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A mia sorella,Elena,

senza la quale mi sentirei solo metà di una mela, senza la quale mancherebbe la parte più vera di me

PREFAZIONE

Questo libro è nato per caso. È nato un giorno che stavo ormai troppo male. Nascendo, mi ha fatto scoprire che scrivere mi aiuta. Quando non ho più un Progetto, quando la mia vita sembra non avere più senso, scrivere mi porta a ritrovare il “perché perduto”. Oggi che scrivo questa prefazione, ancora il libro è “mancante”. Manca l’ultima parte. Oggi, che lo riprendo fra le mani dopo mesi, ho deciso che sarà strutturato in capitoli, divisi in quattro “sezioni”, di cui una veramente molto corta. Le scoprirete leggendo, non voglio certo anticiparvi troppo. L’ultima parte dovrà essere quella più lunga, ed è proprio quella che mi accingo a scrivere ora. Oggi ho ritrovato di nuovo il “perché perduto” e per il momento in questa prefazione non ho altro da aggiungere.

“IO” è l’avventura iniziata a 23 anni e mezzo, durante una bruttissima giornata che è diventata davvero importante. “IO” è la scoperta. La scoperta che la scrittura è il mio strumento per fare chiarezza nella mia testa e nel mio stomaco. È l’evoluzione, il cambiamento. “IO” è un viaggio in una terra lontana più di 9.000 km.

“IO” è un percorso. È la possibilità di scoprirsi. “IO” è attenzione a me stessa e agli altri. La consapevolezza che siamo al mondo e non siamo in balia degli eventi. “IO” è il mio libro, ma è anche il libro che potrebbe essere di ognuno di voi lettori! È ancora l’avventura che giunge al capolinea a quasi 26 anni, ma che in realtà continuerà ancora ogni giorno della mia vita. Perché “IO” sono davvero questo libro.

IL PRIMA

1.CAMBIARE

Non credo di avere il dono della scrittura, ma per qualche motivo a volte mi viene voglia di scrivere i miei pensieri, di getto, come se mi sentissi quasi ispirata. Ricordo che i temi alla scuola erano un incubo, stavo ore con la penna in mano per iniziare, se non sentivo il tema era un brutto voto assicurato. Ma quando accadeva che lo sentivo, mille parole si formavano nella mia testa e la penna iniziava a scorrere sul foglio da sola, senza problemi, arrivavo in fondo alle pagine con grande velocità, senza che nemmeno me ne accorgessi; finivo per prima ed ero contenta quando rileggevo, e se aveva errori di ortografia non m’importava (non hanno mai ucciso nessuno!), ma sentivo che avevo detto tutto quello che avevo dentro. M’interrompo un attimo per salvare (il mio terrore è quello di perdere i file sul computer) e per cambiare canzone… la canzone giusta aiuta a scrivere, a far uscire le parole e quello che abbiamo bisogno di dire. Il titolo che ho dato al documento è “Io”; sembra un titolo egocentrico? Magari lo è un po’, ma questo libro parla di me, magari cambierò il titolo, o questo non diventerà mai un libro, può darsi che da domani già non scriverò

più, ma adesso voglio farlo e vorrei continuare perché ho tanto da dire. Ops, si è scaricato l’mp3, disdetta! Fortuna che ho anche il cellulare… si perché ormai senza cellulare non vai da nessuna parte, anzi senza lo smartphone! È utile, assolutamente, ti tiene in contatto con il mondo, ti dà le ultime notizie, addirittura ti dice quando passa l’autobus, e questa è la cosa che mi piace di più. Perché vivo con la fretta, lavoro da poco da un architetto come Designer d’Interni e quando esco, prima prendo l’autobus prima arrivo a casa, prima sistemo tutto quello che devo fare. Oggi mi sono cancellata da Facebook… perché? Perché ho capito che è comodo, ma spesso controproducente. Quante litigate, quante incomprensioni… Nascondersi dietro uno schermo ci rende diversi, riusciamo a dire cose che altrimenti non diremmo, anche a persone che non conosciamo, causando un dolore che non immaginiamo, perché non vediamo l’espressione sul volto di chi legge; sì insomma, spegniamo il dispositivo e per noi tutto rimane in quel post o commento di Facebook o Twitter o qualsiasi altra cosa. Ho visto troppe persone litigare, insultarsi, anche per passioni comuni e ora ho detto basta, non voglio più fare parte di questo. Come si arriva a fare queste scelte? Quando hai

