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Atti e Abstract Book 26-28 MAGGIO ROMA

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Atti e Abstract Book

26-28 MAGGIO R O M A

AISD Associazione Italiana per lo Studio del Dolore

Fondazione Paolo Procacci

www.aisd.it - www.fondazioneprocacci.org

abstract_book_39congresso_2016COVER-4colori:AISD_39Abstract _Roma_2016 10/05/16 10:12 Pagina 1

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CONGRESSO NAZIONALE

AISD Associazione Italiana per lo Studio del Dolore

ROMA, 26-28 MAGGIO 2016

Atti e Abstract Book

Atti.................................... 3

Abstract Medici .............................. 37

Abstract Infermieri ..................... .61

Indice generale ............................... .76

Indice per autore ...................... 79

Il 39 Congresso AISD stato insignito della Medaglia del Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella

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Comitato scientificoCaterina AurilioDaniele Battelli (Associazione Sammarinese per lo Studio del Dolore)

Stefano CoaccioliMaurizio Evangelista(Presidente COL)

Diego M.M. Fornasari(Coordinatore)

Fabrizio La MuraFranco MarinangeliNicolino Monachese(Associazione Sammarinese per lo Studio del Dolore)

Maria Caterina PaceEnrico PolatiAlessandro F. SabatoAndrea TruiniGiustino Varrassi

Comitato organizzatore localeMaurizio Evangelista (Presidente Comitato Organizzatore Locale)Claudio Baldi Vitale Cilli Antonio ClementeGianni Colini Baldeschi Paolo Diamanti Aldo Di Carlo Luigi DOrazioClaudio Lo PrestiDavide MuriessFelice Occhigrossi Remo Orsetti Manuel SoldatoMaurizio Stefani Bartolomeo Violo

Segreteria organizzativa:

AIM Group International - Sede di Roma

00189 Roma - Via Flaminia, 1068

2016 dellAssociazione Italiana per lo Studio del Dolore Onlus.

Tutti i diritti riservati.

Supplemento a DOLORE AGGIORNAMENTI CLINICI n. 1-2/2016,

organo ufficiale dellAssociazione Italianaper lo Studio del Dolore

Onlus

ISSN 1974-448x - Aut. Trib dell'Aquila n. 571 del 18/12/2007

Dir. Resp. Giustino Varrassi

via Tacito, 7 - 00193 Roma

www.aisd.it - [email protected]

Il contenuto degli abstract rispecchia esclusivamente lesperienza

degli autori e la loro revisione ortografica.

A causa dei rapidi progressi della scienza medica si raccomanda

sempre una verifica indipendente delle diagnosi e dei dosaggi

farmacologici riportati.

Progetto grafico e impaginazione: Osvaldo Saverino

Finito di stampare nel mese di maggio 2016 da Solari Grafiche Srl,

Roma

Patrocini

EFIC European Pain Federation

EULAP European League against Pain

AOGOI Associazione dei Ginecologi italiani: ospedalieri, del territorio, liberi professionisti

ASSD Associazione Sammarinese per lo Studio del Dolore

AILAD Associazione italiana per la lotta al dolore

Federdolore Societ dei Clinici del Dolore

FIMP Federazione italiana medici pediatri

FNOMCEO Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri

SIARED Societ Italiana di Anestesia Rianimazione Emergenza e Dolore

SISC Societ Italiana per lo studio delle Cefalee

SIF Societ Italiana di Farmacologia

SIFO Societ Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie

SIFOP Societ Italiana di Formazione Permanenteper la Medicina Specialistica

SIGG Societ Italiana di Gerontologia e Geriatria

SIN Societ Italiana di Nefrologia

SINPE Societ Italiana di Nutrizione Artificiale e Metabolismo

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CONGRESSO NAZIONALE

AISD Associazione Italiana per lo Studio del Dolore

ROMA, 26-28 MAGGIO 2016

Atti

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AISD Associazione Italiana per lo Studio del Dolore AISD Associazione Italiana per lo Studio del Dolore

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RAZIONALE PER LUTILIZZO DELLA TECNICA LIPOGEMSNEL TRATTAMENTO DEL DOLORE PELVICO CRONICOAGRADI S., BOCCASANTA P., VENTURI M., CALABR G.Unit Funzionale di Proctologia e PelviperineologiaCliniche Humanitas Gavazzeni, Bergamo

Le sindromi dolorose pelviche croniche sono molto frequenti, laprevalenza stimata pari al 6.6 per cento della popolazione (1),ma meno di un terzo dei pazienti che soffrono di dolori pelvici cro-nici si rivolgono ad un medico. Nel 15 per cento dei casi le causesono organiche, quali ascessi, criptiti, emorroidi, ragadi anali pro-statiti croniche, endometriosi , tuttavia nel restante 85 per centodei casi le cause sono funzionali e possono determinare vari qua-dri clinici, talora misti, quali la proctalgia cronica (o sindrome delmuscolo puborettale), la coccigodinia, il dolore pelvico cronico fem-minile e la nevralgia del pudendo (2).La nevralgia del pudendo, la cui incidenza stimata in un caso/100000 secondo la International Pudendal NeuropathyAssociation, definita come la sindrome da intrappolamento edanno del nervo pudendo nel canale muscolo-aponeurotico, com-preso tra i legamenti sacro-tuberoso e sacro-spinale definito ca-nale di Alcock, in assenza di malattie organiche (3). Accanto aquesta condizione idiopatica vi possono essere situazioni secon-darie a traumi, o interventi chirurgici pelvici; i ciclisti professionistisono considerati categoria a rischio per lo sviluppo della malattia.Ne deriva nel complesso un quadro multifattoriale, con elevatoimpatto negativo sulla qualit di vita del paziente e caratterizzatoda dolore cronico lungo il decorso del nervo pudendo, mono, o bi-laterale, spesso irradiato al gluteo, ai genitali, all'arto inferiore.Anatomicamente il nervo pudendo una della branche del ples-so sacrale , origina dalle branche anteriori di S2-S4, prossimal-mente alla spina ischiatica e medialmente e caudalmente al ner-vo sciatico, quindi decorre tra i muscoli piriforme e coccigeo, me-dialmente ai vasi pudendi, passa attraverso il grande forameischiatico ed entra nel canale pudendo attraverso il piccolo fora-me ischiatico, quindi decorre tra i legamenti sacrospinoso e sa-crotuberoso ed entra nel canale pudendo, formato dalla fasciadell'otturatore interno, a questo livello fornisce branche dirette almuscolo elevatore dell'ano, i nervi rettali (diretti allo sfintere ana-le esterno e alla cute intorno all'ano) e termina col nervo dorsa-le del pene nel maschio e del clitoride nella femmina. Sono mol-to frequenti varianti anatomiche (Figura 1). La compressione delnervo nella forma idiopatica pare determinarsi generalmentenello spazio tra i legamenti sacrotuberoso e sacrospinoso, acausa della presenza di un processo falciforme del legamentosacrotuberoso (4).

La diagnosi clinica di neuropatia del pudendo viene effettuata inpresenza dei cosiddetti criteri di Nantes (5): tutti e 5 i seguentisegni devono essere presenti:dolore predominante in posizione seduta, dolore che solitamen-te non sveglia il paziente di notte, assenza di difetti oggettivi del-la sensibilit, effetto positivo dell'infiltrazione di anestetici nelnervo pudendo e dolore limitato al territorio di innervazione delnervo pudendo.Possono poi essere presenti segni complementari, quali sensa-zione di corpo estraneo nel retto, o peggioramento del dolore du-rante la defecazione, ma la presenza di tali segni non fonda-mentale per la diagnosi di neuropatia del pudendo, cosi comenon sono fondamentali i test neurofisiologici, quali la EMG ana-le, i potenziali sacrali evocati e la PNTML (pudendal nerve ter-minal motor latency), che possono eventualmente solo confer-mare la diagnosi.Particolarmente utile nella diagnosi la tecnica di valutazionedei tempi di latenza del pudendo, o PNTML, messa a punto nel1984 da Kiff e Swash, con utilizzo di un elettrodo rilevatore, mon-tato sul guanto dell'esaminatore (6). I tempi di latenza del nervopudendo sono normalmente di 1.9 +/- 0.2 msec, normalmentetali tempi sono aumentati nella neuropatia del pudendo, ma pos-sono esservi anche casi di sindrome con tempi di latenza del pu-dendo normali, o solo lievemente alterati.Attualmente la terapia di questa rara, ma molto invalidante sin-drome, si avvale di vari presidi, quali farmaci analgesici, bloccoanestetico del nervo pudendo, neuro modulazione sacrale ed in-terventi chirurgici di decompressione.Tuttavia nessuno di questi trattamenti risulta davvero soddisfa-cente: i farmaci per uso locale, o per via orale sono solo sinto-matici e hanno numerosi effetti collaterali, i benefici del bloccoanestetico del nervo pudendo sono assolutamente transitori, laneuromodulazione sacrale una tecnica moderna, invasiva, cheprevede due step di intervento, con impianto finale di un gene-ratore di impulsi, con risultati spesso non soddisfacenti e attual-mente scarsa casistica in questa particolare patologia. L'interventochirurgico, invece, pu essere condotto con un approccio ante-riore para-anale, o posteriore para-sacrale con possibili dannimuscolari e/o nervosi e solo pochi centri al mondo hanno accu-

