17/18 accademia nazionale di santa cecilia stagione ......fryderyk chopin (zelazowa wola, varsavia...

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Accademia Nazionale di Santa Cecilia Stagione Sinfonica 17 / 18 Il concerto verrà trasmesso in diretta da Rai Radio 3 venerdì 8 giugno e in differita su Rai 5 il prossimo 12 luglio alle ore 21,15. Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia Antonio Pappano direttore Jan Lisiecki pianoforte Auditorium Parco della Musica Sala Santa Cecilia giovedì 7 giugno 2018 ore 19.30 - Turno G-G1 venerdì 8 giugno 2018 ore 20.30 - Turno V-V1 sabato 9 giugno 2018 ore 18 - Turno S-S1 In collaborazione con

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Accademia Nazionale diSanta Cecilia

Stagione Sinfonica

17/18

Il concerto verrà trasmesso in diretta da Rai Radio 3 venerdì 8 giugno e in differita su Rai 5 il prossimo 12 luglio alle ore 21,15.

Orchestra dell’Accademia Nazionale diSanta Cecilia

Antonio Pappanodirettore

Jan Lisieckipianoforte

AuditoriumParco della MusicaSala Santa Cecilia

giovedì 7 giugno 2018ore 19.30 - Turno G-G1

venerdì 8 giugno 2018ore 20.30 - Turno V-V1

sabato 9 giugno 2018 ore 18 - Turno S-S1

In collaborazione con

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Prima parte

Wolfgang Amadeus Mozart(Salisburgo 1756 - Vienna 1791)

Sinfonia n. 40 in sol minore KV 550Allegro moltoAndanteMinuetto: AllegrettoAllegro assai

Fryderyk Chopin(Zelazowa Wola, Varsavia 1810 - Parigi 1849)

Concerto n. 2 per pianoforte e orchestra in fa minore op. 21

MaestosoLarghettoFinale: Allegro vivace

durata: 30' circa

durata: 30' circa

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Seconda parte

Witold Lutosławski(Varsavia 1913 - 1994)

Concerto per orchestraIntrada (Allegro maestoso)Capriccio notturno e Arioso (Vivace)Passacaglia, Toccata e Corale (Andante con moto)

durata: 30' circa

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Roma, 7 giugno 2018

Il premio Frecciarossa 1000, dedicato al treno di punta della fl otta Trenitalia, quest’anno è conferito al giovane pianista canadese Jan Lisiecki che ha già ottenuto importanti riconoscimenti per la sua straordinaria originalità interpretativa, la sua sensibilità poetica e l’impegno sociale. Il pianista è stato nominato Ambasciatore del Canada per UNICEF.

Il premio testimonia il signifi cativo e costante contributo che il Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane vuole off rire alla vita culturale del Paese.

Nell’attribuire il premio Frecciarossa 1000 al giovane pianista, il Gruppo FS Italiane pone l’accento sul forte legame fra la cultura d’impresa e l’arte. Legame imprescindibile che deve essere colto tra la raffi natezza dell’interpretazione musicale del pianista e l’eccellenza tecnologica del Gruppo.

Per la nostra impresa, che unisce il territorio italiano, è fondamentale essere custode della gran parte del patrimonio artistico. Vogliamo contribuire concretamente alla crescita del Paese anche attraverso segni di una forte responsabilità sociale e culturale.

È il senso di un ruolo che FS Italiane, socio fondatore dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, rinnova anche quest’anno attraverso il sostegno alla Stagione Sinfonica e da Camera e l’impegno di Trenitalia quale vettore uffi ciale dell’Orchestra e del Coro.

Presidente Amministratore delegato Ferrovie dello Stato Italiane Ferrovie dello Stato ItalianePresidente Amministratore delegato

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Sinfonia n. 40 musica di Wolfgang Amadeus Mozartanno di composizione 1788

organico flauto, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, archi durata 30' circa

in breve Mozart scrisse le sue ultime tre Sinfonie nell’estate del 1788. Al di là del fatto che esse costituiscono un esempio emblematico della leggendaria fecondità compositiva mozartiana, dobbiamo osservare che le tre Sinfonie fu-rono quasi sicuramente pensate come un “trittico”. Alla n. 40, che rimane la più popolare tra tutte le Sinfonie di Mozart, diede il carattere patetico della tonalità minore (lo stesso sol minore della giovanile K 183).

L’inizio della Sinfonia è uno degli incipit più famosi nella storia della musica: conosciamo tutti a memoria la straordinaria bellezza melodica di questa frase che comincia ripetendo un piccolo gruppo di tre note, sale con un ampio salto verso l’acuto e quindi ridiscende gradualmente, in un delizioso e simmetrico gioco di “domanda e risposta”.

L’Andante, altrettanto celebre, è uno dei più bei movi-menti lenti mozartiani, caratterizzato dal “passo” tranquil-lo delle note ripetute che danno vita al tema principale, che Beethoven citerà nella sua Prima Sinfonia.

Il Minuetto è a sua volta un vero tour de force composi-tivo, tanto nell’ambiguità di articolazione ritmica del tema quanto nella spettacolare scrittura contrappuntistica e imitativa della ripresa.

L’inizio del Finale, con la contrapposizione di una frase ascendente nei violini, piano, e di una risposta forte a piena orchestra, è un ennesimo gesto memorabile dell’autore. Anche in questo caso, Beethoven citerà esplicitamente il tema mozartiano nel finale della sua Prima Sonata per pianoforte (op. 2 n. 1): nulla potrebbe dimostrare il valo-re esemplare della Sinfonia KV 550 meglio di questi “omaggi” beethoveniani, attraverso i quali il musicista di Bonn si riallaccia al suo grande predecessore.