passato un periodo davvero brutto, in cui tutto ti sembrava perso, quando hai realizzato che avevi perso anche te stesso. Poi ad un tratto trovi la forza di fare cose che non immaginavi di poter fare, e ti senti meglio, ti senti vivo… con la paura, ma pur sempre vivo. Io l’ho trovata da sola, ma i miei genitori mi hanno aiutato a credere che io ero ancora lì e potevo farcela. Ho preso questo treno e sono ripartita, domani andrò a lavoro, ma non è questa la vita che voglio fare nei prossimi mesi. Voglio andare da qualche parte, il mio sogno sarebbe stare per un po’ in Africa: ho bisogno di vedere le cose vere della vita, le vere sofferenze, le vere gioie, quelle che senti nel cuore tanto forte… Non che qui non le abbia mai sentite, ma ho provato tanto dolore inutile, fatto sbagli enormi perché ero troppo coinvolta nei rapporti: paura di sbagliare, pensare sempre al futuro, aver paura di non dare abbastanza o dare troppo e non ricevere nulla in cambio, rimanere delusa o deludere. Non so se partire servirà, ma sta sera sento che tutto può cambiare, che ho da dare qualcosa ma altrove. Che devo maturare, capire cos’è la vita, io credo sia un dono ma a volte, troppo spesso, lo scordo. Voglio scoprire le cose belle che ho, i doni che Dio ha voluto farmi. Insomma togliermi il prosciutto dagli occhi,

chissà, viaggiare, tornare più avanti, quando sarò cambiata, riprendere la mia vita, continuare volontariato in Italia, cercare un lavoro nuovamente e provare a creare una mia famiglia. Per questo siamo qui, per aiutare, ricevere aiuto e creare qualcosa. La cosa bella di scrivere adesso è che non so come andranno avanti queste pagine. Ho sempre programmato tutto e fatto scalette, come si faceva nei temi a scuola, ricordate?. Io sono una perfetta programmatrice. Ma questa volta non la farò, dirò quello che voglio dire in ogni capitolo, le scalette fanno venire l’ansia, pensare al futuro fa venire l’ansia. Voglio vivere alla giornata; pensare che davvero non so che cosa scriverò e se continuerò a farlo mi fa stare benissimo, mi fa respirare e mi fa sentire libera! Ma è la prima volta che riesco a non pensare al futuro, ora mi sembra talmente incerto che non saprei da dove cominciare a pensarci, tutto da oggi può succedere.

2.LA GIOIA DI CAMMINARE

Rieccomi a scrivere dopo un po’ di tempo, non credevo l’avrei fatto. È passato circa un mese (credo) e in realtà

i miei piani si stanno concretizzando nella mia mente e quindi di conseguenza si sono ridimensionati. Il piano consiste nel partire quest’estate, esattamente nel mese d’Agosto, per l’Africa. Mi piacerebbe la Tanzania, seguire un corso d’inglese là, compatibilmente con il volontariato. Questa mattina pensavo a come sarà, so che là si cammina molto a piedi ovviamente e oggi mi è capitato, a causa di uno sciopero dei mezzi, di andare a lavoro con le mie gambe. All’inizio l’ho presa molto male, sarei arrivata tardi, avrei fatto fatica; ma poi si è rivelata quasi una fortuna. Camminare la mattina con il mare sulla destra grigio come il cielo che quasi non si vede l’orizzonte, il lungomare deserto, tu con due cuffiette nelle orecchie, riscoprire il piacere di una sana camminata prima di iniziare una giornata di lavoro. Volete mettere rispetto al traffico e all’autobus pieno zeppo di gente? Non è meglio sentire la fatica nelle gambe perché le stai muovendo, invece che sentirle intorpidite perché le tieni troppo ferme? E poi un dono, alzo la testa e uno stormo passa sopra di me; riscopro le piccole cose della natura, cui non riesco mai a fare caso per la fretta e l’ansia del tempo che scorre veloce. Osservo meglio le persone, le poche che passano in una mattinata genovese di sciopero dei mezzi… vorrei