Atti-Abstract Book 39 Congresso Nazionale AISD Roma, 26-28 maggio 2016

Figura 1 - Anatomia del nervo pudendo

Figura 2 - Anatomia del nervo pudendo

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mulato sufficiente esperienza in questi anni.Le cellule staminali umane mesenchimali multipotenti (acronimoanglosassone ASC = adipose stem cells) sono state identificateper la prima volta nel 2001 da Zuk et al (7) da lipoaspirati uma-ni (ovvero aspirati di tessuto adiposo), processati in laboratoriocon un procedimento multi-step (estrazione, digestione con col-lagenasi, centrifugazione, isolamento dallo stroma vascolare ecoltivazione in vitro).Vari studi in vitro hanno dimostrato che le ASC possono differen-ziarsi in osteoblasti, condrociti, miociti, cellule endoteliali, epato-citi, cellule pancreatiche e neuroni, in grado di produrre in vitrotipiche proteine del tessuto nervoso (8).In questi anni numerosi studi clinici hanno impiegato ASC, par-ticolarmente in chirurgia plastica (in pazienti con lipodistrofia, sin-drome di Romberg, ferite, esiti di mastectomia), ma anche in nu-merose altre specialit, quali fistole, incontinenza fecale, diabe-te, lesioni ischemiche degli arti inferiori, m. di Buerger, malattiedelle ossa, lesioni della corda spinale, sclerosi multipla, artritereumatoide, fistole tracheo-mediastiniche ecc.).La tecnica di liposcultura descritta originariamente dal chirurgoplastico americano Coleman nel 1997 (9), consiste in una tecni-ca di liposuzione, praticata dopo infiltrazione di una soluzione dilidocaina ed epinefrina, utilizzando una cannula di liposuzionecon un ago da 22, collegato ad una siringa da 10 ml. La cannu-la viene introdotta nel sottocutaneo e mossa meccanicamente,aspirando nel contempo il tessuto adiposo frammentato nella si-ringa. Le sedi sono addome inferiore, cosce, ginocchio, regioneglutea. Il lipoaspirato viene centrifugato per 3 min a 3000rpm,eventualmente lavato con soluzione salina, quindi aspirato ediniettato nelle sedi di impianto prescelte con un ago da 21 G.

La tecnica originaria di Coleman ha avuto un vasto impiego incampo clinico , soprattutto in chirurgia plastica, particolarmenteinteressanti sono stati i risultati della tecnica nella vulvodinia, maattualmente sono stati pubblicati solo pochissimi studi, in formadi abstract a congressi.Il nostro gruppo ha pubblicato recentemente uno studio clinicosperimentale applicando la tecnica di Coleman in 15 patienti af-fetti da nevralgia del pudendo idiopatica e secondaria a chirur-gia proctologica. I pazienti erano stati sottoposti a terapia medi-ca e blocco del pudendo senza successo. Si procedeva quindi ainiezione di tessuto adiposo autologo lipoaspirato con tecnica diColeman nelle zone in cui si pratica abitualmente il blocco delpudendo e successiva valutazione di Vas, qualit di vita median-te SF36 e PNTML con follow-up di 12 mesi.

I risultati sui 12 pazienti che portavano a termine lo studio dimo-stravano assenza di complicanze e solo 2 fallimenti, mentre neirestanti 10 pz si assisteva ad una significativa riduzione di VAS(da 8.1 +/- 1.2 nel pre-operatorio a 3.2 +/- 0.9 ad un anno conP < 0.001 al t-test), un significativo miglioramento della qualitdi vita in tutti i parametri considerati nel SF-36 (con P

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Al momento il follow up medio di 6 mesi ed i risultati sono inproiezione di circa 30 % migliori rispetto ai pazienti dello studiooriginale.Tali risultati ci inducono a ritenere che la tecnica di Coleman, so-prattutto se con utilizzo di kit appositi, risulti semplice, priva dicomplicanze e ripetibile, con ottimi risultati nel breve periodo.

Bibliografia01. Drossman DA, Li Z, Andruzzi E et al. U.S. householder survey of

functional gastrointestinal disorders. Prevalence, sociodemogra-phy, and health impact. Dig Dis Sci 1993;38:1569-80.

02. Chiarioni G, Asteria C, Whitehead WE . Chronic proctalgia andchronic pelvic pain syndromes: new etiologic insights and treat-ment options. Wordl J Gastroenterol 2011; 17 : 4447-4455.

03. Hibner M, Desai N , Robertson LJ, Nour M. Pudendal neuralgiaJ Minin Invasive Gynecol 2010; 17 : 148-53

04. Loukas M, Louis RG Jr, Hallner B, Gupta AA, White D. Anatomicaland surgical considerations of the sacrotuberous ligament and itsrelevance in pudendal nerve entrapment syndrome. Surg RadiolAnat 2006;28:163- 9.

05. Labat JJ, Riant T, Robert R et al. Diagnostic criteria for pudendalneuralgia by pudendal nerve entrapment (Nantes criteria).Neurourol Urodyn 2008; 27: 306-10.

06. Kiff ES, Swash M . Slowed conduction in pudendal nerves in id-iopathic (neurogenic) faecal incontinence. Br J Surg 1984; 71:614-6.

07. Zuk PA, Zhu M, Mizuno H. Multilineage cells from human adiposetissue: implications for cell-based therapies. Tissue Eng 2001;7:211-28.

08. Zuk PA, Zhu M , Ashjian P et al . Human adipose tissue is a sourceof multipotent stem cells . Mol Biol Cell 2002;13: 4279-95.

09. Coleman SR. Facial recontouring with lipostructure Clin Plast Surg1997; 24: 347.

10. Venturi M, Boccasanta P, Lombardi B, Brambilla M, Contessini-Avesani E, Vergani C. Pudendal neuralgia: a new option for treat-ment? Preliminary results on feasibility and efficacy. Pain Medicine2015; 16: 1475-1481.

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Atti-Abstract Book 39 Congresso Nazionale AISD Roma, 26-28 maggio 2016

Figura 6 - Kit Lipogems

Figura 7- Schema procesazione tessuto lipoaspirato con Kit Lipogems

Figura 8 - Iniezione in vivo del processato Lipogems

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IL TRATTAMENTO DEL DOLORE NEUROPATICO DACHEMIOTERAPIAAURILIO C.Professore Ordinario di Anestesia e RianimazioneDirettore della Scuola di Specializzazione in Anestesia, Rianimazione, TerapiaIntensiva e Terapia del Dolore. Seconda Universit degli Studi di Napoli

La neuropatia periferica indotta da farmaci chemioterapici (CIPN) un effetto collaterale inabilitante di diversi agenti antiblastici. Lacomparsa di CIPN pu richiedere una riduzione del dosaggio o inalcuni casi uninterruzione del trattamento con antiblastici, con in-cremento della mortalit e morbilit da cancro. generalmenteuna neuropatia sensitiva che si pu accompagnare a disturbi mo-tori o autonomici.Marta Serenty e collaboratori hanno pubblicato su Pain nel 2014una metanalisi sullincidenza e la prevalenza del CIPN. Gli autorihanno identificato 4.128 studi pubblicati, ne hanno esaminato 138,di cui 31 rientravano nei criteri di inclusione con un totale di 4179pazienti. La prevalenza riscontrata di CIPN era del 68.1 (95% CI= 57.778.4) entro il primo mese dallinizio del trattamento che-mioterapico, 60% (36.481.6) a 3 mesi, 30% (6.453.5) a 6 mesio oltre. Sono stati inoltre identificati sia dei polimorfismi geneticiche dei fattori di rischio per CIPN.

I polimorfismi genetici maggiormente associati a CIPN sono: canali del sodio voltaggio dipendenti proteine delle Schwann cell recettori di superficie il collageno recettori coinvolti nellapoptosi neuronale sviluppo delle cellule della cresta neuronale enzimi coinvolti nel metabolismo del piruvato.

I fattori di rischio clinici per CIPN sono: neuropatia di base storia di tabagismo riduzione della clearence della creatinina cambiamenti sensoriali specifici in corso di trattamento chemioterapeutico (allodinia e/o iperalgesia termica).

Il paclitaxel rappresenta la prima linea di trattamento dei tumorisolidi. Il maggiore effetto collaterale la neuropatia periferica, pre-valentemente sensitiva con distribuzione a guanto-calzino. I pa-zienti lamentano intorpidimento, formicolio, dolore spontaneo edevocato da stimoli meccanici e termici (allodinia). La patogenesi della neuropatia indotta da chemioterapici anco-ra misconosciuta, sebbene si ipotizzi unalterazione del trasportoassoplasmatico secondario al legame del paclitaxel alla betatubu-lina dei microtubuli deli assoni. Recentemente, in uno studio pub-blicato da Flatters et al su Pain stato dimostrato, in modelli ani-mali di dolore neuropatico indotto da paclitaxel, una maggiore in-cidenza di atipie mitocondriali nei nervi sensitivi periferici in assen-za di degenerazione medio assonale. La presenza di queste ati-pie mitocondriali suggerisce un ruolo cardine della disfunzione mi-tocondriale nella CIPN. La presenza, cos come dimostrato daFlatters, di mitocondri rigonfi e ricchi di vacuoli, indica la loro di-sfunzione ma non la natura ed origine della stessa. Diversi studihanno evidenziato un ruolo delle specie reattive dellossigeno(ROS) nel dolore neuropatico. I complessi I e III sono proteine del-la catena del trasporto elettronico e componenti chiave della fo-sforilazione ossidativa. In un recente studio pubblicato su J of Painnel 2015, Griffiths e coll, hanno dimostrato che la modulazione se-lettiva della catena del trasporto elettronico sia in grado di indur-re un effetto anti-nocicettivo in un modello preclinico (animale) didolore neuropatico. Alla base della CIPN sembra quindi esserci la mitotossicit negli