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La Sinfonia n. 40 di Mozartdi Giovanni Bietti

Mozart scrisse le sue ultime tre Sinfonie nel breve spa-zio di un paio di mesi, nell’estate del 1788. Al di là del fatto che esse costituiscono un esempio emblematico della leggendaria fecondità compositiva mozartiana, dobbiamo osservare che le tre Sinfonie furono quasi sicuramente pensate come un “trittico”, probabilmente per ragioni più pratiche che artistiche: la pubblicazione di brani strumentali per gruppi di tre (o di sei) era infatti abituale, e in genere il compositore ricercava all’interno della serie la massima varietà di carattere. È interes-sante quindi confrontare rapidamente tra loro le tre composizioni, sottolineandone sia le differenze che la perfetta complementarietà.

Mozart scrive infatti una Sinfonia nella tonalità con-venzionalmente festosa e “marziale” di do maggiore (la “Jupiter”, KV 551), una nella più calda, espansiva to-nalità di mi bemolle (KV 543), e la KV 550 nel patetico, malinconico sol minore (è una delle due sole Sinfonie in modo minore nell’intera opera di Mozart; l’altra è la gio-vanile KV 183, nella medesima tonalità). Ulteriore ele-mento di interesse, la varietà degli organici orchestrali delle tre Sinfonie corrisponde alla varietà dei loro carat-teri: KV 543 con trombe e timpani, senza oboi ma con il timbro morbido ed evocativo dei clarinetti in evidenza; KV 551 sempre con trombe e timpani, con gli oboi, più penetranti e incisivi, ma senza clarinetti. Nella KV 550 la sezione dei legni è al completo, ma mancano trombe e timpani: una caratteristica che dà al tessuto sonoro di questa Sinfonia una leggerezza particolare e inconfon-dibile (senza dubbio è uno degli elementi che spinsero Robert Schumann a descrivere la composizione come una “aleggiante Grazia greca”). Mozart scrisse le parti

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dei clarinetti in un secondo momento, su fogli separa-ti, e modificò di conseguenza le parti degli oboi, forse proprio per sottolineare la posizione centrale nel tritti-co; come se a questa Sinfonia spettasse il compito di conciliare tra loro le sonorità degli oboi e dei clarinetti, tenute rigorosamente separate nelle due composizioni in modo maggiore. Per renderci conto del ruolo del tim-bro strumentale nella Sinfonia KV 550 basta ascoltare la diversa orchestrazione del secondo tema del primo movimento (il tema “dialogato”, cameristico, di cui parlo più sotto), nell’esposizione e nella ripresa: la prima volta Mozart usa i clarinetti, con un effetto di dolcezza incom-parabile; la seconda gli oboi, che danno al tema - qui in modo minore - un carattere più serioso.

L’inizio della Sinfonia è uno degli incipit più famosi nella storia della musica: conosciamo tutti a memoria la stra-ordinaria bellezza melodica di questa frase che comin-cia ripetendo un piccolo gruppo di tre note, sale con un ampio salto verso l’acuto e quindi ridiscende gradual-mente, in un delizioso e simmetrico gioco di “domanda e risposta”. Non a caso, diversi studiosi hanno sottolinea-to il carattere vocale del tema, sul quale si potrebbero facilmente cantare, per fare solo un esempio, le parole dell’Aria di Cherubino “Non so più cosa son, cosa faccio, / Or di foco, ora sono di ghiaccio” delle Nozze di Figaro. Il miracolo mozartiano è la capacità di conciliare lo slan-cio melodico vocale con il classico principio strumentale della frammentazione e trasformazione tematica: nello sviluppo il compositore infatti gioca prima con l’intera frase, poi con la sola seconda metà, quella discendente, e infine con l’inizio, i gruppi di tre note, che riconducono delicatamente alla ripresa. L’altro aspetto del movimen-to che possiamo sottolineare in questo breve spazio è la scrittura più intima, cameristica del secondo tema, nel quale dialogano con una naturalezza stupefacente le so-norità degli archi e dei fiati - e che Mozart, come si è visto più sopra, rende ulteriormente sfumata e complessa al-ternando il timbro dei clarinetti e degli oboi nelle diverse sezioni del brano.

L’Andante, altrettanto celebre, è uno dei più bei movi-menti lenti mozartiani, caratterizzato dal “passo” tran-

LIBRI

Georg Nikolaus NissenBiografia di Wolfgang Amadeus Mozart pubblicata da Constanze, vedova MozartVarese, Zecchini 2018

Henri GhéonMozart.Roma, Castelvecchi 2014

Wolfgang Amadeus MozartTutte le lettere di Mozart.L’epistolario completo dellafamiglia Mozart 1755-1791.Varese, Zecchini 2011 (3 voll.)

Alberto BassoI Mozart in Italia.Cronistoria dei viaggi,documenti, lettere,dizionari dei luoghi edelle persone.Roma, Accademia di SantaCecilia 2006

Bernhard PaumgartnerMozart.Milano, Einaudi 2006

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CD

Mozart: Sinfonie nn. 39 e 40Orchestra MozartClaudio Abbado direttoreDGG 2011

Sinfonie nn. 29, 32, 33, 35, 36, 38, 39, 40, 41Berliner PhilharmonikerHerbert von Karajan direttoreDGG 2008 (3 cd)

Sinfonie nn. 35, 40, 41Wiener PhilharmonikerKarl Böhm direttoreDGG 2004

Sinfonie nn. 40 e 41English Baroque SoloistsJohn Eliot Gardiner direttorePhilips 1992

quillo delle note ripetute che danno vita al tema prin-cipale - Beethoven gli rese un evidente omaggio nel movimento lento della sua Prima Sinfonia. Tra gli aspetti più notevoli del brano, merita senz’altro di essere sotto-lineato il modo in cui Mozart dà progressivamente im-portanza ai brevi “sospiri” di due note, rapidi e leggeris-simi, che si presentano quasi inosservati alla fine della prima frase e che poco a poco avvolgono l’intero tes-suto musicale, creando una sorta di delicata e originale “trapunta” sonora.