capirle, leggere dentro di loro. Un uomo passa con una valigetta da lavoro, una donna troppo stanca e povera avanza a fatica, un trio di studenti mi guarda sorridendo. E intanto le macchine in coda verso il centro strombazzano ripetutamente, anche se non si possono muovere di un millimetro. Sciopero a oltranza, annunciano oggi; se non fosse per gli acquazzoni sarei quasi felice e me la potrei fare sempre in bici quella strada deserta, ma ricca in ogni angolo se ti fermi a guardarla meglio.

3.L’AMORE

Può sembrare un titolo banale per il mio terzo capitolo, ma non credo ci sia in realtà nessuna banalità a parlare d’amore. E non mi riferisco solo a quello fra un uomo e una donna, parlo dell’amore in generale: fra madre e figli o padre e figli, fra fratelli, fra nonni e nipoti, fra amici, fra passante e mendicante, fra chi abita in un paese e chi popola quello dall’altra parte del mondo. “Quando arriva l’amore a salvarti la vita, viva la vita, buona fortuna e sia splendido” Uso una frase della canzone “Splendido” dei Negrita

per scrivere quello che penso io dell’amore. Senza amore non viviamo davvero, senza non saremmo nessuno. Allora perché è così difficile amare? Forse perché è così importante. Non è facile rapportarsi, non è facile perdonare, non è facile sapere cosa fare e come fare a recuperare qualcuno che stiamo perdendo proprio perché gli altri, tutti, sono importanti. In questo reticolo di relazioni cerchiamo di proseguire come possiamo, a volte pensando prima a noi stessi, ma così non ci sentiamo completi. “Ho vissuto molto, e ora credo di aver trovato cosa occorra per essere felici: una vita tranquilla, appartata, in campagna. Con la possibilità di essere utile con le persone che si lasciano aiutare, e che non sono abituate a ricevere. E un lavoro che si spera possa essere di una qualche utilità; e poi riposo, natura, libri, musica, amore per il prossimo. Questa è la mia idea di felicità. E poi, al di sopra di tutto, tu per compagna, e dei figli forse. Cosa può desiderare di più il cuore di un uomo?”Ecco cosa capisce Christopher Mccandless alla fine del film “Into The Wild”. Dopo aver provato a distaccarsi dalla famiglia, dagli uomini in generale, e aver vissuto nella natura solo per due anni capisce che non si può fare a meno dell’amore per il prossimo.

Mi piacerebbe fare una vita appartata, ma non si può abbandonare famiglia e rinunciare all’amore per gli altri. Mi piacerebbe rinunciare a questa società però. Troppo complessa, dovrebbe essere cambiata radicalmente, ma mi viene il magone a pensare che è troppo tardi, perché quello che ora siamo si è formato a partire da secoli e secoli fa, e tutto è ormai troppo radicato. Ma siamo arrivati a qualcosa che per me è ingestibile: i soldi contano più degli altri e non incolpo nessuno, perché è la società che è fatta così ed ha queste priorità. Dobbiamo nascondere i soldi oppure tenerli in banca portandoci dietro mille PIN per usufruirne. Siamo sempre in ansia con la paura che ci rubino qualcosa (e ve lo dice una a cui rubarono cellulare e portafoglio a distanza di sei mesi, quindi immaginatevi l’ansia che ho ora quando vado in giro). Lavoriamo il più possibile per cercare di guadagnare più del mese prima e arrivare così a pagare tutto senza che lo stipendio sia volatilizzato. E i figli? Li lasciamo a qualcun altro, ricordandoci che esistono solo la sera. Io al pensiero di una vita così sto male. E poi c’è la crisi che peggiora ancora di più il tutto, ma questo è un altro discorso, .“Quando una rinuncia mi rende contento, quando io do tutto e senza niente in cambio, posso dire che amo”“Posso dire che amo” di Francesco Gabbani mi aiuta