assoni dei nervi sensitivi primari. La causa della mitotossicit ri-mane tuttora poco definita. I perossinitriti, potenti agenti pronoci-cettivi, sono stati correlati alla mitotossicit coinvolta in deversi sta-ti patologici e potrebbero avere un ruolo anche nella CIPN. Jabese coll, in un recente studio pubblicato su Pain nel 2013, hanno ri-marcato il ruolo della mitotossicit nello sviluppo della CIPN edidentificato i perossinitriti come un mediatori chiave in tale proces-so, fornendo un razionale allo sviluppo di agenti terapeutici peros-sinitriti-mirati. Il gruppo di lavoro di Janes e al ha pubblicato nel 2014 uno studiosul ruolo del recettore A3 delladenosina. Hanno riportato che lat-tivazione del recettore A3AR con selettivi agonisti come IB-MECAblocchi lo sviluppo della CIPN da diversi agenti chemioterapici. Gliautori hanno dimostrato che lagonista degli A3AR attenui lo svi-luppo di CIPN da paclitaxel tramite inibizione dellattivazione delNADPH ossidasi spinale e di due sistemi redox-dipendenti. Il pri-me tramite inibizione del fattore di trascrizione redox-sensibile(NFkB) e delle protein-chinasi mitogeniche (ERK e p38) determi-nanti una ridotta produzione di citochine neuroeccitatorie/proin-fiammatorie (TNF-alfa, IL-1beta) e unaumentata formazione di ci-tochine neuroprotettive/antiinfiammatorie IL-10. Il secondo coin-volge linibizione della tyrosin-nitrazione post-traslazione redox-mediata e linattivazione delle proteine gliali note per avere un ruo-lo nella omeostasi sinaptica del glutammato (GLT-1 trasporter eglutamine sintetasi). In un lavoro pubblicato su PeeJ nel 2015 da Masocha stato evi-denziato che durante la CIPN vi sia unattivazione degli astrociti edellastrogliosi, in assenza di cambiamenti dellespressione dei tra-sportatori del glutammato o nellupregulation della subunit recet-toriale del glutammato nel giro cingolato anteriore. Pertanto un ul-teriore target terapeutico potrebbe basarsi su meccanismi dellat-tivazione astrocitaria. Anche la sostanza P sembri avere un ruolonello sviluppo del CIPN. Terusame et al hanno pubblicato un la-voro nel 2016 su European Journal of Pharmacology in cui descri-vono che in un modello preclinico (animale) il paclitaxel determiniun incremento del rilascio di sostanza P, ma non di CGRP nellelamine superficiali delle corna dorsali. Per quanto attiene il trattamento del CIPN questa patologia algi-ca molto difficile da trattare e diversi studi randomizzati control-lati hanno testato svariati farmaci con risultati sconfortanti. Sullabase di una crescente evidenza sul ruolo degli inibitori del re-up-take della serotonina e noradrenalina nel dolore neuropatico, EllenM. Lavoie Smith ha condotto un RCT per valutare lefficacia delladuloxetina nel CIPN. I risultati su 231 pazienti evidenziano che laduloxetina per 5 settimane di trattamento determini una notevoleriduzione del dolore rispetto al placebo. Un nuovo potenziale ap-proccio terapeutico venuto fuori della ricera di base, che ha di-mostrato i circuiti neuronali endogeni che sono alla base dellanal-gesia indotta dal freddo. I recettori molecolari per il freddo sonostati identificati nei nervi sensitivi e vi evidenza di una loro up-regulation nei modelli di dolore neuropatico. Il gruppo di lavoro diFallon dellEdinburgh Cancer Research Centre ha identificato chelinattivazione di uno di questi recettore canale associate alla me-lastatina (TRPM8), tramite agenti topici produca analgesia. Sullabase di questi dati hanno condotto una studio clinico sullutilizzotopico del mentolo 1% crema nei pazienti affetti da CIPN. Su 51pazienti trattati l82% ha riportato un miglioramento al BPI. Questidati indicano che il mentolo topico possa essere un potenzialeagente analgesico nella CIPN. Molto interessanti sono anche i ri-sultati del lavoro pubblicato da Krukowski et al su Pain nel 2015sullutilizzo della pitifrina come prevenzione dello sviluppo di CI-PN. La pitifrina una piccola molecola in grado di inibire laccu-mulo di p53 mitocondriale senza alterare la sua attivit trascrizio-nale. In un modello animale hanno dimostrato per la prima voltache la pitifrina sia in grado di prevenire lallodinia meccanica da

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paclitaxel e da cisplatino. Lanalisi con microscopia elettronica deinervi sensitive periferici ha evidenziato che la pitifrina assicura lin-tegrit mitocondriale nonostante il trattamento con paclitaxel. Laproblematica resta quindi ancora aperta e sono necessari ulterio-ri sforzi per migliorare le nostre conoscenze e trasferire i risultatidella preclinica in fase clinica.

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ECOGRAFIA COSA C DA SAPEREBISOFFI VARANI A., MARTINI A., PAROLINI M., SCHWEIGER V. Universit degli Studi di Verona, Dipartimento di Scienze chirurgiche,Anesthesiologia, Terapia Intensiva e Terapia del Dolore. Policlinico G.B. Rossi, Verona

Ecografia: modalit di visualizzazione basata sulla creazione di unimmagine attraverso lelaborazione di echi prodotti da un fascio diultrasuoni che attraversano un organo o un tessuto.

Velocit di propagazione: dipende dalla densit atomica e dallepropriet elastiche del mezzo.Gli ultrasuoni si propagano pi velocemente nei liquidi piuttostoche nellaria.Unimmagine 2D B-mode formata da un gran numero di lineeB-mode, ognuna prodotta da una sequenza impulso-eco.La distanza alla quale rappresentato un punto sullo schermo proporzionale alla profondit rispetto al trasduttore. La velocitalla quale viaggiano gli impulsi determina la scala dellimmagine.

Onde sonore: onde longitudinali.

Viaggiano in un mezzo fisico facendone oscillare le particelle avan-ti e indietro, le piu note sono quelle sonore che trasportanoenergia al timpano umano facendolo vibrare.Londa sonora caratterizzata da frequenza, velocit e lunghezza donda.Frequenza: numero cicli al secondo (udibile dalluomo: 20Hz - 20 kHz).

Velocit: determinata dal mezzo in cui viaggiano le onde (espressa in m/s).Lunghezza donda: distanza tra due picchi consecutivi (espressa in mm)

Alta frequenza = bassa lunghezza donda e viceversa.Utilizzo diagnostico

Le frequenze pi utilizzate in diagnostica medica rientrano nel ran-ge 2-15MHzLa lunghezza donda pu essere calcolata attraverso lequazione=c/f assumendo c=1540 m/sla lunghezza donda ha unimportanza fondamentale nel determi-nare la risoluzione dellimmagineInterazione con mezzi biologiciI mezzi biologici hanno diverse impedenze acustiche, le interfac-ce tra mezzi eterogenei danno luogo a diversi fenomeni (riflessio-ne, diffusione, rifrazione, assorbimento):

Riflessione= ritorno dellimpulso al trasduttoreAssorbimento= principale causa di attenuazione del fascioRifrazione = trasmissione con modifica della direzione di propagazioneDiffusione= a causa della composizione eterogenea degli organi solidi solo alcune onde vengono riflesse, altreattenuate, altre rifratte

Strumentazione B-mode: il fascio ultrasonoro prodotto dalla son-

da genera le sequenze di linee B-mode e definisce le proprietspaziali dellimmagine. La luminosit dellimmagine in ciascun pun-to lungo la linea B-mode determinata dallampiezza del segna-le eco ricevuto dal trasduttore. Il segnale eco devessere proces-sato per riprodurre la luminosit dellimmagine finale.

Artefatto = qualsiasi immagine ultrasonografica priva di una corri-spondente struttura anatomica. Spesso il risultato di propriet fi-siche degli ultrasuoni. Derivano dal fatto che la velocit dellimpul-so US nei tessuti non costante ed il processo di riflessione non lineare.1) Ombra acustica posterior: strutture con elevata impedenza acu-stica, completa riflessione del fascio, produce zona di ombra acu-stica posterior. Per ovviare a questo artefatto occorre cambiare fi-nestra di visualizzazione.2) Rinforzo di parete posteriore: aumento ecogenicit nella zonaa valle di una raccolta liquida Gli us che attraversano il liquido non vengono attenuati come glialtri, a valle arrivano segnali di intensit dversa. Aiuta a distingue-re raccolte liquide.3) Mirror image interface refraction: le onde US rifratte sono fa-sci deviati dal loro percorso originale.Risultato del passaggio attraverso mezzi ad impedenza acusticadifferente, Gli oggetti possono apparire in posizione diversa oppu-re pu essere prodotta unimmagine speculare, limmagine spe-culare solitamente perpencolare alla sonda e lartefatto pi inprofondit.4) Riverbero: interfacce molto riflettenti a piccola profondit. Energiadel fascio di ritorno ritrasmessa dalla sonda al tessuto e quinditorna poi come un secondo eco pi debole, la distanza regolar-mente doppia,tripla quadrupla ecc. Possono essere distinti conleggera pressione 5) Bayonet artifact: causato da ritardo di ritorno eco in tessuti aminor velocit di trasmissione, Il processore interpreta gli echi provenienti dalla punta dellago cheattraversa tessuti a trasmissione pi lenta come provenienti dauna struttura pi profonda.

Bibliografia01. Hoskins P., Martin K., Thrush A. Diagnostic Ultrasound: Physics

and Equipment. 2nd Edition Cambridge University Press 2010.02. Grant S., Auyong D.A. Ultrasound Guided Regional Anesthesia.

Oxford University Press 2012.03. Allan P.L., Baxter G., Weston M.J. Clinical Ultrasound. Third Edition

Churchill Livingston, ed. Elsevier 2011.04. Lichtenstein D.A. General ultrasound in the critically ill. Springer

2002.