Il Minuetto è a sua volta un vero tour de force compo-sitivo, tanto nell’ambiguità di articolazione ritmica del tema - il ritmo è in due tempi, ma il metro di danza è in tre - quanto nella spettacolare scrittura contrappuntistica e imitativa della ripresa, dove il tema si divide in due voci che si inseguono e si rispondono in una sorta di entu-siasmante dialogo strumentale, spingendosi sempre più verso il registro acuto.

L’inizio del Finale, con la contrapposizione di una fra-se ascendente nei violini, piano, e di una risposta forte a piena orchestra, è un ennesimo gesto memorabile (che Mozart renderà ancora più radicale torcendolo, deformandolo in modo davvero straordinario, all’inizio dello sviluppo). Anche in questo caso, Beethoven cite-rà esplicitamente il tema mozartiano nel finale della sua Prima Sonata per pianoforte (op. 2 n. 1): nulla potrebbe dimostrare il valore esemplare della Sinfonia KV 550 meglio di questi “omaggi” beethoveniani, attraverso i quali il musicista di Bonn si riallaccia, proprio nelle ope-re di esordio - la Prima Sinfonia, la Prima Sonata - allo sti-le maturo del suo grande predecessore viennese, per riprenderne la lezione e trasformarne allo stesso tem-po il linguaggio.

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Secondo Concerto

musica di Fryderyk Chopinanno di composizione 1829-1830prima esecuzione Varsavia, il 17 marzo 1830pianoforte Fryderyk Chopin

organico pianoforte solista, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, trombone, timpani, archidurata 30' circa

in breve Tutte le composizioni di Chopin per pianoforte e orche-stra furono scritte prima che il musicista lasciasse defi-nitivamente la Polonia. Esse riflettono quindi, almeno in parte, un’estetica giovanile, e rivelano soprattutto il desi-derio di imporsi all’attenzione del mondo musicale come grande virtuoso-compositore itinerante. I brani di gran lunga più celebri di questa serie di opere sinfoniche sono i due Concerti, che Chopin scrisse tra il 1829 e il 1830. Il Secondo Concerto op. 21 fu in realtà scritto per primo, ed eseguito dallo stesso compositore a Varsavia, il 17 marzo 1830. Chopin lo scelse poi anche per il suo esor-dio parigino, il 26 febbraio 1832

Nel primo movimento la (presunta) schematicità del-la forma permette al solista di dispiegare in successio-ne diverse qualità espressive ed esecutive con grande fluidità: entrambi i temi hanno uno spiccato carattere cantabile, sia pure con diverse sfumature - più ampio e contrastato il primo, più lirico e sognante il secondo. Ad essi si alternano due diversi episodi virtuosistici, nei quali la scrittura si fa progressivamente più mossa e brillante.

ll celebre Larghetto è uno dei più ispirati “omaggi all’o-pera italiana” nell’intera carriera di Chopin. Si tratta di un movimento molto semplice nell’articolazione, una clas-sica forma ABA, in cui l’autore trasfigura al pianoforte la pratica della coloratura vocale belcantistica, l’abilità nell’ornamentazione estemporanea della melodia.

Il movimento conclusivo è il più leggero, virtuosistico e brillante dei tre, e offre a Chopin l’opportunità di inserire le movenze e i ritmi di alcune tipiche danze polacche impa-rentate tra loro come la Mazurka o l’Oberek.

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Tutte le composizioni di Chopin per pianoforte e or-chestra - i due Concerti, op. 11 e 21, e alcune opere di dimensioni più ridotte come le Variazioni op. 2, la Fan-tasia op. 13, il Krakowiak op. 14 e la Grande Polacca brillante op. 22 - furono scritte prima che il musicista lasciasse definitivamente la Polonia. Esse riflettono quindi, almeno in parte, un’estetica giovanile, e rivela-no soprattutto il desiderio di imporsi all’attenzione del mondo musicale come grande virtuoso-compositore itinerante, sul modello di Niccolò Paganini (che Cho-pin aveva ascoltato dal vivo, a Varsavia, nel 1829, ripor-tandone un’impressione straordinaria). I brani di gran lunga più celebri di questa serie di opere sinfoniche sono i due Concerti, che Chopin scrisse tra il 1829 e il 1830. Il Secondo Concerto op. 21, in programma que-sta sera, fu in realtà scritto per primo, ed eseguito dallo stesso compositore a Varsavia, il 17 marzo 1830. Due anni più tardi, il 26 febbraio 1832, Chopin sceglierà lo stesso Concerto per il suo esordio parigino.

Fino a qualche anno fa era piuttosto frequente legge-re critiche severe, anche da parte di grandi musicisti e illustri studiosi, ai due Concerti chopiniani. Critiche che prendevano di mira soprattutto due specifici aspetti: l’orchestrazione, giudicata troppo leggera e inadegua-ta, e la forma, considerata schematica e tradizionale. Non c’è dubbio che il giovane Chopin non si mostri trop-po interessato alle novità di moda: all’inizio di entrambi i Concerti il solista deve ancora attendere, come succe-deva nel Settecento e prima del Quarto e Quinto Con-certo di Beethoven, che l’orchestra esponga i materiali principali del movimento prima di entrare in scena; e il ruolo dell’orchestra stessa è senza dubbio, per la mag-

Il Secondo Concerto di Chopin di Giovanni Bietti

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gior parte del tempo, di puro accompagnamento, una sorta di sfondo sonoro all’esibizione del pianista. Ma quest’ultima caratteristica si giustifica facilmente se si tiene conto dell’unicità della scrittura pianistica chopi-niana, basata sull’uso del pedale di risonanza e lo sfrut-tamento di ogni sfumatura sonora realizzabile dall’ese-cutore: non a caso diversi compositori hanno tentato di “migliorare” l’orchestrazione dei Concerti, ma hanno finito per rendersi conto che le modifiche nella scrittura orchestrale rendeva necessario modificare, irrobustire - e quindi rendere meno originale e meno caratteristica, meno “chopiniana” - anche la scrittura pianistica.