a spiegare quello che voglio dire: quando facciamo qualcosa per gli altri ci sentiamo vivi, almeno io mi sento molto più viva di quando ricevo uno stipendio che mi rende solo contenta… ma se ci pensate lo stipendio arriva come se ne va (l’altra sera ho preso un autovelox e in un flash ho visto volatizzato quello che avevo guadagnato questo mese), l’amore non va mai via, né quello che diamo né quello che riceviamo. Si può litigare, ci si può perdere, ma l’amore ricevuto e dato, che ci ha fatto bene al cuore, nessuno potrà mai toglierlo.

4.LA DIFFICOLTA’ DI SOGNARE

“Ballare liberi ed urlare a un mondo che non sogna più” “Un giorno di ordinaria magia”, NegritaSognare richiede coraggio, e non dovremmo mai smettere di farlo, anche se spesso i sogni s’infrangono e fa male… ma quando riusciamo a raggiungere un sogno ci sentiamo davvero felici e realizzati. Certo alcuni sogni sono difficili da concretizzare, come ci ricorda Alessandro D’Avenia in “Bianca come il latte, rossa come il sangue” attraverso Leo “Una vita senza

sogni è come un giardino senza fiori, ma una vita di sogni impossibili è un giardino di fiori finti.”L’altro giorno sull’autobus ascoltavo dei ragazzi, forse dei primi anni delle superiori… l’argomento era il classico “cosa voglio fare da grande…”. Però il modo in cui ne parlavano mi preoccupava. Cercavano di confrontarsi per capire cosa fosse più conveniente nella vita lavorativa. La crisi (e mi tocca rinominarla) sicuramente porta a chiedersi cosa sia più vantaggioso, almeno per sopravvivere e creare una famiglia, ma i sogni… i sogni dove finiscono?Forse avevano solo un’idea già più matura della mia di come va il mondo, nonostante fossi io più grande. Ma a me piace sognare e non smetterò. “Ho imparato a sognare che non ero bambino[…]C’era chi era incapace a sognare e chi sognava già[…]Che se cado una volta, una volta cadrò e da terra, da lì m’alzerò.C’è che ormai che ho imparato a sognare non smetterò”.“Ho imparato a sognare” Negrita

5.SENSO DI COLPA

E se perdessi quella cosa cui tieni più al mondo? Non ti fermeresti un attimo a pensare e poi correre per riprenderla pronto a tutto? Si lo faresti.E invece? Invece resti li fermo senza muovere un dito… non riuscendo a sbloccarti, preso dal panico per le tue di colpe più che di quelle dell’altro. Paure di rifare gli stessi errori, paura di sbagliare di nuovo e di sentirti un’altra volta inutile.Le relazioni sono difficili e il senso di colpa complica tutto, ci rende immobili, incapaci di reagire davanti a qualsiasi cosa. Ci strozza la gola, non ci fa respirare e ci sentiamo soli e completamente sbagliati in questo mondo. Se capissimo che tutti sbagliano perché siamo umani, se fossimo in grado di capirlo, perdoneremmo gli altri, e per primi noi stessi.È difficile amare sempre e a volte amare porta a situazioni difficili: mettersi in gioco, aiutare gli altri, avere relazioni profonde… porta sempre a strade difficili. È una scelta a cui non possiamo rinunciare però quella di circondarci di persone. Ma a volte sbagliamo, ingigantiamo le cose, non capiamo bene o non ci

sentiamo capiti. E da lì è un attimo, come un fiammifero che prende fuoco in una foresta. Tutto è veloce: ricordi, sotterrati ormai da tempo, riaffiorano, e sono pronti ad essere usati contro gli altri per salvarci o per sentirci forti. Ma poi cosa resta? Ci sentiamo invece deboli e soli… per una stupidaggine abbiamo perso tutto e avvertiamo disagio e rullo di tamburi… il senso di colpa, che ci rende paurosamente inermi.A volte mi chiedo chi l’ha inventato il senso di colpa? È totalmente inutile e complica ulteriormente i rapporti.