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RESPONSABILIT INFERMIERISTICHE: IL PARERE DELBIOETICISTABORGIA L.1, GIORGETTI R.2

1 Vicepresidente Comitato Sammarinese di Bioetica e Componente Comitatodi Bioetica (DH-BIO) Consiglio dEuropa

2 Professore Ordinario di Medicina Legale, Universit Politecnica delleMarche

Nellambito della Rete di Cure Palliative la modalit operativa perrispondere in modo unitario al bisogno del malato e della sua fa-miglia il lavoro di quipe, che richiede una costante integrazio-ne professionale tra medici palliativisti, infermieri palliativisti, me-dici di medicina (1). In tale contesto, un elemento di maggiore cri-ticit dato dalla somministrazione del farmaco, atto professiona-le sanitario che solo in alcuni casi pu essere demandato a terze

Atti-Abstract Book 39 Congresso Nazionale AISD Roma, 26-28 maggio 2016

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figure non professionali o allo stesso paziente. Ben lontana la fi-gura dellinfermiere quale mero esecutore di ordini impartiti dal me-dico. Si passati da una figura che agiva per autorizzazione man-sionariale (anni 40) a una figura che ha un campo proprio di atti-vit. Nonostante ci vi sono criticit relative alla possibilit da par-te dellinfermiere di poter prescrivere e somministrare farmaci so-prattutto nellambito delle cure palliative e domiciliari dettate dalfatto che la legge 38/2010 non ancora attuata in maniera omo-genea sul territorio nazionale sia per la formazione del personalesia per la rete assistenziale (2). Una revisione bibliografica2004/2014, sulla misurazione delle conoscenze e delle attitudinidegli infermieri nella valutazione e nella gestione del dolore ha evi-denziato come, linadeguatezza della gestione del dolore possacorrelarsi anche alla mancanza di autonomia del personale infer-mieristico a causa della prevalenza della figura medica. Purtroppolo studio ha posto in luce anche una realt costituita da una scar-sa conoscenza e da limitate attitudini del personale infermieristi-co sulla valutazione e sul trattamento del dolore (3). Nella gestio-ne domiciliare del dolore, lespressione al bisogno innesca unaserie di interrogativi che non semplificano lattivit dellinfermiere:chi deve stabilire lesistenza del bisogno? Chi deve effettuare larilevazione di sintomi/segni/parametri clinici? Con la prescrizioneal bisogno il medico affida lapprezzamento delle condizioni vin-colanti e la somministrazione allinfermiere, che attua ordinaria-mente la terapia. Le condizioni apposte devono essere identifica-bili dal sanitario diverso dal medico, con ragionevole sicurezza enel rispetto di professionalit e competenze sue proprie. Ma, incaso di difficolt interpretative (mancata/incompleta indicazionedei parametri di riferimento e dei limiti di esecuzione), il professio-nista incaricato della somministrazione non deve procedere maconsultare il medico responsabile. Altro interrogativo riguarda lammissibilit di una prescrizione ver-bale. Laccettabilit di una tale prescrizione, in generale, vinco-lata a precisi parametri, quali lurgenza, il concomitante impegnodel medico determinante limpossibilit di una registrazione pre-via. I profili di responsabilit per linfermiere che effettua la som-ministrazione, si delineano sulla base della competenza, della pru-denza e della diligente scrupolosit. Si tratta di unattivit che di-svela concrete prospettive di responsabilit, per linfermiere som-ministratore, soprattutto in caso di eventi avversi non colti, sovra-dosaggi (depressione respiratoria da oppiacei) o somministrazio-ni incongrue. Risulta necessario che linfermiere possieda dimo-strata esperienza e competenza nello specifico settore; ci anchealla luce di rinverdite sentenze relative alla responsabilit per as-sunzione (debbono essere rifiutati i compiti che si ritiene di nonessere in grado di compiere) di incarichi non commisurati alla pro-pria formazione professionale. Sarebbe auspicabile, in luogo disingole prescrizioni al bisogno, un maggiore ricorso a protocolli adapplicazione condizionata che, se redatti con debita completezza,permetterebbero agli operatori di trarre indicazioni chiare e stan-dardizzate (4). In alcune realt territoriali, come la Toscana, sonovigenti protocolli nellambito del Progetto Ospedale Senza Doloreche prevedono la sostituzione della prescrizione del medico qua-lora, superati determinati livelli di intensit del dolore rilevati me-diante scale adottate dal mondo professionale, linfermiere ese-gue automaticamente lintervento antalgico, spesso con farmacianalgesico oppioidi (5). In Emilia Romagna stata recentementeapprovata una delibera che consente agli infermieri dellemergen-za-urgenza di intervenire in ambito regionale, su funzioni sanita-rie "avanzate", con protocolli estremamente dettagliati, senza in-vasioni di campo rispetto alle competenze dei medici, ai quali spet-ter lultima parola nel caso in cui si presentassero interventi com-plessi o dubbi. Unulteriore criticit, poco evidenziata, scaturiscedalla gestione del dolore da procedure assistenziali infermieristi-che (6) che, in alcuni studi paragonato al dolore cronico perch

lascia memoria di s, modifica lapproccio nelle successive espe-rienze e produce effetti a lungo termine: insonnia/modifiche nel-lappetito/umore depresso (7). Anche il dolore procedurale une-sperienza complessa e soggettiva, che dipende sia da fattori le-gati alla procedura sia da fattori intrinseci alla persona:et/genere/cultura/stato emozionale/precedenti esperienze/com-prensione della procedura e del motivo per cui attuata (8). Dallaletteratura emerge come sia complesso valutare correttamente ildolore procedurale e quanto insufficienti siano ancora le cono-scenze e le capacit di trattarlo. Tutto ci produce un disagio eti-co che difficilmente viene considerato anche dagli specialisti dibioetica (9). Analizzare le cause e ricercare il miglior modo per ri-durre/eliminare il dolore procedurale un imperativo etico e deon-tologico, soprattutto nellassistenza palliativa e di fine vita dovelinfermiere chiamato a prendere decisioni per interrompere in-terventi non appropriati o a riconsiderare le modalit dattuazionein funzione del benessere e della qualit di vita del malato (10).Se il procedere per protocolli pu arginare il rischio di uno scon-finamento di ruoli tra le diverse figure professionali appartenentiallequipe delle cure palliative, possono tuttavia configurarsi alcu-ne situazioni difficilmente standardizzabili, non solo per lintrinse-ca complessit del dolore e della variabilit/soggettivit nella ri-sposta, ma anche per il coinvolgimento delle diverse figure presein carico dallequipe di cure palliative: paziente/familiari/caregiver.Nella gestione domiciliare del dolore il professionista deve opera-re ai limiti delle proprie competenze e delle proprie responsabilit,in quanto richiesto un coinvolgimento non solo professionale,ma anche personale ed emotivo nellapprocciare i malati e il loronucleo famigliare. Tra i tanti argomenti di confine bioetico, parti-colare interesse rivestono alcune cure al limite traappropriatezza/futilit, desistenza/accanimento/abbandono tera-peutico, cure di scarsa efficacia scientifica, ma con un considere-vole effetto placebo, cos frequente nella risposta al dolore. Perle situazioni pi complesse auspicabile che linfermiere, comeciascun componente dellequipe, coinvolga il Comitato Etico di ri-ferimento, che ha tra le sue funzioni anche quella di consulenzadi etica clinica.

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9Atti-Abstract Book 39 Congresso Nazionale AISD Roma, 26-28 maggio 2016

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LA RESPONSABILIT PROFESSIONALE MEDICA INTERAPIA DEL DOLOREDEL BALZO G., RANIERO D., TAGLIARO F. Dipartimento di Diagnostica e Sanit Pubblica, Sezione di Medicina LegaleUniversit degli Studi di Verona

In campo medico, levoluzione delle scienze umane di pari passocon le innovazioni della moderna tecnologia hanno permesso ilraggiungimento di orizzonti nel passato inimmaginabili, ponendole basi per traguardi sempre pi interessanti per il consorziodellumana societ. In questo contesto di grande dinamismo, non si pu non eviden-ziare come non esista unaltra categoria professionale comequella delle professioni sanitarie che nellarco di pochi anni abbiavisto modificarsi cos profondamente sia le regole che presiedo-no allesercizio della relativa professione, sia le norme che nedisciplinano la relativa responsabilit.Negli ultimi anni, si infatti assistito ad un notevole aumento diprocedimenti penali e di contenziosi civili con conseguente incre-mento dell'esborso complessivo dei risarcimenti, aventi ad ogget-to casi di responsabilit dei professionisti sanitari. I motivi alla ba-se di questo problema possono essere individuati in una maggio-re consapevolezza dei propri diritti da parte del paziente, con con-seguente minor grado di tolleranza nei confronti di errori o inade-guatezze nella condotta dei professionista. Inoltre, il fatto che inalcune branche sanitarie gli interventi siano eseguiti in elezione,comporta una percezione da parte del paziente che il mancatoconseguimento del risultato atteso sia addebitabile ad una inap-propriata condotta da parte del sanitario. In tali branche, spesso,si associa un impegno economico sostenuto dal paziente, che au-menta l'attesa di risultato. Sul versante sanitario non si pu dimen-ticare che oggi esistono maggiori potenzialit di danno connesseal progresso scientifico e tecnologico, cui si associa spesso un ca-rico di lavoro eccessivo oppure una supervisione apicale inade-guata. Un problema rilevante, spesso causa di errore, quello cor-relato alla inadeguata comunicazione fra operatori sanitari conconseguente rallentamento del percorso diagnostico terapeuticoo addirittura omissione di atti medici in precedenza previsti, manon attuati. Un ulteriore problema quello riguardante un conflit-to tra obiettivi sanitari e obiettivi economici, in quanto i costi del-l'assistenza che le strutture sanitarie devono affrontare possonocreare limitazioni alla qualit della prestazione offerta. Accanto aproblematiche di tipo organizzativo e di politica aziendale, vi poiquell'ampio ambito riguardante il tema dell'errore in medicina. Sitratta di errori compiuti dal personale sanitario nel caso concreto,come, ad esempio: omissione di un intervento necessario, erroriper scarsa attenzione, violazioni di un procedimento diagnosticoo terapeutico appropriato (protocolli, raccomandazioni, linee gui-da, ecc.), inesperienza in una procedura diagnostica o terapeuti-ca gi definita, difetto di conoscenza delle possibili manifestazio-ni di una malattia, dei rischi di effetti avversi di un trattamento inpazienti particolari, insufficiente competenza clinica nell'acquisirela storia del paziente e nelleseguire l'esame fisico, nel saper in-terpretare gli esami richiesti, insufficiente capacit di collegare idati del paziente con le conoscenze acquisite, errori nelle prescri-zioni (ricette e compilazioni della cartella illeggibili, spiegazioni in-sufficienti al paziente ed ai collaboratori, compliance del pazienteinsufficiente). Si stima peraltro che in oltre il 75% dei contenziosiin ambito sanitario siano ingenerati da uno scarso dialogo fra ilmedico ed il paziente. Daltra parte, laumento dei contenziosi ha dato netto impulso al-la cosiddetta medicina difensiva. Secondo le stime del Ministerodella Salute, atteggiamenti di medicina difensiva risultano diffusiin maniera preoccupante tra gli operatori, nel tentativo di minimiz-zare il rischio di contenziosi legali futuri. In assenza di stime affi-