La forma dei due Concerti è, indubbiamente, tradizio-nale e poco innovativa. Ma anche in questo caso, l’im-pressione che si ha a un ascolto privo di pregiudizi è che essa sia perfettamente funzionale al risultato, all’idea

Pauline Viardot-Garcia, Caricatura di George Sand e Frédéric Chopin intento a leggere il giornale, 1841.

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compositiva che Chopin aveva in mente. Nel primo mo-vimento del Concerto in fa minore la (presunta) sche-maticità della forma permette al solista di dispiegare in successione diverse qualità espressive ed esecuti-ve con una fluidità che difficilmente si sarebbe potuta ottenere attraverso un’articolazione formale più com-plessa: entrambi i temi hanno uno spiccato carattere cantabile, sia pure con diverse sfumature - più ampio e contrastato il primo (si noti l’accompagnamento croma-tico “dolente” della mano sinistra), più lirico e sognante il secondo. Ad essi si alternano due diversi episodi vir-tuosistici, nei quali la scrittura si fa progressivamente più mossa e brillante, e che scaturiscono spontanea-mente, in una sorta di libera improvvisazione, dai due temi principali come se ne costituissero un’elaborazio-ne. Lo squisito, essenziale senso della forma chopinia-no si mostra all’arrivo della ripresa, dove il compositore accosta direttamente, uno dopo l’altro, primo e secon-do tema con l’effetto di un’oasi lirica e sospesa, davvero incantata: ascoltiamo soltanto un accenno del primo tema, con l’accompagnamento cromatico discenden-te, che scivola delicatamente nel secondo tema, anco-ra più rarefatto. E solo dopo aver ascoltato i due temi in successione, quasi fusi tra loro, segue l’episodio vir-tuosistico (il secondo di quelli che avevamo ascoltato nell’esposizione). La forma si fa quindi più concentrata, Chopin evita ogni possibile ridondanza anticipando in un certo senso la soluzione formale che adotterà nei movimenti iniziali di alcuni capolavori più tardi come le due Sonate per pianoforte op. 35 e 58. Perfino la tradi-zionale cadenza viene semplicemente ignorata, il bra-no scorre deciso verso le battute finali, e soprattutto verso il grande, lirico secondo movimento.

Questo celebre Larghetto è uno dei più ispirati “omaggi all’opera italiana” nell’intera carriera di Chopin, e non a caso - a quanto disse lo stesso compositore - è segretamente dedicato alla giovane cantante Kon-stancja Gładkowska, di cui egli era innamorato. Si tratta di un movimento molto semplice nell’articolazione, una classica forma ABA con ripresa anche in questo caso abbreviata: il tema principale, diviso in due ampie sezio-

CD

Chopin: Concerti per pianoforte nn. 1 e 2 Krystian Zimerman pianoforteLos Angeles PhilharmonicCarlo Maria Giulini direttoreDGG 2016

Concerti nn. 1 e 2 Raphal Blechacz pianoforteRoyal Concertgebouw OrchestraJerzy Semkow direttoreDGG 2009

Concerti nn. 1 e 2 Lang Lang pianoforteWiener Philharmoniker Zubin Mehta direttoreDGG 2008

Concerti nn. 1 e 2 Arthur Rubinstein pianoforteLos Angeles Philharmonic Orchestra, NBC Symphony OrchestraWilliam Steinberg, Alfred Wallenstein direttoriNaxos 2008 Chopin: Concerto n. 2Schumann: Concerto per pianoforteAlfred Cortot pianoforteLondon Philharmonic OrchestraJohn Barbirolli, Landon Ronald direttoriNaxos 2000

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ni, viene ripetuto in tutto tre volte (tra la seconda e la ter-za Chopin inserisce il contrastato episodio centrale), e progressivamente variato attraverso una serie di spet-tacolari, e delicatissime, ornamentazioni. Abbiamo qui uno dei primi e dei più begli esempi di un atteggiamento caratteristico della musica chopiniana che con gli anni si farà sempre più frequente: l’idea di trasfigurare, lette-ralmente, al pianoforte la pratica della coloratura vocale belcantistica, l’abilità nell’ornamentazione estempora-nea della melodia che costituiva uno dei principali metri di giudizio delle qualità di un cantante d’opera. L’ispi-razione vocale del brano è confermata dalla sezione centrale, uno straordinario recitativo drammatico in cui il pianoforte suona a mani parallele (senza differenziare quindi la melodia e l’accompagnamento) su un insistito e agitato tremolo degli archi.

Il movimento conclusivo è il più leggero, virtuosistico e brillante dei tre, e offre quindi a Chopin l’opportunità di inserire le movenze e i ritmi di alcune tipiche danze polacche imparentate tra loro come la Mazurka o l’O-berek - particolarmente evidente, quest’ultima danza, nel sorprendente episodio centrale che i violini accom-pagnano col legno. Anche qui gli aspetti convenzionali si fondono con l’originalissimo mondo poetico chopi-niano, che si mostra in ogni dettaglio del brano: nella scrittura pianistica, nel carattere spiccatamente po-lacco dei materiali tematici, nelle improvvise e poetiche sospensioni che interrompono per un attimo, più volte e fino alle battute conclusive, il flusso ritmico della danza e lo slancio virtuosistico.