6.RICORDARE

A ognuno di noi credo sia capitato di sentire i racconti degli anziani, non per forza dei propri nonni, ma anche di qualche anziano sconosciuto, che ha iniziato a raccontare le sue avventure di quando era giovane. Dico sentire, perché magari non li abbiamo davvero ascoltati, soprattutto se si trattava di qualcuno che non conoscevamo. Ad esempio mi viene in mente qualche mese fa sull’autobus un anziano che raccontava all’autista un sacco di episodi della sua vita. “Qui c’era una latteria dove andavo sempre a comprare il

latte, ma ormai ha chiuso eh!” e l’autista “Ah!”. “Qui invece era dove lavoravo, c’era una stradina poco più in là, ma erano tanti anni fa” e l’autista “Mmm”. Insomma immagino che a lui, mentre stava lavorando e guidando, non potesse interessargli più di tanto quello che ricordava l’uomo più anziano di lui. E credo che lui stesso lo sapesse. E allora perché? Perché lo faceva? Perché la memoria è importante, la memoria di ciò che è stato, ciò che sono stati gli altri. È importante perché dagli altri possiamo imparare, ma anche perché per questi “altri” non sarà più possibile ricordare, dovremmo farlo noi al loro posto! La memoria quindi non esiste senza la parola. Se non parliamo, condividiamo, raccontiamo, i nostri ricordi saranno destinati a svanire. Come canta Emma Marrone “La storia non è la memoria ma la parola”. Se ci pensate, cosa rimane sulla Terra di noi quando tutto finisce? Non rimangono i momenti felici, le ansie, le gioie, le cose tristi, le risate, le paranoie, le emozioni... tutto svanisce come quando comincia. E non resta nemmeno il ricordo. Per questo mi piacciono gli anziani che raccontano le loro lunghe vite anche ai passanti o all’autista di un autobus, perché hanno bisogno di ricordare finché possono... e se non hanno nessuno che conoscono con cui farlo, raccontano alla

prima persona che vedono e li ispira. Questa persona avrà il compito di portare avanti i loro ricordi, di farli vivere, almeno quelli... non solo pensandoci per conto suo, ma anche raccontandoli ad altri.

7.

SOGNANDO L’AFRICA

Ormai questo sogno lo tocco sempre più con mano, lo sento che si sta concretizzando e non rimarrà una delle tante cose che avrei voluto fare. Sono elettrizzata al pensiero, anche preoccupata, ma felice. Ho effettuato l’iscrizione a “Projects Abroad” e già mi stanno arrivando mille e-mail in inglese, in cui non capisco nulla. Prima paura, la lingua. Seconda paura, ragni e insetti. Terza paura, primo viaggio da sola. Quarta paura, ma sarò in grado? Quinta paura, sono davvero pronta?Ma a quest’ultima domanda la risposta la ho, forse: se aspetto di essere pronta non farò nulla nella vita. Se aspetto di essere pronta non vivo. Se ci pensate, se ci avessero chiesto, sei pronto a nascere? Che avremmo risposto? Probabilmente ancora un attimo! E saremmo rimasti al sicuro, protetti dalla pancia della mamma,

dove tutto è e non è. Non avremmo sofferto, ma non avremmo gioito, non avremmo mai litigato con nessuno, ma non avremmo amato, non avremmo provato paure, ma non avremmo nemmeno saputo cos’è la serenità. Infine non saremmo mai morti, ma non avremmo vissuto. E come mai? È la domanda che mi sento fare quando dico che quest’estate vado in Tanzania come volontaria, domanda che comprendo. Come mai? Non lo so… o forse sì. Forse perché mi sentivo soffocare, avevo bisogno di staccare la spina, ma non con un viaggio come turista. Avevo bisogno di poter cambiare, di scoprire che ho da dare qualcosa, di pensare che anche io sono qui per un motivo valido. Sarà così? Non lo so, ma era da tanto tempo che non mi sentivo così viva. Non so cosa farò dopo, non so se continuerò a lavorare dove lavoro ora, l’unica cosa certa per ora è che ad Agosto io parto per l’Africa. Io. E davvero.