dabili sui costi della medicina difensiva negativa, la CommissioneParlamentare dinchiesta sugli errori sanitari valuta che solo quel-la c.d. positiva (surplus di spesa sanitaria non legata a finalitterapeutiche ma alla riduzione del rischio di contenzioso) valgaannualmente 10 miliardi di Euro (pari al 0,75% del PIL italiano).In questo contesto generale, si inserisce la complessa tematicadella gestione del dolore cronico, che non senza difficolt stori-che, nella moderna accezione medica non pi inteso comesintomo o esito, ma come vera e propria malattia con graveincidenza sulla personalit, stile di vita e performance lavorativedei soggetti affetti.La peculiarit dellargomento in discussione non pu che riman-dare al dualismo semantico della parola dolore che nella nostralingua integra i concetti di dolore somatico () a quellodella sofferenza emotiva ed esistenziale (), che a suavolta rimanda alla duplice difficolt clinico-valutativa nella defini-zione agesiometrica del dolore, nel suo trattamento e gestione inrapporto alle esigenze del singolo paziente, dallaltra accertativamedico legale sia in ambito di responsabilit professionale, divalutazione del danno biologico, di invalidit civile, sia sotto ilprofilo assicurativo in senso pi ampio.Il dolore cronico rappresenta un grave onere individuale, ma an-che sociale, sanitario ed economico. La European Pain Federation,nel 2015 [www.efic.org/index.asp?sub=B47GFCF5J4H43I], ha sti-mato come circa il 20% della popolazione europea sia affetta dadolore cronico, responsabile di circa 500.000.000 di giorni di ma-lattia/anno con costi diretti/indiretti di gestione stimati attorno al1,5-3% del PIL europeo. Met dei pazienti con dolore cronico pre-senta una lunga storia di sofferenza (disturbi del sonno, problemifisici secondari, disturbi emotivi/affettivi/cognitivi, aumento di stress,ridotta attivit con maggiore disabilit), consulti con vari medici efigure professionali, con grave perdita di fiducia anche nel siste-ma sanitario nazionale.Proprio in relazione alle difficolt sopra delineate, appare eviden-te come le tematiche legate allinformazione ed al consenso par-tecipato allatto medico, inteso come possibilit di accettare o ri-fiutare la proposta diagnostica-terapeutica, siano uno dei princi-pali strumenti per la realizzazione dellalleanza tra paziente ed ilterapista del dolore. La moderna Giurisprudenza, nonch i Codicideontologici professionali, concordano sullaffermare che lauto-nomia decisionale e la libert di autodeterminazione del cittadinosiano diritti inalienabili: il medico quindi ha lobbligo giuridico,etico e deontologico di indirizzare il suo assistito verso unascelta del tutto consapevole, nel pi globale rispetto dei suoidiritti costituzionali. Il consenso viene dunque inteso come basedellistaurarsi di un rapporto di fiduciariet fra medico e paziente,un rapporto le cui fondamenta sono rappresentate dalla parteci-pazione reciproca, dallinformazione, dalla comunicazione bilate-rale e dalla libera scelta di decisione ed eventualmente adesione. Ma quali devono essere i contenuti dellinformazione proposta dalterapista del dolore al paziente? Certamente, questi devono com-prendere, magari attraverso ladozione di fogli illustrativi, le alter-native terapeutiche (chirurgia, device impiantabili, tecniche dirilassamento, ) e loro incidenza sulle attivit di vita, gli effetticollaterali della terapia proposta, leventuale interazione con altrifarmaci (sedativi, miorilassanti, terapia psichiatrica, ) con lalcole la gravidanza, nonch gli effetti sulla funzionalit ormonale,sulle performance psico-fisica e sessuale.La compliance del paziente rappresenta dunque un fattore cen-trale nel trattamento del dolore cronico. Tale alleanza medico-pa-ziente naturalmente presuppone la buona fede reciproca di en-trambe le parti; infatti, la prescrizione in ambito di Terapia del Doloreimpegna la diretta responsabilit professionale ed etica delterapista del dolore, che deve essere ispirata ad aggiornate esperimentate acquisizioni scientifiche tenuto conto delluso appro-

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priato delle risorse (ex art 13 Codice di Deontologia medica,2014), nonch adeguata alle esigenze lavorative e di vita delsingolo paziente.Infatti, compito del medico non solo ottenere il controllo deldolore, ma anche aumentare la qualit della vita del paziente egarantire lautonomia dello stesso. A questo proposito, va sottoli-neato come, nella nostra societ, poter guidare rappresenti indub-biamente un mezzo di autonomia, nonch unattivit lavorativadiffusa. Daltra parte, a mente del dettato costituzionale, il medicodeve evitare comportamenti del suo paziente che siano pericolo-si per se stesso e per la collettivit. Dunque, al di l di argomen-tazioni circa la dimostrazione del ruolo direttamente causale del-le varie posologie di farmaco sullabilit di guida ancora oggetto distudi sperimentali, allo stato attuale normativo, rimane comunqueonere anche del medico prescrittore (terapista del dolore) infor-mare il paziente in terapia con farmaci ad azione psicoattiva(oppiacei, benzodiazepine, cannabinoidi ecc) di quali possonoessere i rischi in termini di disabilit alla guida (ex art 187 CdS conrelative sanzioni penali) e di idoneit al rilascio o rinnovo dellapatente di guida (ex art 119 CdS), rappresentando inoltre il rischiodi rivalsa in ambito assicurativo pubblico e privato (INAIL, RCauto) per quanto pagato a seguito di sinistro, allorch il soggettosi trovasse documentalmente sotto leffetto di sostanze.Considerazioni consimili si possono formulare anche nei pazientiche sono lavoratori con mansioni a rischio (quali mansioni ineren-ti attivit pericolose o di trasporto) o ancora per chi volesseottenere il porto darmi.La legittimazione normativa dellimportanza clinica di una corret-ta applicazione sistematica dei principi della Terapia del Dolorenel panorama sanitario italiano avvenuta nel 2010 con lintro-duzione della Legge 15 marzo 2010, n.38. La novella legislativadefinisce allart.2 la Terapia del Dolore come l'insieme diinterventi diagnostici e terapeutici volti a individuare e applicare

alle forme morbose croniche idonee e appropriate terapie

allo scopo di elaborare idonei percorsi diagnostico-terapeutici per

la soppressione e il controllo del dolore . Appare evidentedunque la necessit in questo settore di elaborazione da partedei boards scientifici pi accreditati di linee guida articolate sul-la evidence based medicine, nonch di strutturazione da partedelle politiche regionali sanitarie di percorsi diagnostico terapeu-tici ed assistenziali volti ad ottimizzare le preziose risorse spen-dibili. Tali indicazioni scientifiche renderebbero inoltre pi agevo-le la valutazione medico legale in ambito di del contenzioso sa-nitario del terapista del dolore in armonia con quanto richiestodal recente decreto Balduzzi (Legge 8 novembre 2012, n.189)che di fatto esclude la responsabilit penale del medico, allorchquesto si sia attenuto a linee guida e buone praticheaccreditate dalla comunit scientifica .

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MODULAZIONE COGNITIVA DELLA PERCEZIONE SOMATO-SENSORIALEFIORIO M.1, CORSI N.1,2, EMADI ANDANI M.3, TINAZZI M.1

1 Dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento, Universit di Verona

2 Department of Pain and Translational Symptom Science, University of Maryland Baltimore, USA

3 Department of Biomedical Engineering, University of Isfahan, Iran

La nostra percezione del mondo esterno fortemente influenza-ta da fattori cognitivi, come laspettativa, lesperienza passata o leinformazioni che ci vengono date da altre persone. Esempi em-blematici di questi fenomeni sono gli effetti placebo e nocebo, incui un miglioramento o un peggioramento della percezione dolo-

rosa seguono lapplicazione di un trattamento inerte che si credeessere efficace. Leffetto placebo/nocebo cos pervasivo nella nostra specie danon essere limitato alla percezione dolorosa o allambito della pa-tologia, ma da estendersi anche ad altri sistemi. Infatti, gli effettiplacebo e nocebo influenzano anche la percezione tattile (Collocaet al., 2008; Fiorio et al., 2012; 2013) e la prestazione motoria(Emadi Andani et al., 2015; Fiorio et al., 2014). Queste modula-zioni si riscontrano sia a livello soggettivo nel resoconto esplici-to dato dal soggetto che percepisce uno stimolo tattile come piintenso o che si sente pi forte in un compito motorio sia a livel-lo comportamentale, in quanto migliorano alcuni parametri di per-cezione sensoriale e della la forza espressa. Il dato pi interes-sante, per, che il tutto associato a variazioni a livello neuro-fisiologico: da un lato, a livello sensoriale si nota un potenziamen-to delle componenti tardive dei potenziali evocati somatosenso-riali (N140 e P200); dallaltro, a livello motorio si hanno cambia-menti documentati nelleccitabilit corticospinale (potenziale evo-cato motorio e periodo silente corticale). Recentemente, linteresse rivolto alle differenze individuali. Nontutti gli individui, infatti, sono ugualmente suggestionabili e mostra-no una risposta placebo e nocebo. A questo riguardo sembranoavere un ruolo importante i tratti di personalit, come lottimismoe lansia (Colloca e Benedetti, 2007; Geers et al., 2005; Pecia etal., 2013). Inoltre, il grado di aspettativa (Pecia et al., 2014) e lapercezione soggettiva dellefficacia di un trattamento sembranoavere un ruolo importante nel modulare le differenze individualialla risposta placebo e nocebo. Tutti questi aspetti verranno trattati in questa relazione, cercandodi approfondire lo stato dellarte degli effetti placebo e nocebo inambito sensoriale e motorio.