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LIBRI

Gastone BelottiChopin.Torino, EDT 2013

Massimo PrimignaniChopin.Palermo, L’Epos 2011

Franz LisztVita di Chopin.Firenze, Passigli 2010

Jean-Jacques EigeldingerChopin visto dai suoi allievi.Roma, Astrolabio Ubaldini2010

Piero RattalinoChopinracconta Chopin.Bari, Laterza 2009

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Una perfezione idealedi Franz Liszt

È impossibile fare un’analisi intelligente delle opere di Chopin senza trovarci bellezze di livello molto elevato, di un’espressione assolutamente nuova, di un tessuto armonico originale e sapiente. In lui le arditezze han-no sempre una giustificazione; la ricchezza, la stessa esuberanza non escludono la chiarezza; l’originalità non degenera in bizzarrie barocche; le cesellature non sono disordinate; il lusso dell’ornamentazione non ap-pesantisce l’eleganza delle linee principali. Le sue ope-re migliori sono ricche di combinazioni che, si può dire, fanno epoca nel modo di trattare lo stile musicale. Au-daci, brillanti, seducenti, nascondono la loro profondità sotto tanta grazia, la loro bravura sotto tanta seduzione, che difficilmente riusciamo a sottrarci al loro fascino. […]

Solo grazie al sentimento che si riversa da tutte le sue composizioni, queste sono diventate così note e popo-lari. Si tratta di un sentimento squisitamente romantico, individuale, proprio al loro autore, e nello stesso tempo congeniale non solo a quel Paese che gli deve più ono-ri, ma a tutti quelli che hanno sperimentato l’infelicità dell’esilio e la tenerezza dell’amore. […]

Fra tutte le composizioni, citeremo l’Adagio [Larghet-to ndr], del Secondo Concerto, per il quale Chopin ave-va una particolare predilezione e al quale tornava molto spesso. Al suo interno, i disegni accessori appartengo-no alla migliore maniera dell’autore e la frase principale si presenta con una larghezza ammirevole. Questa si al-terna con un recitativo, che propone il tono minore e ha la funzione di antistrofe. Tutto il pezzo è di una perfezio-ne ideale: il sentimento che lo pervade è a volte radioso, a volte pieno di grande compassione. Fa pensare a un magnifico paesaggio inondato di luce, a qualche fortu-nata valle di Tempe, luogo prestabilito per un racconto tragico, per una scena di lamenti strazianti. Si può dire che un’infelicità irreparabile prenda il cuore umano di fronte a un fulgido splendore della natura: questo con-trasto è messo in luce da una fusione di toni, un digra-dare di tinte attenuate, che impedisce il minimo urto o la minima dissonanza con l’impressione commovente che esso produce; contrasto che, nello stesso tempo, rende malinconica la gioia e allevia il dolore.

Tratto da Franz Liszt Chopin Castelvecchi, Roma 2015

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Concerto per orchestra

musica di Witold Lutosławskianno di composizione 1950-1954prima esecuzione Varsavia, 26 novembre 1954direttore Witold RowickiOrchestra Filarmonica di Varsavia

organico 2 ottavini, 3 flauti, 3 oboi, corno inglese, 3 clarinetti, clarinetto basso, 3 fagotti, controfagotto, 4 corni, 4 trombe, 4 tromboni, tuba, timpani, percussioni, celesta, 2 arpe, pianoforte, archidurata 30' circa

in breve Scritto fra il 1950 e il 1954, il Concerto per orchestra uti-lizza materiali melodici tratti dal folklore musicale: una diretta conseguenza del forte influsso che la musica di Bartók, o dello Stravinskij “russo”, esercitava sui com-positori dell’Est Europa. Il brano si riallaccia ad alcune composizioni di illustri predecessori (gli omonimi Con-certi per orchestra di Hindemith, 1925, e di Bartók, 1943) con i quali condivide la scrittura “concertante”, solistica per diversi singoli strumenti dell’orchestra. Ma la com-posizione mostra anche alcune caratteristiche originali come la scrittura in “blocchi” nettamente differenziati (archi, legni, ottoni, percussioni) o la predilezione per alcune atmosfere espressive, come il tessuto aereo e leggero del Capriccio notturno.

Il Concerto per orchestra è organizzato in tre ampi movimenti, i cui titoli richiamano chiaramente alcune forme musicali barocche (Intrada, Capriccio, Arioso, Passacaglia, Toccata, Corale), e possiede una articola-zione formale estremamente nitida. Uno dei tratti salienti del Concerto per orchestra, e una delle ragioni della sua grande efficacia e spettacolarità è la sensazione di moto, la progressiva trasformazione dei materiali musicali at-traverso il timbro e attraverso lo spostamento di registro verso il grave o verso l’acuto. Un moto complessivo che culmina nel terzo movimento, quello più ampio, artico-lato e monumentale, il quale dà all’ascoltatore la chiara impressione di una catarsi conclusiva.

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Il Concerto per orchestra di Lutosławskidi Giovanni Bietti

Anche se resta poco conosciuto dal grande pubblico italiano, il polacco Witold Lutosławski (Varsavia 1913 - 1994) è universalmente considerato uno dei maggiori compositori e una delle personalità musicali più origi-nali nella seconda metà del secolo scorso.

