ad “abbassare la
guardia” e modificare cautele e precauzioni fino ad allora scrupolosamente seguite41;
38 Corte d’Appello dell’Aquila, del 10 novembre 2014. n. 3317, p.215 «Del tutto irrilevante [...] un approfondimento teorico dei temi della vulnerabilità e dell'esposizione, peraltro patrimonio comune sia degli esperti che dei responsabili della Protezione Civile presenti alla riunione, e quindi premessa ovvia, per quanto implicita, di ogni valutazione loro richiesta»
39 Corte d’Appello dell’Aquila, del 10 novembre 2014, n. 3317 «Non emergendo alcun dato certo che alla data del 31 marzo 2009 fosse possibile - e quindi doveroso - effettuare valutazioni dei fenomeni sismici in atto diverse da quelle formulate dagli imputati [...] e in particolare che fosse possibile - e quindi doveroso - formulare, per effetto dello sciame sismico in corso, un giudizio di aggravamento del rischio di forti eventi, sempre presente nel territorio aquilano, da anni classificato come una delle zone a più alto rischio sismico in Italia»
40 “In particolare, egli, attraverso l'intervista che rilasciò all'emittente locale TV 1 prima dell'inizio della riunione degli esperti tenutasi in quella data, diede ai cittadini, senza prima verificarne la fondatezza scientifica, notizie non corrette e imprecise sia sulla rilevanza dell'attività sismica in atto, sia sui suoi possibili sviluppi, affermando che lo sciame in corso si collocava in una fenomenologia senz'altro normale dal punto di vista dei fenomeni sismici che ci si dovevano aspettare, che non vi era pericolo, e che la situazione era favorevole perché era in atto uno scarico di energia continuo “, Corte d’ Appello dell’ Aquila, sent. n. 2213/2014, cit., pp. 233 e ss.
41 Corte d’Appello dell’Aquila, del 10 novembre 2014, n. 3317, pp. 225 ss.17
b) Che l’evento verificatosi rientrava tra quelli che la norma cautelare violata mirava a prevenire:
la regola generale di prudenza nelle situazioni di rischio violata dall’imputato si poneva, infatti,
proprio l’obiettivo di evitare che i cittadini dell’Aquila tenessero, in forza della rassicurazione
ricevuta, comportamenti che potessero esporli al rischio di crolli42;
c) Che l’evento era, altresì, senz’altro evitabile: se proprio le dichiarazioni colposamente
rassicuranti di De Bernardinis indussero alcuni degli abitanti a rimanere nelle proprie case,
allora una comunicazione rispettosa delle generiche norme di prudenza dettate in circostanze di
rischio avrebbe impedito il verificarsi di eventi lesivi43;
d) Il comportamento tenuto dall’imputato era da lui esigibile nelle circostanze di tempo e di luogo
nelle quali egli agì44.
Esclusa allora la sussistenza di una responsabilità per colpa in capo a tutti gli imputati, in base a quanto
appena affermato, è solo in relazione a De Bernardinis, che la Corte procede a verificare la sussistenza
del nesso di casualità tra la condotta da quest’ultimo tenuta, rappresentata in particolare dall’intervista
di cui si è detto, e gli eventi a lui contestati.
5: Le discutibili soluzioni della Corte d’Appello e riflessioni
La Sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila è stata oggetto di numerose critiche. In primis, da parte
dell’opinione pubblica che è stata indotta, dal soffermarsi dei media sulle vicende personali delle
vittime e dalla ormai inevitabile portata mediatica dei processi penali, a volere forzatamente trovare un
responsabile. Infatti, è tipico dell’essere umano, in caso di tragedia, cercare un “capro espiatorio” sul
quale addossare tutte le responsabilità del caso, a maggior ragione se anche i media tendono ad
ampliare la vicenda45. Per cui l’assenza di colpevoli all’esito del giudizio di secondo grado ha indignato
alquanto l’opinione pubblica. Viene contestato, in secundis, anche un approccio processuale distante
dal modo di ragionare della scienza46. Per di più la storia del terremoto dell’Aquila non scaturisce da un
reale problema scientifico, bensì da un problema di ordine pubblico, a seguito soprattutto delle
affermazioni allarmanti del sismologo Giampaolo Giuliani che avevano creato il panico nella
popolazione47. Inoltre, in tema di prevedibilità del terremoto e delle informazioni “rassicuranti” fornite,
42 Corte d’Appello dell’Aquila, del 10 novembre 2014, n. 3317, p. 26843 Corte d’Appello dell’Aquila, del 10 novembre 2014, n. 3317, pp. 268 ss.44 Corte d’Appello dell’Aquila, del 10 novembre 2014, n. 3317, p. 26945 Cfr. A. AMATO, A. CERASE, F. GALADINI in “Terremoti, Comunicazione, Diritto”, Milano, 2015, p. 32146 Cfr. A. AMATO, A. CERASE, F. GALADINI in “Terremoti, Comunicazione, Diritto”, Milano, 2015, pp. 321 ss.47 Cfr. A. AMATO, A. CERASE. F. GALADINI in “Terremoti, Comunicazione, Diritto”, Milano, 2015 pp.43 e ss.