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11Atti-Abstract Book 39 Congresso Nazionale AISD Roma, 26-28 maggio 2016

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LA COSTRUZIONE DI UN SISTEMA DI GESTIONE DEL DOLO-RE NELLOTTICA DELLA CONTINUIT ASSISTENZIALEFUMAGALLI M.A. Direzione Infermieristica e Tecnica - AUSL Romagna, ambito territorialedi Forl

La gestione del dolore, per poter garantire ai cittadini il diritto a untrattamento efficace delle problematiche ad esso correlate, deve es-sere coerente con i criteri di best practice e con le indicazioni nor-mative ed impone alle organizzazioni sanitarie un approccio di si-stema. Perch sia possibile, tale approccio deve essere sostenutodalla diffusione di una cultura a favore di una maggiore attenzioneal dolore ed alla sofferenza della persona divenendo, oltre che unacondizione indispensabile allumanizzazione delle cure nel suo in-sieme, un elemento che caratterizza lintero processo di cura, inse-rendosi nella logica della continuit assistenziale, intesa nellacce-zione di continuity of care ossia come dimensione nella quale i ser-vizi sanitari sono inseriti in un succedersi coordinato ed ininterrottodi eventi coerenti con i bisogni dei pazienti (1).La continuit assistenziale, oltre che punto di forza delle istituzio-ni sanitarie, costituisce un elemento che qualifica il sistema dellecure, in quanto costituisce per i professionisti sanitari la rispostairrinunciabile al cittadino che richiede di essere assistito (2). Il concetto di continuit assistenziale pu essere scomposto indiversi livelli (3):- continuit informativa, che riguarda le informazioni raccolte ed organizzate per ciascun paziente, che devono essere prontamente disponibili per qualsiasi operatore coinvolto nella cura

- continuit cronologica o longitudinale, che consente lerogazione di servizi puntuali e tempestivi allinterno di un piano assistenziale condiviso;

- continuit interpersonale o relazionale, che sostienela relazione continua tra paziente ed operatore.

Poich la continuit assistenziale volta a garantire il raggiungi-mento degli obiettivi assistenziali mediante interventi condivisi daparte dei professionisti anche in ambiti diversi di erogazione del-le cure, necessario rivedere i modelli assistenziali ed organizza-tivi, sulla base di nuovi modelli culturali che siano in grado di su-perare lapproccio tradizionale alla malattia (disease centred), afavore della presa in carico della persona malata (patient centred). Dare continuit infatti significa sia promuovere la centralit del pa-ziente nel percorso assistenziale (4), non solo ponendo il pazien-te al centro di un sistema di servizi, ma considerandolo interlocu-tore e centro di interesse di ogni iniziativa assistenziale, sia soste-nere lintegrazione verticale dei percorsi assistenziali, dallambitospecialistico delle strutture ospedaliere al contesto delle cure pri-marie (5). Secondo questa logica, la costruzione di un sistema digestione del dolore, al pari di tutti i processi assistenziali ispirati aiprincipi della continuit assistenziale, deve poter fornire al pazien-te la garanzia che il proprio specifico caso sia seguito con gli stes-si criteri di appropriatezza in qualsiasi fase del percorso di cura,pur cambiando le interfacce con professionisti e servizi. Presso lAusl di Forl (oggi ambito territoriale dellAusl Romagna)il sistema di gestione del dolore stato realizzato grazie ad uninsieme articolato di iniziative organizzative e formative che, apartire dal 2011, hanno fornito strumenti di valutazione, di docu-mentazione e di trattamento condivisi ed utilizzati in ciascunambito assistenziale, sia ospedaliero che territoriale, coerente-mente con lindicazione regionale di individuare risposte unitarieche considerano la persona nella sua globalit, garantendoassistenza senza soluzione di continuit (6).La costruzione del processo di gestione del dolore stataorientata al raggiungimento di obiettivi critici per assicurarecontinuit assistenziale:

- ottenere la rilevazione ed il monitoraggio del dolore, al pari degli altri parametri vitali, mediante lutilizzo di scale validate

- consentire il trattamento del dolore nel modo pi puntuale possibile,

- uniformare i comportamenti degli operatori sanitari - promuovere un approccio clinico integrato e lo sviluppo di relazioni tra equipe assistenziali, malato e famiglia, in ogni fase del processo diagnostico-terapeutico e assistenziale

- assicurare percorsi di integrazione ospedale-territorio Le fasi che hanno caratterizzato tale processo sono in sintesi leseguenti:1 implementazione di una procedura sulla gestione del dolore; 2 realizzazione di audit finalizzati al miglioramento delladesionealle indicazioni di buona pratica contenute nella procedura;3 individuazione di scale di valutazione del dolore specifiche checonsentano lattribuzione di valori uniformi e quindi unicit di in-terpretazione da parte di tutti gli operatori per un adeguato tratta-mento, anche sulla base delle indicazioni fornite dallAgenziaSanitaria e sociale della Regione Emilia Romagna, in relazione al-la valutazione multidimensionale del paziente (7): per gli adulti sca-la NRS e PAINAD, BPS e BPS NI (terapie intensive); per i bam-bini, oltre a scale specifiche gi in uso in Pediatria, sono state ag-giunte agli strumenti informativi di tutti gli ambiti assistenziali, lescale FLACC e Wong Baker;4 Adeguamento della documentazione clinica integrata informa-tizzata in uso al fine di uniformare la gestione in tutti i settingassistenziali. La documentazione relativa al dolore rappresentata sia nella se-zione medica per le prescrizioni circa la valutazione ed il tratta-mento, sia nella sezione infermieristica per segnalare la presen-za del problema dolore, descrivendone sede e caratteristiche, perimpostare un piano assistenziale adeguato e quindi per dare evi-denza oltre che dei valori rilevati in seguito alla valutazione del do-lore, della contestuale somministrazione delleventuale trattamen-to prescritto e della successiva rivalutazione. La rete informatizzata aziendale consente una visione complessi-va del paziente mettendo a disposizione, mediante ununica inter-faccia la documentazione assistenziale in tutti gli ambiti assisten-ziali, dal momento dellaccesso alla struttura di assistenza fino altermine del ricovero e alla successiva presa in carico da parte del-le strutture territoriali. 5 Costruzione di un sistema di monitoraggio di indicatori a soste-gno della realizzazione delle indicazioni di buona pratica. Negli an-ni successivi allimplementazione del processo, i dati derivati daunanalisi delle modalit di valutazione e di trattamento hanno con-sentito di intervenire per sostenere ulteriormente una maggioreappropriatezza sia nella valutazione che nel trattamento oltre chenella documentazione del processo, aspetto che, nonostante ladisponibilit di un unico sistema informativo integrato e informa-tizzato, rappresenta un aspetto ancora critico.La complessit della gestione del dolore richiede un impegno par-ticolare soprattutto in termini di sensibilizzazione dei professioni-sti, affinch aderiscano con sempre maggiore consapevolezza alcriterio della continuit assistenziale mediante un approccio di si-stema oltre che alla costruzione di rapporti interprofessionali ed alcoinvolgimento degli assistiti per lo sviluppo di una partnership ingrado di trovare soluzioni personalizzate ed adeguate al principiodellumanizzazione delle cure.

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PAZIENTI TERMINALI NON DA CANCRO E CONTROLLO DELDOLORELA MURA F.1, FINAMORA C.2, MONTICELLI V.3, LACERENZA F.4 , MUGNOLO A.5

1 Responsabile Hospice Don Uva, Bisceglie2 Psicologa tirocinante, Universit del Salento3 Psicologa, Andria 4 Psicologa specializzanda Scuola di Psicoterapia sistemico-relazionale,

Istituto METAFORA, Bari5 Studentessa VI Anno Medicina e Chirurgia, Seconda Universit

(SUN) Napoli

Introduzione Per molti anni, il paradigma Hospice nella sua accezione sta-tunitense di programma di assistenza di tipo Hospice Care in vi-gore dal 1974, ed in quella europea identificativa di infrastruttureresidenziali (gli Hospice, appunto) stato incentrato sul sollie-vo dai sintomi relativo a Pazienti affetti da tumore maligno in faseavanzata, con metastasi, e non pi elegibili a chirurgia e/oradio/chemioterapia. In questi Pazienti, programmi specifici di as-sistenza, domiciliare o residenziale, vengono generalmente imple-mentati quando insorgono i sintomi statisticamente pi comuni, epi devastanti, quali il dolore, la fatigue, l'insonnia, l'inappetenza(1,2). Negli ultimi vent'anni, tuttavia, e soprattutto negli ultimi cin-que, vengono considerati elegibili a programmi di Cure Palliativeanche Pazienti terminali non tumorali, end stage nello scompen-so cardiaco cronico (CHF), insufficienza renale, BPCO, malattieneurodegenerative, malattie infettive, ecc.

La sfida della terminalit non da cancroTradizionalmente, si tende a non voler classificare i Pazienti in faseavanzata di CHF, BPCO, Alzheimer, ecc., come terminali, o, per lomeno, non con la stessa facilit con cui viene definita terminale unapersona in fase avanzata di patologia tumorale. Le esacerbazioni,o riacutizzazioni, di tali malattie, anche in forma violenta e/o frequen-te, difficilmente vengono considerate come non trattabili, ipotizzan-do il pi delle volte un ritorno allo status quo ante (4). La stessa ele-gibilit a programmi residenziali o domiciliari di tipo Hospice, conrelativo impegno economico e logistico-assistenziale, viene talvoltamessa in dubbio, in quanto vi incertezza nell'ipotizzare una pro-gnosi, cosa alla quale potrebbe contribuire l'avere eccessiva, talvol-ta immotivata, fiducia che anche nella situazione peggiore del per-corso di malattia non tumorale si possa far ricorso alla ventilazionemeccanica o ad altri trattamenti intensivi (5, 6).