La particolarità della figura di Lutosławski si può sin-tetizzare in una semplice constatazione: fino alla fine degli anni Cinquanta egli si sarebbe potuto tranquilla-mente definire un conservatore (anche se la sua Prima Sinfonia, 1948, fu la prima composizione polacca ad essere accusata di “formalismo” dalle autorità), men-tre a partire dal 1961 il musicista, quasi cinquantenne, si trovò improvvisamente proiettato nel panorama dell’avanguardia musicale internazionale grazie all’in-venzione di una particolarissima tecnica aleatoria (che purtroppo non abbiamo modo di esaminare in questa sede). Tecnica che egli stesso definì “alea controllata”, e che utilizzò per la prima volta nei Jeux vénitiens per orchestra, eseguiti alla Biennale veneziana del 1961. A partire da questo momento, e nonostante i saldi legami con la tradizione del suo pensiero musicale, il compo-sitore fu considerato una figura di punta nella musica contemporanea: basterà dire che le sue opere sono state scritte, tra gli altri, per artisti del calibro di Mstislav Rostropovič, Dietrich Fischer-Dieskau, Anne-Sophie Mutter o Krystian Zimerman.

Dopo aver svolto in gioventù studi musicali e mate-matici, Lutosławski si diplomò in composizione con Maliszewski, un allievo di Rimskij-Korsakov, nel 1934: un percorso didattico che certo contribuisce a spie-gare la solidità della sua formazione tecnica, e in parti-colare la totale padronanza della scrittura orchestrale.

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Durante la Seconda guerra mondiale il nostro musicista fu costretto a guadagnarsi da vivere suonando - spes-so clandestinamente nei caffè - come pianista in duo, e solo nel dopoguerra gli fu quindi possibile dedicarsi con continuità alla composizione.

Come succede per molti altri musicisti dell’Europa orientale, le composizioni di questo periodo - che in un certo senso trovano un punto culminante proprio nel Concerto per orchestra del 1954, in programma stasera - utilizzano spesso materiali melodici tratti dal folklore musicale: un aspetto che, oltre a riflettere la funzione celebrativa di molti brani composti nei paesi del Patto di Varsavia in questi anni, è allo stesso tempo una diretta conseguenza del forte influsso che la musica di Bartók, o dello Stravinskij “russo”, esercitava sui compositori dell’Est Europa (basterebbe ascoltare alcune compo-sizioni giovanili di György Ligeti, come il brillantissimo Concert Românesc del 1951).

Lo stesso Lutosławski dichiarò comunque che per lui “la possibilità di utilizzare temi folkorici si era del tut-to esaurita” con la partitura del Concerto per orchestra, che appare quindi un’opera di sintesi, un punto di arrivo, ma che apre allo stesso tempo nuove strade per lo svi-luppo del suo linguaggio compositivo.

Il brano in effetti si riallaccia ad alcune composizioni di illustri predecessori (gli omonimi Concerti per orche-stra di Hindemith, 1925, e di Bartók, 1943) con i quali condivide alcune caratteristiche esteriori: oltre alla scrittura “concertante”, solistica per diversi singoli stru-menti dell’orchestra, è sufficiente citare la presenza di un Corale, che Bartók pone al centro del suo secondo movimento e Lutosławski verso la fine del movimento conclusivo.

Ma la composizione mostra anche alcune carat-teristiche originali e assolutamente personali, che Lutosławski svilupperà negli anni successivi. La scrittu-ra orchestrale articolata in “blocchi” nettamente diffe-renziati (archi, legni, ottoni, percussioni), per esempio; o la predilezione per alcune atmosfere espressive, come il tessuto aereo e leggero del Capriccio notturno (un fer-tile ripensamento di certi vivacissimi Scherzi mendels-

CD

Lutosławski: Concerto per orchestra; Sinfonia n. 3;Paroles TisséesWarsaw National Philharmonic Orchestra,London Sinfonietta,Berliner PhilharmonikerWitold Lutosławski, Witold Rowicki direttoriDecca 2012

Lutosławski: Concerto per orchestra; Sinfonia n. 3 BBC Symphony OrchestraEdward Gardner direttoreChandos 2010

Lutosławski: Concerto per orchestra; Bartók: Concerto per orchestraThe Cleveland OrchestraChristoph von Dohnányi direttoreDecca 1990

LIBRI

Witold LutosławskiPostscriptum. Riflessioni di un compositoreGenova, De Ferrari 2005

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sohniani, si direbbe) che anticipa chiaramente alcuni istanti delle grandi composizioni degli anni Sessanta (il secondo movimento di Jeux vénitiens, o il terzo di Livre del 1968, per citare solo due brani significativi).

Il Concerto per orchestra è organizzato in tre ampi movimenti, i cui titoli richiamano chiaramente alcune forme musicali barocche (Intrada, Capriccio, Arioso, Passacaglia, Toccata, Corale). L’articolazione formale è estremamente nitida, pensata in modo che l’ascolta-tore possa percepirla con facilità: Lutosławski ha infatti detto più volte che a suo parere una composizione sin-fonica “deve essere immediatamente riconoscibile al primo ascolto”, così come i contorni di un grande affre-sco “devono apparire chiari anche da una certa distan-za”. Si spiega così, con l’esplicita volontà di comunicare con l’ascoltatore, il dialogo evidentissimo con le forme della grande tradizione. La forma ternaria ABA ricorre tanto nell’Intrada iniziale quanto nel Capriccio e nella Toccata conclusiva, anche se viene sempre ripensata dal compositore con grande sottigliezza: per esempio il tema della Toccata è una trasformazione del tema ge-nerativo della Passacaglia (derivato a sua volta da una canzone popolare polacca); e nella ripresa della Tocca-ta stessa riascoltiamo, anch’esso profondamente tra-sformato, il tema del Corale.