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è possibile affermare che non soltanto sia un dato scientifico, bensì anche un dato di comune esperienza
di ogni cittadino. Per cui se il terremoto è imprevedibile, sia in riferimento al “quando” che alla
“intensità”, conseguentemente ogni dichiarazione, special modo di persone non appartenenti alla
comunità scientifica, non potrà essere considerata attendibile. Per di più non sembra essere fonte di
certezza la “tenuta” delle testimonianze delle persone vicine alle vittime per indagare sul nesso
eziologico tra la condotta di De Bernardis e l’evento della loro morte come invece compie la Corte48 e
proprio in base a tale operazione che, mentre nella sentenza di primo grado la responsabilità è ascritta
ai sette scienziati a titolo di colpa generica e specifica per l’inosservanza delle norme che, a parere del
giudice, disciplinerebbero la valutazione del rischio e l’informazione della popolazione; nella
pronuncia di seconde cure, al Vice Capo del DPC è attribuito un profilo di colpa generica sub specie di
negligenza per non essersi informato sulla correttezza scientifica delle informazioni propalate e di
imprudenza per avere scelto di esternare siffatte affermazioni in un momento particolarmente critico
per la popolazione, da giorni spaventata dal terremoto. Tutto questo, si sostiene, animato dalla finalità
di assecondare istanze di rassicurazione provenienti dalla direzione della Protezione Civile.
Considerato poi, il particolarissimo modo in cui nel nostro Paese i rischi “naturali” vengono convertiti,
sembra quasi che da quanto trattato emergano degli elementi per capire meglio quello che è avvenuto
con il terremoto dell’Aquila, anche in relazione alla comunicazione. Per certi versi si tratta di un caso
paradigmatico in cui, il senso comune declinato anche dalle sentenze dei giudici, si è contrapposto al
senso scientifico e sembrerebbe avere prevalso in termini di diffusione fra le persone49. La questione
della prevedibilità di morte dei cittadini finisce dunque per essere assorbita nell’interrogativo sulla
comprensione, da parte dell’imputato, di un evento sismico di forte magnitudo, annunciatore di
conseguenze disastrose. Ma vi è di più: quella che a tratti si configura come una generica imputazione
di non aver fornito alla popolazione una tesi scientifica universalmente accreditata finisce per dar
luogo, come spesso accade in tema di rimprovero colposo, ad una vera e propria inversione dell’onere
della prova, dagli esiti preoccupanti50. Difficile è infatti dimostrare non già la mera correttezza di una
tesi, bensì la circostanza che essa rappresenti l’espressione di un indirizzo scientificamente consolidato,
soprattutto in un settore così peculiare e controverso quale quello in esame51.
48 Cfr. A. GALLUCCIO, “La sentenza d’appello sul caso del terremoto dell’Aquila” in www.penalecontemporaneo.it , 16 febbraio 2015
49 Cfr. A. AMATO, A. CERASE, F. GALADINI in “Terremoti, comunicazione, diritto”, Milano 2015, p. 31850 Cfr .A. AMATO, A, CERASE, F. GALADINI in , “Terremoti, comunicazione, diritto”, Milano 2015, p.28751 Cfr .A. AMATO, A, CERASE, F. GALADINI in , “Terremoti, comunicazione, diritto”, Milano 2015, p.287
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