Alcuni punti controversi nel trattamento del dolore nellemalattie terminali non da cancroVi quindi il rischio di porre in secondo piano la qualit di vita di

queste persone sottostimandone l'assetto sintomatologico e psi-cologico, e quindi, fra le altre cose, dolore e depressione. Alcuniautori hanno valutato che durante gli ultimi mesi di vita, per cau-sa di qualsiasi malattia (non pi) cronicizzabile o trattabile, la fre-quenza dei sintomi, e delle problematiche mediche, infermieristi-che, psicologiche e sociali, sia sostanzialmente sovrapponibile aquanto osservato nei Pazienti terminali tumorali (6). Ad esempio,l'occorrenza di dolore, spesso incoercibile, nei Pazienti affetti daBPCO, stata valutata come fortemente impattante sulla qualitdi vita (7), al pari di altre malattie quali l'insufficienza epatica o re-nale end stage (8). Tuttavia, l'utilizzo di antidolorifici viene forte-mente limitato, nella scelta dei farmaci poco efficaci e nei dosag-gi, ci nel timore o nella convinzione di poter peggiorare ulterior-mente lo stato di salute della persona sofferente. Accade quindiche circa 50.000 persone all'anno, in Italia, gi con diagnosi di pa-tologia terminale e nei loro ultimi giorni di vita (9) accedano ai ser-vizi di emergenza-urgenza per acuti (S.E.T. 118, ospedalizzazio-ne, nella classica impostazione Hub & Spoke), a causa di emer-genze palliativistiche quali, prevalentemente, dolore incoercibilee dispnea. Tuttavia, tali accessi alla rete di emergenza-urgenzaper acuti viene valutato quale indice negativo di qualit nella ge-stione globale delle persone nella condizione di terminalit (onco-logica e non oncologica) (10). Nell'ultimo quinquennio, la preva-lenza dei motivi di ricovero in Hospice comprende il cancro (circail 50%), e altre patologie a completare il restante 50% (CHF, BP-CO, malattie neurodegenerative, ecc.). auspicabile, quindi, cheil trattamento del dolore sia preso maggiormente in considerazio-ne nelle persone affette da patologie terminali non oncologiche.

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10. Brink P, Partanen L. Emergency department use among end-of-life home care clients. J Palliat Care. 2011 Autumn;27(3):224-8.

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13Atti-Abstract Book 39 Congresso Nazionale AISD Roma, 26-28 maggio 2016

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IL TRATTAMENTO DEL DOLORE NEUROPATICOEVIDENZE E LINEE GUIDA NEUPSIG SUL TRATTAMENTOFARMACOLOGICOLACERENZA M. Casa di Cura San Pio X S.r.l. Milano Humanitas

Il dolore neuropatico si definisce secondo la IASP: dolore deri-vante come conseguenza diretta di una lesione o malattia che col-pisce il sistema somato-sensoriale (1). Spesso molto disturban-te, di lunga durata e poco familiare, il dolore neuropatico difficil-mente tollerabile per il paziente con conseguenti ricadute sullaqualit di vita che arriva ad essere compromessa come durantegravi malattie psichiatriche o cardiologiche (2-3). I pazienti lo de-scrivono come urente, costrittivo, a morsa, lancinante, come unascossa elettrica, spesso differenziandosi dal dolore somatico oviscerale anche perch distribuito in un territorio anatomico con-gruo con la rappresentazione del segmento danneggiato del si-stema nervoso periferico o centrale (4). Questo dolore pu inoltreassociarsi a prurito o altri disturbi sensitivi spontanei come pare-stesie formicolanti, senso di gonfiore, sensazioni termiche e a di-sturbi sensitivi evocati dalla stimolazione non dolorosi (disestesie)o dolorosi come lallodinia (dolore in risposta ad uno stimolo nonnocicettivo) o liperalgesia (aumentata sensibilit al dolore) (5). Il dolore neuropatico difficile da curare e anche applicando i far-maci considerati di prima scelta, i risultati sono modesti (6). Nellamaggior parte degli studi clinici di duloxetina e pregabalin sommi-nistrati ai pazienti con neuropatia diabetica dolorosa, meno del50% dei pazienti ottiene un beneficio sul dolore di almeno il 50%(7). La complessit dei differenti quadri clinici di dolore neuropa-tico e la comorbidit con patologie della sfera psichiatrica o inter-nistica possono rendere pi difficile la diagnosi e limpostazionedella corretta strategia terapeutica. Inoltre, la classe medica, peruna scarsa conoscenza della letteratura e per una scarsa espe-rienza nella gestione di questi pazienti, applica con difficolt e aposologia ridotta le molecole considerate pi efficaci (8,9). Negli ultimi dieci anni sono state pubblicate alcune raccomanda-zioni basate sullevidenza e linee guida per la gestione farmaco-logica del dolore neuropatico (10,11,12). Nelle ultime raccoman-dazioni del 2015 dello Special Interest Group on Neuropathic Pain(NeuPSIG) della IASP (7) stata fatta una revisione sistematicadella letteratura e una meta-analisi di tutti gli studi clinici dal 1966,della durata di almeno tre settimane, dove la risposta alla terapiadel dolore neuropatico fosse lobiettivo primario. stata eseguitauna valutazione della forza delle raccomandazioni basandosi sulsistema GRADE (13); unanalisi dei pregiudizi (bias) di pubblica-zione e sono stati valutati trial clinici non pubblicati e non analiz-zabili nel passato. Per la maggior parte dei principali farmaci esplo-rati, nelle varie condizioni di dolore neuropatico, non sono emer-se evidenze di differente efficacia in funzione della causa che ge-nera il dolore. La neuropatia dolorosa in corso di HIV e le radico-lopatie sono risultate le condizioni pi refrattarie al trattamento. La nevralgia trigeminale non presa in considerazione in questametanalisi che rimanda alle linee guida specifiche (14) dove ifarmaci di prima scelta sono i bloccanti dei canali del sodiocarbamazepina e oxcarbazepina.I farmaci di prima linea nel trattamento del dolore neuropatico conuna raccomandazione forte allutilizzo appartengono alle famigliedei gabapentinoidi (pregabalin, gabapentin, gabapentin a rilascioprolungato o enacarbil), antidepressivi triciclici (amitriptilina, ma-protilina, imipramina, nortriptilina, desipramina) e inibitori selettividel reuptake di serotonina e noradrenalina (SNRI) (duloxetina evenlafaxina). Questi farmaci sono neuromodulatori che agisconosulle subunit alfa 2 delta dei canali del calcio voltaggio dipenden-te (gabapentinoidi), sul sistema inibitore discendente attraverso laserotonina e in particolare la noradrenalina (triciclici e SNRI) e in

modo meno specifico come bloccanti dei canali del sodio e sulsistema oppioide (triciclici). Le singole molecole sono applicate aposologia crescente, fino al raggiungimento del beneficio o la mas-sima dose tollerata. Sinizia partendo dalla posologia adeguataallet e alle soggettive condizioni dei singoli pazienti per poi sali-re gradualmente per utilizzare la minima dose efficace ed evitareeventi avversi. I farmaci di seconda linea sono il tramadolo e i trat-tamenti topici: cerotto di capsaicina all8% e cerotto di lidocainaal 5%, gli ultimi due utilizzati esclusivamente nelle forme di dolo-re neuropatico periferico (nevralgia posterpetica, neuropatie dolo-rose e lesioni nervose traumatiche/iatrogene) in presenza del sub-strato su cui agiscono (nocicettore disfunzionante). Per tutti e trei farmaci di seconda linea il livello di raccomandazione debole.Gli oppioidi forti sono inseriti come terza linea e questa unadifferenza importante rispetto a diverse precedenti raccomanda-zioni che li ponevano in seconda linea. Tale posizionamento sem-bra in contrasto con una documentata efficacia degli oppioidi for-ti nel trattamento del dolore neuropatico e si fonda sul potenzialerischio di abuso, in particolare utilizzando dosaggi elevati, riguar-do al notevole incremento nel mondo anglosassone, della morta-lit e potenziale utilizzo per altri scopi degli oppioidi prescritti confinalit antalgica. Altro argomento che rende debole la raccoman-dazione degli oppioidi forti lassenza di studi nel lungo termine.Sempre in terza linea presente la tossina botulinica A, con forzadi raccomandazione debole, esclusivamente per il dolore neuro-patico periferico e in ambito specialistico. La stessa ricerca produ-ce inoltre raccomandazioni non conclusive per le terapie di combi-nazione, per carbamazepina, clonidina topica, lacosamide, lamo-trigina, oxcarbazepina, tapentadolo, topiramato e zonisamide.Negli ultimi anni stanno comparendo sempre pi ricerche clinicheche sottolineano limportanza del fenotipo clinico di dolore neuro-patico nellorientamento alla scelta della migliore strategia terapeu-tica. Lidentificazione dei meccanismi presenti nel singolo pazien-te su base clinica e neurofisiologica potrebbe essere un approccioutile per identificare i soggetti con la maggiore probabilit di rispon-dere a un particolare trattamento (15). Nel recente studio rando-mizzato e controllato del gruppo danese sulleffetto delloxcarba-zepina (farmaco non considerato efficace sul dolore neuropatico aldi fuori della nevralgia trigeminale) sul dolore neuropatico periferi-co (polineuropatie, nevralgia posterpetica e lesione nervosa), ap-pare chiaro che stratificando i pazienti per fenotipo (nocicettore ir-ritabile o meno), loxcarbazepina era efficace con un NNT (per ot-tenere un paziente con almeno il 50% di riduzione del dolore) di3,9 sul gruppo nocicettore irritabile e inefficace con un NNT di 13sul secondo gruppo (16). Il tempo maturo per un salto di qualit nella cura del paziente condolore neuropatico. Si propone un approccio clinico centrato sul paziente e non sullamalattia che permetta di valutare le comorbidit, le strategie di co-ping, lanamnesi farmacologica, le controindicazioni e il sistema (inaltre parole il tessuto bio-psico-sociale) allinterno del quale im-merso il nostro paziente con dolore neuropatico cronico. La clini-ca e la neurofisiologia, possono dare la possibilit, nel singolo pa-ziente, di ipotizzare i meccanismi fisiopatologici responsabili dei va-ri fenotipi clinici, nelle differenti cause di dolore neuropatico. I trat-tamenti farmacologici disponibili sono solo in parte efficaci e perquesto possiamo associare un programma di cura InterdisciplinareSistemico Integrato per migliorare la qualit della vita dei nostri pa-zienti e per rendere il dolore neuropatico cronico pi tollerabile. Inaltre parole, nel paziente pi difficile, in combinazione ai trattamen-ti farmacologici (monoterapie o associazioni), si propone un pro-gramma di riabilitazione, dove diverse figure professionali (algolo-go, neurologo, psicologo, fisioterapista, terapista occupazionale ealtro) interagiscono tra loro creando una rete di educazione, moti-vazione, sostegno e trasformazione per il Paziente e la famiglia. Il