Lutosławski riesce inoltre a creare alcuni raffinati collegamenti tra i diversi movimenti del Concerto, che sembrano in un certo senso dialogare tra loro, rispon-dersi e corrispondersi attraverso lo “spazio” musicale; e questo è senza dubbio uno degli aspetti più originali del-la composizione. Il tema dell’Intrada si sposta progres-sivamente dal registro grave (nei violoncelli, alla prima apparizione) a quello sovracuto (nei flauti, al termine del brano); il Capriccio notturno, al contrario, comincia dalle delicate sonorità di flauti e violini nel registro acuto e si chiude - dopo la parentesi centrale dell’Arioso - con i re-gistri gravi dei contrabbassi e delle percussioni; il tema dell’elaboratissima Passacaglia viene di nuovo traspor-tato dal registro grave a quello sovracuto, nel corso di una serie di variazioni che impegnano a fondo le diver-se sezioni dell’orchestra.

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Si può ben dire che uno dei tratti salienti del Concerto per orchestra, e una delle ragioni della grande efficacia e spettacolarità che questa composizione continua a rivelare a ogni nuovo ascolto, sia la sensazione di moto, la progressiva trasformazione dei materiali musicali attraverso il timbro e attraverso lo spostamento di regi-stro verso il grave o verso l’acuto. Un moto complessi-vo che culmina nel terzo movimento, quello più ampio, articolato e monumentale, il quale dà all’ascoltatore la chiara impressione di una catarsi conclusiva. L’intero Concerto è evidentemente pensato come un unico percorso drammatico, in continua evoluzione: non a caso Lutosławski ha sempre dichiarato che il suo più grande maestro, il suo modello compositivo nella co-struzione della forma e nell’organizzazione dei materia-li, è stato Beethoven.

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AntonioPappanodirettore

Sir Antonio Pappano è Direttore Musicale dell’Acca-demia Nazionale di Santa Cecilia dal 2005; dal 2002 è Music Director del Covent Garden di Londra. In pas-sato ha ricoperto altri incarichi di prestigio: nel 1990 viene nominato Direttore Musicale della Norske Ope-ra di Oslo e dal 1991 al 2002 ricopre lo stesso ruolo al Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles.

Nato a Londra nel 1959 da genitori italiani, ha studiato pianoforte, composizione e direzione d’orchestra negli Stati Uniti. Fra le tappe più prestigiose della sua carriera sono da ricordare i debutti alla Staatsoper di Vienna nel 1993, al Metropolitan di New York nel 1997 e al Festival di Bayreuth nel 1999.

Antonio Pappano ha diretto molte tra le maggiori or-chestre del mondo, tra cui New York Philharmonic, Wie-

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ner Philharmoniker, Berliner Philharmoniker, Orchestra del Concertgebouw di Amsterdam, Symphonieorche-ster des Bayerischen Rundfunks, London Symphony Orchestra, Chamber Orchestra of Europe. Nell’aprile 2014 ha debuttato alla Scala di Milano con Les Troyens di Berlioz, produzione premiata con il Premio Abbiati della Critica Musicale Italiana come “migliore spetta-colo”. Nel 2005 è stato nominato “Direttore dell’anno” dalla Royal Philharmonic Society e ha vinto il Premio Abbiati per l’esecuzione dei Requiem di Brahms, Britten e Verdi realizzati con i Complessi Artistici dell’Accade-mia di Santa Cecilia.

Sir Antonio Pappano registra in esclusiva per Warner Classics e con l’Orchestra e il Coro di Santa Cecilia ha inciso diversi cd. Fra le incisioni più recenti segnalia-mo l’Aida di Verdi (premiata con il Premio della critica discografica tedesca e con l’Echo Klassik Preis, nella categoria “Direttore dell’anno”), il Primo Concerto per pianoforte di Čaikovskij e il Secondo di Prokof’ev con Beatrice Rana alla tastiera, The Puccini Album con Jo-nas Kaufmann, un cd Decca con il Concerto per violino di Brahms (con l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia) e il Primo Concerto di Bartók (London Sympho-ny Orchestra) interpretati da Janine Jansen (premiato con il Diapason d’or), il Concerto per pianoforte di Schu-mann con Jan Lisiecki (DGG), le Sinfonie nn. 2 e 4 di Schumann, la Sinfonia n. 1 di Elgar (ICA Classics), il cd “Anna Netrebko. Verismo” (DGG) e la Terza Sinfonia e Il Carnevale degli animali di Saint-Saëns con Martha Ar-gerich al pianoforte.

Il 16 aprile 2007 Sir Antonio Pappano è stato nomi-nato Accademico Effettivo di Santa Cecilia; nel 2012 la regina Elisabetta lo ha nominato Cavaliere per i servizi resi alla musica; nello stesso anno è stato anche no-minato Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Nel 2015 gli è stata conferita la Laurea honoris causa in Musica e Spettacolo dall’U-niversità Tor Vergata di Roma e il 5 maggio ha ricevuto a Londra la Medaglia d’oro dalla Royal Philharmonic So-ciety, una delle onorificenze più importanti nel mondo della musica.

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Jan Lisieckipianoforte

All’età di soli 23 anni, il pianista canadese Jan Lisiecki ha ottenuto ampio riconoscimento per la sua straordinaria maturità interpretativa, il suo suono distintivo e la sua sensibilità poetica. Il “New York Times” lo ha definito “un pianista che sa fare in modo che ogni nota conti”. Jan Lisiecki è nato da genitori polacchi in Canada nel 1995. Ha iniziato le prime lezioni di pianoforte all’età di cinque anni e ha debuttato in concerto quattro anni dopo, rifiu-tando però sempre l’etichetta di ‘’bambino prodigio’’. Il suo approccio alla musica è una perfetta combinazione di dedizione, talento ed entusiasmo.

Si esibisce con le più prestigiose orchestre del mon-do e nei teatri più rinomati; ha inoltre al suo attivo inten-se collaborazioni con direttori del calibro di Sir Anto-nio Pappano, Yannick Nézet-Séguin, Daniel Harding e Claudio Abbado. Il suo quarto album, registrato con la NDR Elbphilharmonie Orchester e Krzysztof Urbański per Deutsche Grammophon, comprende le opere di Chopin per pianoforte e orchestra raramente eseguite. Con questa registrazione ha ricevuto un ECHO Klassik nel 2017. Con l’Orchestra dell’Accademia di Santa Ceci-lia diretta da Antonio Pappano ha registrato il Concerto per pianoforte di Schumann.