Atti-Abstract Book 39 Congresso Nazionale AISD Roma, 26-28 maggio 2016

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processo potrebbe portare a un miglioramento delle strategie dicoping, un potenziamento della resilienza e lacquisizione di unlocus of control interno che in associazione a un lavoro sul corpo(orientato allutilizzo dei segmenti corporei colpiti dal dolore e piin generale al benessere) potrebbero generare un circolo virtuosodove il Paziente diventa parte attiva della cura con miglioramentodella propria qualit di vita e del dolore.

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MICRORNA ANTI-INFIAMMATORI COME NUOVI MECCANISMIMOLECOLARI DI CONTROLLO DELLA RISPOSTA INFIAMMA-TORI ATTIVI SULLA POLARIZZAZIONE MACROFAGICALOCATI M.Professor, Department of Medical Biotechnologies and Translational MedicineUniversity of Milan School of MedicineHumanitas Clinical and Research CenterRozzano (MI)

L'infiammazione un processo di difesa di fondamentale impor-tanza che, se accompagnata da fisiologica risoluzione, svolge unruolo positivo per l'ospite. Tuttavia una risposta infiammatoria nonadeguatamente controllata un elemento centrale nella patoge-nesi di molte tra le patologie a maggiore incidenza e maggiormen-te invalidanti, comprese le malattie autoimmuni, le malatteie subase infiammatoria cronica, le complicanze dell'aterosclerosi e al-cune forme tumorali. I macrofagi sono cellule effettrici centrali nonsolo nellinduzione della risposta infiammatoria ma anche nella suarisoluzione, un processo attivo che richiede la riprogrammazionefunzionale dellinfiltrato macrofagico. I macrofagi sono infatti cel-lule altamente plastiche capaci di rispondere a differenti segnalimicroambientali avviando forme differenti di attivazione polarizza-ta. In generale, in risposta a prodotti microbici e a citochine infiam-matorie i macrofagi sono polarizzati in modo classico (nota an-che come polarizzazione M1), con una forte propensione alla pre-sentazione dell'antigene, alluccisione di microrganismi intra edextracellulari, e alla produzione di abbondanti livelli di citochine(TNF, IL-12, IL-23) e mediatori (ossido nitrico, intermedi reattividell'ossigeno) proinfiammatori. Viceversa vari segnali coinvolti nel-la risoluzione della risposta infiammatoria (TGF, glucocorticoidi,IL-10) inducono unattivazione macrofagica alternativa (ancheindicata come M2), in cui i macrofagi svolgono funzioni immuno-modulanti che contribuiscono allo spegnimento della risposta im-munitaria specifica precedentemente attivata e sostengono l'an-giogenesi e il rimodellamento del tessuto. Queste funzioni carat-terizzano appunto la risoluzione dell'infiammazione, ma macrofa-gi con queste caratteristiche funzionali si ritrovano anche in con-dizioni patologiche quali ad esempio il microambiente tumorale.La modulazione dellattivazione polarizzata macrofagica quindirappresenta un ambito di intervento potenzialmente rilevante perdifferenti condizioni patologiche.Lacquisizione delle funzioni biologiche tipiche delle varie forme diattivazione polarizzata macrofagica associata ad una completariorganizzazione del profilo trascrizionale espresso con implica-zioni rilevanti su vari aspetti immunologici e metabolici, cui contri-buiscono meccanismi di regolazione trascrizionale e meccanismidi natura epigenetica. In particolare, l'analisi comparata di profilitrascrizionali e di profili microRNA associati allattivazione macro-fagica polarizzata ha posto in evidenza un complesso network mo-lecolare regolato dal microambiente (infiammatorio o tumorale)che crea un interplay tra vie di segnalazione intracellulare, fattoritrascrizionali e microRNA con un ruolo essenziale nella regolazio-ne del profilo trascrizionale macrofagico. Un ruolo importante nel-lattivazione macrofagica in senso infiammatorio svolto dai re-cettori Toll-like (TLR), che rilevano agenti patogeni di varia natu-ra, e da IL-1R, che rispondono alle citochine proinfiammatorie IL-1 e IL-1. La segnalazione dei recettori TLR/IL-1R il principa-le meccanismo di attivazione infiammatoria noto e deve esserestrettamente regolata per evitare una risposta infiammatoria ec-cessiva e potenzialmente immunopatologica. I risultati di vari mo-delli sperimentali indicano che i microRNA svolgono una impor-tante funzione regolatoria in questo contesto. In particolare sta-ta identificata una nuova classe di microRNA anti-infiammatori,operanti in larga misura a valle di IL-10 e/o glucocorticoidi, in gra-do di modulare la segnalazione varie tappe del pathway di segna-

15Atti-Abstract Book 39 Congresso Nazionale AISD Roma, 26-28 maggio 2016

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lazione dei TLR/IL-1R. In macrofagi umani e murini lazione di feed-back autocrino-paracrina di IL-10 induce vari microRNA (miR-146b,miR-187, il cluster miR-99b/let-7e/miR-125a). L'analisi bioinforma-tica prima e verifiche sperimentali poi hanno permesso di indivi-duare vari bersagli di questa nuova famiglia di agenti anti-infiam-matori (IKB e TNF per miR-187; TLR4, IRAK1, CCL3 e IL-6 peril cluster 99b/125a-5p/let7e; TLR4, MyD88, IRAK1 e TRAF6 permiR-146b). Nel suo insieme questo targeting multiplo di una del-le principali vie di attivazione macrofagica determina una signifi-cativa e globale riduzione della produzione macrofagica di citochi-ne e chemochine infiammatorie, candidando questo meccanismoepigenetico come un nuovo circuito di regolazione della rispostainfiammatoria e nella sua risoluzione.

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RESPONSABILIT INFERMIERISTICA E COMPETENZENELLAMBITO DELLE CURE DOMICILIARIMANIACI V.U.O.C. Sitra, Responsabile lesioni cutanee e governo di outsourcingausili e presidi assistenziali preventivi e curativiA.S.S.T. Santi Paolo e Carlo, Presidio Ospedaliero San Carlo Borromeo,Milano

LArt 1. del Decreto 739-94 sancisce che linfermiere loperato-re sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante edelliscrizione allalbo professionale responsabile dellassisten-za generale infermieristica.Linfermiere risponde quale professionista, direttamente delle sueazioni orientate al risultato assistenziale, sopportandone loneredelle relative conseguenze di natura civile, penale e disciplinare. Lassistenza generale infermieristica, sottintende quindi lassun-zione della responsabilit dellintero processo assistenziale, cheparte dall identificazione dei bisogni che l'utente manifesta e non in grado di soddisfare autonomamente, alla formulazione degliobiettivi, pianificazione e attuazione degli interventi e valutazionedei risultati ottenuti.La responsabilit non pu esimersi dalla competenza, vale a direconoscenza, capacit, che deriva dallaggiornamento delle cono-scenze attraverso la formazione permanente, la riflessione criticalesperienza e la ricerca. Il profilo dellinfermiere legittima gli ambiti di esercizio non pilimitati allOspedale, ma anche sul territorio, al domicilio e/o in

regime di libera professione, garantendo continuit assistenziale,supporto alla famiglia, recupero delle capacit residue, migliora-mento della qualit della vita, tutte condizioni che trovano applica-zioni in contesti dove si manifestano sovrapposizione di ruoli, as-senza di rete sullesecuzione di alcune attivit, o addirittura sup-plenza alla mancanza della figura medica, comportando spesso in-terferenze fra le diverse figure (soprattutto medico-infermiere).Stante il fatto che, la legislazione vigente autorizza un ruolo ope-rativo autonomo della figura infermieristica in ambito domiciliaremediante lutilizzo di metodologie di lavoro scientificamente fon-date, ambito che richiede ancora di pi che in Ospedale che le-rogazione di cure sono e devono essere fornite mediante la par-tecipazione integrata di una pluralit di soggetti (Equipe); e chenellambito dellattivit dequipe valgono comunque i principi del-la posizione di garanzia e dellaffidamento con la necessit dicontrollo e sorveglianza; sorge spontanea una domanda: qualisono allora le modalit operative per agire responsabilmente aldomicilio?.La risposta trova ampia legittimazione nellinserimento di specifi-ci strumenti atti a disciplinare talune prestazioni professionali, sot-toforma di Linee Guida, Protocolli e Procedure, riconosciute me-glio se emanate da Societ Scientifiche.La valenza di tali atti pu portare allindividuazione di schemi dicomportamento clinico-assistenziale scevro da responsabilit, do-ve nel processo didentificazione della colpa si analizzeranno inogni singolo caso, gli eventuali discostamenti dallo schema e leragioni sottese.Alla luce di quanto detto ecco che diventa importante quindi rinun-ciare alla tradizionale operativit fondata sugli