Eventi recenti hanno incluso il suo debutto ai BBC Proms con Antonio Pappano alla Royal Albert Hall, il debutto nell’auditorium principale della Carnegie Hall di New York con la Philadelphia Orchestra, concerti con la New York Philharmonic e la Staatskapelle Dresden, debutti con la Cleveland Orchestra e la San Francisco Symphony e la partecipazione al festival di apertura della nuova Elbphilharmonie di Amburgo. Ha inoltre da poco debuttato con Valery Gergiev e la Filarmonica di Monaco.

Nel 2013 è diventato il più giovane artista di sempre ad aver ricevuto un Gramophone Award nella catego-ria ‘Young Artist’. Inoltre è stato premiato con il Leonard Bernstein Award dal Festival Musicale dello Schleswig-Holstein. Jan Lisiecki registra in esclusiva per Deutsche Grammophon. Per ulteriori informazioni, visitare il sito:www.janlisiecki.com

www.universalmusic.it/classicaUniversal Music Group - Classics & Jazz Italia

Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

ANTONIO PAPPANO

CD 479 5327

Concerto per pianoforteIntroduzione e Allegro appassionato, op. 92Introduzione e Allegro da concerto, op. 134Sogno, op. 15 n. 7Sogno, op. 15 n. 7

N E I M I G L I O R I N E G O Z I E I N D I G I TA L E

Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa CeciliaOrchestra dell’Accademia

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Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

ANTONIO PAPPANO

CD 479 5327

Concerto per pianoforteIntroduzione e Allegro appassionato, op. 92Introduzione e Allegro da concerto, op. 134Sogno, op. 15 n. 7Sogno, op. 15 n. 7

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Orchestra dell’Accademia Nazionaledi Santa Cecilia

Sir Antonio Pappano Direttore musicaleMikko Franck Direttore ospite principaleYuri Temirkanov Direttore onorarioCarlo Rizzari Direttore assistente

Violini primi Carlo Maria Parazzoli*, Roberto González-Monjas*◊, Ruggiero Sfregola, Marlène Prodigo, Elena La Montagna, Margherita Ceccarelli, Roberto Saluzzi, Fiorenza Ginanneschi, Roberto Granci, Paolo Piomboni, Barbara Castelli, Silvana Dolce, Jalle Feest, Daria Leuzinger, William Esteban Chiquito Henao, Soyeon Kim, Ylenia Montaruli, Margherita Busetto

Violini secondi Alberto Mina*, David Romano*, Ingrid Belli, Rosario Genovese, Leonardo Micucci, Lavinia Morelli, Pierluigi Capicchioni, Riccardo Piccirilli, Daniele Ciccolini, Andrea Vicari, Maria Tomasella Papais, Cristina Puca, Giovanni Bruno Galvani, Manuela Costi, Brunella Zanti, Svetlana Norkina, Annamaria Salvatori

Viole Raffaele Mallozzi*, Simone Briatore*, Stefano Trevisan, Sara Simoncini, Carla Santini, Fabio Catania, Ilona Balint, Andrea Alpestre, Lorenzo Falconi, David Bursack, Luca Manfredi, Federico Marchetti, Elena Favilla

Violoncelli Luigi Piovano*, Gabriele Geminiani*, Carlo Onori, Diego Romano, Francesco Storino, Bernardino Penazzi, Francesco Di Donna, Matteo Michele Bettinelli, Sara Gentile, Giacomo Menna, Danilo Squitieri, Roberto Mansueto, Giuseppe Scaglione

Contrabbassi Antonio Sciancalepore*, Libero Lanzilotta*, Anita Mazzantini, Paolo Marzo, Andrea Pighi, Enrico Rosini, Paolo Cocchi, Nicola Cascelli, Simona Iemmolo

◊ Roberto González-Monjassuona un Giuseppe Guarneri’filius Andreae’ del 1710, graziealla generosità dei Guarneri-Gönner del MusikkollegiumWinterthur e della FondazioneRychenberg.

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Flauti Andrea Oliva*, Adriana Ferreira*, Nicola Protani, Jona VenturiOttavino Davide Ferrario

Oboi Paolo Pollastri*, Francesco Di Rosa*, Anna Rita ArgentieriCorno inglese Maria Irsara

Clarinetti Stefano Novelli*, Alessandro Carbonare*, Simone SirugoClarinetto basso Dario Goracci

Fagotti Francesco Bossone*, Andrea Zucco*, Fabio AngelettiControfagotto Alessandro Ghibaudo

Corni Alessio Allegrini*, Guglielmo Pellarin*, Alessio Bernardi, Fabio Frapparelli, Luca Agus, Giuseppe Accardi, Daniel Otero Carneiro, Paolo Valeriani

Trombe Andrea Lucchi*, Ermanno Ottaviani, Antonio Ruggeri, William Castaldi

Tromboni Andrea Conti*, Enzo Turriziani*, Massimo Gianangeli, Massimiliano ConiTrombone basso Maurizio Persia

Tuba Gianluca Grosso

Timpani Antonio Catone*

Percussioni Edoardo Albino Giachino, Andrea Santarsiere, Valerio Colaci, Tommaso Ferrieri Caputi, Claudia Foddai

Pianoforte Andrea Rebaudengo

Celesta Roberto Arosio

Arpe Cinzia Maurizio*, Augusta Giraldi

*Prime parti soliste.NB: Le prime parti del concerto odierno sono evidenziate in neretto

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